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Venerdì 2 ottobre a Varese: La cura della casa comune

La cura della casa comuneRadio Missione Francescana e Varese 2.0 organizzano : riflessione pubblica su “LA CURA DELLA CASA COMUNE”

Venerdì sera 2 ottobre alle ore 21,00, siamo tutti invitati presso il Convento dei Cappuccini di Viale Borri, a Varese , per riflettere insieme, laici e credenti , sull’Enciclica di Papa Francesco, Laudato si’.

L’evento nasce dalla collaborazione tra RMF e Varese 2.0

Ci introdurranno alla comprensione dell’Enciclica, ciascuno dal proprio particolare angolo di osservazione e con la propria personale sensibilità, Mons. Peppino Maffi, Mario Agostinelli, Guido Viale, padre Alex Zanotelli, padre Gianni Terruzzi e Valerio Crugnola.

Per info: http://www.giovanniderosa.blogspot.it/2015/09/radio-missione-francescana-e-varese-20.html

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Riflessione sull’Enciclica Laudato si’

di Mario Agostinelli

Chiunque legga questa enciclica ne è profondamente toccato, anche se sulla cura della casa comune essa non dice quasi nulla che già non sappiamo o abbiamo sentito riportare (Langer, Illich, Sachs, Beccattini etc). Il fatto è che, schiacciati su un presente continuo e distratti dalla velocità con cui inseguiamo avvenimenti periferici che ci raggiungono continuamente amplificati, subiamo un disorientamento temporale, ignoriamo quello che abbiamo sotto gli occhi e non abbiamo il coraggio di indicare un futuro socialmente e ambientalmente desiderabile. Constatazioni ragionevoli, principi condivisibili, aspirazioni legittime, sono diventati ormai verità senza ali, (“die nicht mehr beflügeln”, come afferma Peter Kammerer, alludendo alla delusione politica e ai Grunen in particolare).

Siamo di fronte, almeno nella cultura occidentale ad un collasso narrativo, che il papa ritiene necessario interrompere scegliendo il linguaggio della religione cristiana e le immagini dei suoi miti, ma ancorandole alla raffigurazione che la scienza moderna restituisce del pianeta che abitiamo. Si parte da pentimento, peccato, sacrificio, amore di Dio, ma li si riferisce alla previsione constatabile dell’agonia del pianeta. (Il patriarca Bartolomeo esprime la necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta [8]).

Si ama, passando gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. È liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza» [9]. Ma chi mi dice di che cosa “ha bisogno il mondo di Dio”? Non solo che ciascuno di noi si salvi, ma anche che venga salvata la Terra.

Tradizionalmente la missione papale è indirizzata alla salvezza dell’uomo: immortale, è proiettato nell’altra vita. Nella Laudato Sì il centro riguarda la salvezza del pianeta, senza la quale la specie umana potrebbe essere dannata. Con un capovolgimento originale, questa enciclica non parte da Dio, ma da terra, acqua, agricoltura, cibo, energia. A Dio si arriva dalla natura. Non più dall’uomo, perché l’uomo l’ha distrutta. L’uomo può recuperare il rapporto con Dio attraverso l’opera di salvezza della natura, che non si esaurisce nell’atteggiamento individuale. La Natura è la nostra casa comune, tuttavia ha un suo destino separato e potrebbe sopravviverci se precludessimo definitivamente l’equilibrio della biosfera. Noi la percepiamo attraverso la coscienza e ne condividiamo l’esistenza (un po’come immagine e realtà), ma non ci liberiamo da poteri “innaturali” cui abbiamo dato forma.

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Chi ha paura di Papa Francesco?

di Angelo Consoli

Lo scorso anno  uscì il libro “The Francis Miracle” del Vaticanista americano John Allen Jr, che  annunciava  ufficialmente l’intenzione di Papa Francesco di scrivere un’enciclica sul cambiamento climatico. Il libro si concludeva con le parole: “Prima dell’avvento di Papa Francesco, l’analista politico americano Jeremy Rifkin, previde che questioni quali il cambiamento climatico egli OGM avrebbero dissolto le divisioni obsolete fra destra e sinistra e creato una nuova “Politica della Biosferain cui si sarebbero riconosciuti sia i sostenitori della natura (di sinistra) che i sostenitori delle battaglie per la vita umana (tipiche della destra), che si sarebbero alleati contro l’iper industrialismo sfrenato del 21mo secolo che vede tutto, dalla natura alla vita organica, come una merce da scambiare. Francesco, Papa del Vangelo Sociale, potrebbe diventare il leader che permetterà alla previsione di Rifkin di avverarsi.

