In arrivo un nuovo provvedimento sulle rinnovabili?

Il provvedimento per ridurre le bollette, spalmando su più anni l’erogazione degli incentivi alle rinnovabili, arriverà la settimana prossima. Lo ha annunciato questa mattina il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato in un’intervista ai microfoni di Radio Uno.

Pur sottolineando il ruolo fondamentale degli incentivi, che hanno consentito all’Italia di avere un parco di generazione da rinnovabili “unico in Europa”, il ministro è tornato a ricordarne il costo “troppo alto”. Si tratta, ha detto, di “poco meno di 12 miliardi” che ricadranno sulle bollette elettriche per i prossimi 18 anni: allungando questo periodo e rimodulando il meccanismo, ha spiegato il ministro, sarà possibile “dare subito alle famiglie e alle imprese 3 miliardi di euro“. Il provvedimento, ha concluso, dovrebbe arrivare con il DL Fare-bis.

Quale sia l’idea di Zanonato si era capito nelle settimane scorse, anche se i dettagli restano ancora oscuri. Il 21 agosto l’aveva infatti presentata al Meeting di Rimini: “Anziché prelevare 12 miliardi di euro, se ne possono prendere 9 miliardi e il resto dilazionarlo in un periodo più lungo”, aveva spiegato (QualEnergia.it, Zanonato: gli incentivi dati alle rinnovabili spalmati su più anni).

Sembra cioè che il ministro intenda spalmare su più anni i pagamenti in favore di chi ha diritto agli incentivi, per ridurre il peso della componente A3 in bolletta. In pratica – almeno da quanto si capisce al momento, ma in attesa di maggiori dettagli il condizionale è d’obbligo – si obbligherebbe chi ha investito in rinnovabili a concedereun prestito forzato, sul quale ovviamente dovranno essere pagati degli interessi, che dovrebbero essere ancorati a quelli sui Btp.

La misura dovrebbe iniziare a produrre i suoi effetti dal 2014, riducendo la componente A3 appunto di 2-3 miliardi di euro. Un risultato che, sempre se la misura si concretizzasse così come si profila, verrebbe ottenuto con un prezzo discutibile: se da una parte si sancisce per l’ennesima volta l’inaffidabilità del quadro normativo del nostro paese, con un provvedimento retroattivo che (e qui dipenderà dalla formulazione del decreto) potrebbere sconvolgere i business plan che avrebbero dovuto essere garantiti dai meccanismi incentivanti, dall’altra, a fronte di un risparmio immediato, si fanno indebitare i consumatori elettrici nei confronti di chi ha investito nelle energie rinnovabili. Dov’è il vero vantaggio per i consumatori?

Sembra proprio che il ministro abbia sposato la linea che vede nelle rinnovabili il principale responsabile del caro-bolletta. Non stupisce che il primo ad esprimere pubblicamente soddisfazione per le parole del ministro sia stato il presidente diAssoelettrica, Chicco Testa, da tempo in prima linea contro le rinnovabili, che stanno erodendo gli interessi economici del termoelettrico, sottraendo grosse quote di mercato ai cicli combinati a gas.

Eppure la tesi che il caro-bolletta dipenda principalmente dalle rinnovabili è abbastanza facile da smentire. L’aumento della bolletta di questi ultimi 10 anni è dovuto principalmente alle fonti fossili. La voce “energia e approvvigionamento”, legata all’andamento del prezzo del petrolio dal 2002 al 2012 infatti è semplicemente decollata, passando da 106,06 euro a 293,96. Esattamente 187,36 euro in più a famiglia, un aumento del 177,2%.

Ad appesantire il costo dell’energia poi ci sono altri sussidi oltre a quelli alle rinnovabili, la cui rapida crescita si è peraltro praticamente fermata con la fine del quinto conto energia. Secondo una stima di Legambiente circa 5 miliardi di euro l’anno se ne vanno tra sussidi alle fonti fossili, oneri impropri, sconti in bolletta ai grandi consumatori di energia elettrica.

Perché dunque puntare contro le fonti pulite quando si parla di ridurre i costi dell’energia? Le rinnovabili, peraltro, oltre ai vari vantaggi ambientali ed economici che portano, contribuiscono a ridurre la bolletta grazie all’effetto peak-shaving favorito ad esempio dal fotovoltaico: nel 2012 ha portato 838 milioni di euro di risparmio netto, che sarebbero stati 1.420 milioni se il termoelettrico non avesse reagito alzando i prezzi quando il sole non splende.

Non sarebbe dunque meglio intervenire da altre parti? Si potrebbe ad esempio agire sulle modalità di reperimento degli oneri di sistema, modificare l’accesso al mercato di dispacciamento per ridurne i costi, far pulizia di oneri di sistema impropri. Le idee per ridurre la bolletta di famiglie e imprese senza colpire le rinnovabili non mancano (si veda questo intervento su QualEnergia.it), per ora però chi prende le decisioni non sembra disposto ad ascoltarle.

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