Emissioni CO2, quando sono le spie ad occuparsi del clima

 di Mario Agostinelli

Perché mai notizie clamorose come quella che di seguito illustro vengono occultate? Lo spionaggio più accanito si è concentrato sul vertice Onu 2009 sul clima, ritenuto il più importante del suo genere dalla fine della seconda guerra mondiale. L’obiettivo del summit, tenutosi a Copenhagen, era un accordo globale sulla riduzione delle emissioni di CO2. Ma l’intesa, a lungo preparata, è stata fatta saltare: protagonisti i servizi di spionaggio Usa, come documenta nelle sue ultime carte Edward Snowden. A conferma che i padroni del mondo (le 85 persone più ricche valgono in denaro quanto 3,5 miliardi di poveri!) da sempre se la vogliono giocare nell’arena del mercato che controllano e non certo attenendosi ai vincoli politici della salute, della sicurezza e del benessere dei nostri figli.

La risposta alla domanda iniziale sta proprio nella definizione del campo dove si vorrebbe far svolgere una partita che riguarda tutti: se i giocatori (l’1%) non sottostanno a regole e gli spettatori (il 99%) seguono le fasi del gioco nella nebbia che avvolge gli spalti, allora non fa notizia se la democrazia viene conculcata proprio mentre ipocritamente la si invoca.

E veniamo all’informazione occultata. Il primo giorno della conferenza in Danimarca, la Nsa diffonde un documento secretato che, come rivelano i files di Snowden, afferma che “gli analisti della Nsa – con la loro attività di spionaggio – continueranno a trasmettere ai responsabili politici Usa le deliberazioni sulle politiche del cambiamento climatico dei governi in campo e le strategie negoziali dei paesi chiave”. L’informazione viene inviata anche ai governi del Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda: in sostanza il blocco che si rivelerà refrattario ad un accordo post Kyoto. La Nsa ha spiato gli incontri privati tra le parti – 200 Paesi oltre alle associazioni accreditate – durante tutto il summit. Il vertice di due settimane è stato il primo dell’amministrazione Obama e ci si aspettava che finisse con un accordo tra Stati Uniti, Cina, India, con una forte riduzione delle emissioni. La speranza aveva dato vita ad una grande manifestazione, cui io stesso ho partecipato.

Non tutti però stavano giocando secondo le regole: lo spionaggio aveva come fine spianare la strada ai negoziatori americani contrari ad un accordo di riduzione delle emissioni di CO2 superiore al 5%. La tattica consisteva nell’esasperare il confronto, facendo balenare solo alla fine una ricomposizione, peraltro non impegnativa. Gli smartphone dei delegati erano hackerati, così da essere in grado di leggere i loro messaggi di posta elettronica e ascoltare le loro conversazioni telefoniche. Era stato installato un software sul computer all’Internet Cafè del vertice per carpire i codici di accesso e entrare nelle e-mail e per registrare, in tempo reale le telefonate, oltre che per utilizzare telefoni cellulari delle persone come microfoni.

Nella notte finale del vertice, il 18 dicembre, il presidente Obama ha condotto intensi negoziati tra i capi di stato di Cina, India, Sudafrica, Brasile, i rappresentanti di un gruppo di ventisei paesi minori e un certo numero di paesi dell’UE, arrivando a favorire una dichiarazione finale preparata dalla presidenza danese del vertice, che i partecipanti al summit non hanno approvato collettivamente, ma solo accettato. La dichiarazione non ha preparato il terreno per un avanzamento del protocollo di Kyoto e ha consentito ai Paesi di definire obiettivi solo individuali. Nel caso degli Stati Uniti, si è legittimato lo stesso 4-6% che gli americani avevano proposto prima delle trattative.

In definitiva, lo spionaggio è servito a convincere gli americani e i loro alleati che potevano fidarsi dei danesi per avallare ciò che volevano e che non avrebbero dovuto contrastare un’alternativa altrettanto compatta.

Un autentico scenario da combattimento su un terreno che, al contrario, dovrebbe evocare convergenza e unità. E’ la globalizzazione competitiva che si oppone alla giustizia climatica. La Nsa si occupa di attività di intelligence e promuove gli interessi strategici americani, che a Copenhagen coincidevano con l’impedire che i vincoli ambientali li rallentassero nella corsa globale per aumentare la competitività e massimizzare la crescita. James R. Clapper, sottosegretario Usa alla Difesa per l’Intelligence spiega: “Sempre più l’ambiente sta diventando un avversario per noi. E credo che le capacità e le risorse della comunità dell’intelligence devono essere esercitate sempre nel valutare l’ambiente come un avversario. La Nsa deve raccogliere informazioni che possano sostenere gli interessi americani, piuttosto che prevenire future catastrofi climatiche”.

Basterà tutto questo per convincere anche i più negazionisti che è in corso una battaglia molto aspra tra il modello liberista di sviluppo e quello che democraticamente i popoli dovrebbero essere abilitati a scegliere? Già a partire da un protagonismo dei movimenti e della società alle prossime elezioni europee.

Condividi