Queste parole mi provocarono una reazione contrastante: da un lato la fierezza di lavorare con Rifkin da 12 anni, ed esser stato parte di un movimento ispirato alla sua visione che comincia a riscuotere riconoscimenti internazionali sempre più prestigiosi.
Dall’altro la paura che la canea fossile si sarebbe scatenata contro questo Papa (come in effetti è stato) non appena uscita l’Enciclica.
Quello che non avrei mai immaginato è che gli attacchi più subdoli a questa straordinaria Enciclica sarebbero venuti da quei settori progressisti dell’intellighenzia americana ultra liberal e supporter di Obama. Infatti se i trogloditi alla Jeb Bush non potevano che attaccare il papa in difesa dei loro “vested intersts” petroliferi, e questo era scontato fin dall’inizio e ci sta tutto, meno scontato è che si sarebbe schierata contro il Papa in radicale dissenso da quest’Enciclica anche l’èlite obamista americana, che non difende il petrolio ma lo shale gas e il fracking.

Ecco dunque comparire in prima pagina sul New York Times (l’organo dei progressisti americani),  un editoriale firmato da uno dei più celebri giornalisti e commentatori liberal, David Brook, con l’agghiacciante titolo di “Fracking and the Franciscans“.

Adesso non ritengo utile entrare in una confutazione punto per punto della sequenza di imprecisioni, castronerie, menzogne e falsità termodinamiche contenute nell’articolo di David Brooks, (ciascuno potrà rendersene conto leggendolo perchè lo riproduco alla fine).

Nè intendo tanto meno indulgere  nell’illustrazione delle visioni pastorali e magistrali dell’Enciclica o nella difesa dei suoi inalienabili valori, visto che c’è chi può farlo in modo molto più qualificato e autorevole. No, con questo post  voglio attirare l’attenzione su una diversa drammatica realtà. Aldilà del gioco di parole sull’omofonia fra la fratturazione idraulica, e il nome dell’Ordine Religioso ispirato al Santo di Assisi, mi sembra che questo attacco giornalistico al Papa della prima Enciclica “verde” della storia della Chiesa, e farlo già dal titolo per la contrarietà espressa nell’Enciclica in difesa di ambiente e clima, per il fracking,  tecnologia pervicacemente invasiva e totalmente antiecologica di estrazione dei fossili, sia rivelatore del livello di degrado etico e culturale a cui si sono ridotte la politica e la società  americane, da sempre (ma evidentemente oggi ancor di più) sottomesse  agli interessi delle grandi lobby fossili e finanziarie.

In pratica, la guerra all’Enciclica di Papa Francesco, rivela che alle prossime elezioni, gli americani si troveranno davanti alla diabolica scelta fra Repubblicani, asserviti alle logiche fossili e comandati dalle lobby petrolifere,  e i Democratici, piegati a stuoino alla propaganda delle grandi società dello shale gas e del “fracking” presentati da David Brooks come tecnologie in grado di salvare l’umanità dal disastro climatico e quindi da sostenere apertamente e non da combattere. Dio ci scampi da una simile scelta!

Papa Francesco ci dice con grande chiarezza che il problema non è ecologico ma umano, nel senso che i danni al clima e all’ambiente sono la conseguenza di  comportamenti umani alla ricerca e esasperata del profitto estremo e la sua idea è che la tecnologia debba servire a proteggere e non a devastare la “casa comune”  Quindi questa non è un’Enciclica (e questo non è un Papa) anti-tecnologia, ma  è una Enciclica (ed un Papa) che invita a distinguere fra diverse tecnologie e stigmatizza quelle che anziché proteggere  i delicati equilibri ed ecosistemi del pianeta ne accelerano il deterioramento nell’interesse del profitto di pochissime persone.

Fra queste tecnologie devastanti, certamente vi è quel fracking contrapposto ai Francescani con un gioco di parole di dubbio gusto, che l’Enciclica considera a buon diritto, deteriore e pericolosa perchè si tratta di una tecnologia che compromette l’assetto idrogeologico e sociale del Commons, la casa Comune che siamo tutti chiamati a difendere perchè difendendola difendiamo noi stessi e le probabilità dell’essere umano di continuare a popolare il pianeta azzurro chiamato Terra…

Sulla problematica della  subalternità ai poteri fossili e alle tesi dei negazionisti della politica americana (tutta la politica americana) segnalo questa interessante e ben documentata analisi di Dario Faccini di ASPO Italia. Eì agghiacciante…

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La rivoluzione di un Papa “normale”

di Michele Mezza (tratto da Zenit.org)

Nel bel mezzo di almeno quattro rivoluzioni – la globalizzazione dei mercati e della cultura, il cambiamento delle comunicazioni tramite la rete telematica ed i social network, l’ingegneria genetica con tutte le implicazioni di opportunità e rischi, lo stravolgimento etico e morale del gender con leggi che relativizzano la famiglia originaria e aprono la strada a nuove forme di schiavitù quali l’affitto di uteri, ed il commercio di gameti ed ovociti – la scena mondiale viene conquistata da un Pontefice che si comporta in maniera semplice, naturale, umana.

La scorsa settimana la stampa mondiale ha colto nella visita di Papa Francesco ad un ottico nel centro di Roma una notizia di grande novità. Ma come può un gesto così semplice attirare l’attenzione dei media a livello mondiale? ZENIT lo ha chiesto al giornalista, scrittore, saggista Michele Mezza. Già inviato Rai, Mezza ha curato e realizzato Rainews24, di cui è stato anche vicedirettore. Attuale vicedirettore di Rai International, è autore di diversi libri e saggi su nuovi mass media, tecnologie digitali, multimedialità e internet. Di seguito l’intervista.

A proposito della vista del Papa al negozio di ottica a Roma, che ha attirato l’attenzione della stampa mondiale, qual è il suo giudizio a proposito? Dove sta, secondo lei, la novità, dov’è la notizia e perché è rilevante?

A me pare che il Pontefice usi se stesso per un processo che coinvolge in realtà l’intera comunità di vertice della struttura ecclesiastica. È un processo radicale che mira a riordinare quel potere per contenuti e non più per forme. L’umanizzazione del Papa impone una riumanizzazione del Collegio vescovile e sopratutto della Curia. I due fenomeni ormai non sono disgiungibili. La scena di Francesco che si aggira nell’angusto spazio dell’ottico romano, con il titolare del negozio che gli mette, normalmente, la mano sulla spalla, è un messaggio di una potenza planetaria. È un punto di non ritorno. Proviamo ad immaginare il prossimo Pontefice come dovrà  comportarsi dopo questa svolta. È plausibile il ripristino di segni di diversità del Papa dopo Francesco?

L’immagine di Francesco nella bottega romana ha fatto il giro del mondo attraverso i social network, ricevendo migliaia di ‘retweet’. A proposito di rete e di social, lei nel suo ultimo libro “Giornalismi nella rete” (edito da Donzelli) sostiene che con essi stanno cambiando tutti i parametri dell’informazione: il software è come un flusso di informazioni che incide e si pone il problema di chi e come impagina il flusso. Cioè, da una parte, una maggiore libertà, dall’altra, rischi di pensiero unico. Può spiegarci meglio il suo punto di vista?

Nel libro ‘Giornalismi nella rete’, che non a caso ha un formato multimediale, ragiono attorno alla constatazione che Il flusso è oggi  il nuovo format della conoscenza. Questa è la tesi che propongo alla discussione. Per flusso intendo un unico getto continuo di contenuti caratterizzato dalla velocità e per certi versi anche da un’oculata casualità .Il prototipo di questa configurazione è il recente accordo stipulato da Facebook con alcune fra le principali testate giornalistiche globali, come il New York Times ,Il Guardian , il Washington Post: i giornali consegneranno al social network le notizie che verranno distribuite come flusso permanente lungo le pagine del miliardo e mezzo di navigatori .Il giornale perde la sua forma storica e stabile di pagine e diventa fornitore di un unico sistema che a sua assoluta discrezionalità consegnerà ad ognuno di noi le notizie in un ordine e con una cronologia che sarà determinata dai nostri profili che Facebook ha elaborato. Un’operazione gigantesca che chiude la parentesi di Guttemberg ed apre una nuova fase in cui nessuno leggerà lo stesso giornale dell’altro. Lo stesso meccanismo sarà adottato da Amazon per i libri  e nelle università americane già ci si sta adeguando per  gli strumenti didattici. Il flusso è un linguaggio di per sè, conseguenziale, mai stabile o definito, dove alla gerarchia dei contenuti, tipico valore guida nella pagina stampata, si sostituisce la relazione fra la notizia che appare e i temi che stiamo trattando proprio in quel momento. L’obbiettivo è ovviamente creare uno stato emotivo  selettivo. Su questo processo credo sarebbe opportuno riflettere ed intervenire. Il quesito che vedo dominante è: chi impagina il flusso? Chi decide per un miliardo e mezzo di  edizioni ogni minuto?

In questo contesto sta emergendo il grande problema della proprietà intellettuale. Di che si tratta?

Questa è la grande guerra che si sta combattendo da anni ormai. La rete ha innestato questo nuovo conflitto fra content provider, ossia i titolari delle biblioteche di contenuti (audio, video e testuali) e i net provider , ossia i grandi centri servizio, come Google e Amazon. Questo scontro si basa su un dato antropologico: l’ambizione di ogni individuo in rete di autogovernare la propria dieta mediatica, senza accettare i pedaggi degli statuti proprietari. Questa forma di  utente-corsaro, che prende quello che vuole, è anche la conseguenza di un istinto per cui ognuno di noi sa che nel momento in cui scarica o condivide un contenuto sta dando valore e diffusione esattamente all’autore di quel contenuto, e rivendica come sua retribuzione il diritto di usarlo gratuitamente. Quest’ambizione di libertà viene strumentalizzata dalle grandi agenzie dei servizi in rete per spostare definitivamente il baricentro del mercato dalla produzione alla distribuzione. Ma se proviamo a guardare questo tema da un’altro punto di vista, ossia  la rivendicazione di intere comunità nazionali, come quelle dei paesi più poveri, di veder riconosciuto il proprio diritto all’accesso al mercato delle conoscenze, in materia scientifica, o farmacologica, mercato che utilizza in larga parte culture e prodotti naturali proprio di quei paesi, allora la guerra del copyright ci appare come un fenomeno di riequilibrio delle ragioni di scambio nel mondo. Esattamente come si discuteva del debito diseguale negli anni ’70. Questo tema mi pare si identifica con un destino: l’inesorabile spinta dei popoli ad avere il sapere come bene comune.Un concetto che Papa Francesco accarezza nella sua ultima enciclica.

C’è poi il problema enorme dell’acquisizione e del controllo dei dati sensibili, in particolare della cartella clinica di ognuno. Sembra che già in alcune Nazioni avanzate la decisione per assumere o non assumere passi per la conoscenza della cartella clinica digitale dei candidati. Cosa sta accadendo e quali sono i rischi sociali di questa tendenza?

Questa è la frontiera del nuovo big data. Siamo ormai arrivati a considerare il corpo umano non più come un centro da servire con le protesi digitali, ma come una piattaforma da usare per accelerare lo scambio di dati. Gli ultimi sistemi, penso al digital watch della Apple o al nuovo sistema di bluetooth che usa  i segnali elettrici del corpo, si stanno avvicinando a creare circuiti di scambio dei dati biologici. La nostra cartella clinica diventa la nostra carta di identità. Già negli Usa ormai  nelle ricerche di personale si chiede l’accesso alla cartella clinica digitale. Questo è un campo su cui diventa essenziale intervenire con valori e soggettività pubbliche forti. Due sono i temi: uno generale che riguarda la natura e struttura dell’algoritmo, il vero ordinatore sociale, che deve essere trasparente e negoziabile, io devo sapere che tipo di algoritmo si usa e d eventualmente devo poterlo modificare; secondo il limite alla circolarità dei dati biologici: un dato personale che non può e non deve essere disponibile per la discrezionalità del mercato.

Chi e come può porre limiti etici a queste tendenze? Papa Francesco nella Enciclica Laudato Si’, ad esempio, mette in guardia dallo strapotere di derive che utilizzano tecnologia e conoscenza scientifica per dittature che non servono il bene comune. Che ne pensa?

L’enciclica Laudato Si, la citavo prima, mi pare un grande passo su un terreno ancora inesplorato: come la comunità umana nella sua complessità, può umanizzare la corsa tecnologica. Il documento papale introduce un concetto fortissimo: come l’acqua anche il sapere, e specificatamente il software, deve essere un bene comune: accessibile, scambiale, modificabile. Si tratta di riconoscere che la tecnica non è neutra, e più assume potere di interferenza sulla natura umana più deve essere garantita e controllata. Il punto è capire chi è il soggetto negoziale. Papa Francesco mette in campo la sua autorevolezza morale e culturale, accanto a lui ci deve essere la società civile e politica: l’Europa, l’Italia, le grandi città, le università. Tutti quei soggetti che sono utenti e controparti dei nuovi imperi dell’algoritmo .Esattamente come accadde all’inizio del secolo scorso con la fabbrica, quando quell’enorme sistema di produzione fu civilizzato dalla società civile e dalla politica grazie all’organizzazione del mondo del lavoro.

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