La storia della Rubin Tax

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano

Basta essere un padre di famiglia, non un economista, per sapere che non sono le iniziative una tantum, ma gli interventi strutturali che possono ridurre realmente e durevolmente il rapporto tradebito e Pil e che sono più recessivi gli aumenti di tasse che i tagli alla spesa. Anche per l’energianegli ultimi governi si sono inventate solo tasse e, per renderle suggestive, il creativo Tremontiha provato a chiamarle con nomi evocativi: “Robin Tax”, per esempio.

Una tassa la cui storia ed evoluzione meritano di essere conosciute come esempi di una perversa fantasia al potere. Si tratta di una maggiorazione dell’aliquota Ires introdotta nel 2008 quale misura “etica” per tassare i profitti dei petrolieri e degli speculatori accusati dei prezzi record del petrolio e della benzina. Ebbene, i proventi sono stati utilizzati nel 2008 a sostegno delle persone bisognose attraverso la “Social card”! (un’altra delle geniali invenzioni di quel governo). Nel 2009, invece, con la legge n. 99 (ex Ddl Sviluppo), l’aliquota venne portata dal 5,5 al 6,5%, destinando i nuovi proventi al finanziamento dei giornali di partito!

Nel 2010 si è ampliato il novero delle attività energetiche cui si applicava la citata maggiorazione, includendovi anche le attività di trasmissione, distribuzione e dispacciamento dell’energia elettrica. Inoltre, nel caso specifico delle fonti rinnovabili è stata abolita l’esenzione che le riguardava fino ad allora e si è estesa anche ad esse l’incremento dell’addizionale dal 6,5% al 10,5%. Di fatto, colpendo queste parti vitali del settore, si è agito per ridurre gli investimenti urgenti per migliorare la rete elettrica e permettere l’utilizzo efficiente della produzione rinnovabile, che veniva con una mano incentivata e con l’altra scoraggiata con più tasse.

Con questa storia alle spalle, la Robin Tax non poteva che tramutarsi in “Rubin Tax”, come la definisce “Il Manifesto” di ieri. Infatti, da quando vide la luce, per colpire le “plusvalenze” delle multinazionali, fino ad oggi, nel settore energetico e del petrolio la Robin tax ha penalizzato più i servizi a rete e i produttori da fonti rinnovabili che i giganti del mercato. Non solo. L’Autorità per l’energia e il gas segnala, nell’ultimo rapporto presentato a fine gennaio che molte delle grandi imprese energetiche che pagano la tassa la scaricano di fatto sulle bollette dei consumatori.

Nei fatti ben 199 casi su 476 totali (di cui 105 appartenenti al settore dell’energia elettrica e gas e 94 a quello petrolifero) dovrebbero andare sotto il torchio dello sceriffo di Nottingham, per rendere possibile una riscossione che nel 2011 ha fatto incassare allo Stato 1.475 miliardi di euro, 930 milioni in più rispetto all’esercizio precedente, prelevando soprattutto – è il dubbio dell’Authority che è tenuta per legge a vigilare su eventuali rincari illegali – dalle tasche dei consumatori.

Viene voglia di chiedere conto di tutta una campagna spesa a colpevolizzare quanti sostengono le rinnovabili, che, per la loro introduzione, hanno ricevuto giusti incentivi. Alla testa di questa campagna ci sono state Enel, Eni, lobby petrolifere e il governo dei tecnici. Facciamo qualche conto. Intanto, l’impatto dell’energia fotovoltaica sulla formazione dei prezzi dell’elettricità ha tolto più di 1 miliardo alle bollette. Vanno poi conteggiate le riduzioni delle importazioni di gas grazie al boom dell’elettricità verde e la riduzione dei costi del Cip6.

Come si vede, il fardello delle rinnovabili è risultato più che dimezzato e diventa ancor più leggero considerando tutte le entrate per lo Stato in termini di Iva e di tasse pagate dalle migliaia di aziende che sono sorte. E allora come la mettiamo con queste verità inoppugnabili? Cosa direbbero ora i detrattori del nuovo sistema energetico, fatto di piccoli impianti, fonti naturali, risparmio controllabile sul territorio, che bypassa petrolio, gas e carbone, forieri ormai di corruzione, tangenti, privilegi ed evasione che si scaricano alla fine sul povero consumatore italiano?

Le rinnovabili sono state dipinte come una stangata, inutili, uno spreco. E’ pur vero che il nuovo ha sempre suscitato perplessità ma ora che le fonti solari ed eoliche hanno dimostrato di essere in grado di generare notevoli quantità di energia e di saper ridurre i loro costi con grande rapidità, un attacco così greve puzza di bruciato, soprattutto se è appoggiato da una mancanza di controlli a salvaguardia dei consumatori. Vogliamo sapere in dettaglio i nomi delle aziende che hanno fatto pesare la Robin tax sugli utenti: un rincaro che in un solo semestre è pesato circa 0,8 miliardi di euro, al solito pagati da Pantalone. E si capisce ancora meglio come mai Passera-Montinella loro Strategia Energetica Nazionale, hanno rilanciato le fonti fossili. Tanto si possono sempre appoggiare sulle gambe malferme degli utenti indifesi e all’oscuro di tutto!

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Un commento su “La storia della Rubin Tax”

  1. Da affezionato lettore de “il Fatto Quotidiano” ho scoperto in rete questo articolo di Mario Agostinelli. Per la qualità dell’informazione sono grato al Giornale. Sono però felicissimo di avere notizie di Mario e di sapere che è sempre sul campo. Sono stato un suo collega all’Enea, ma soprattutto un affezionato compagno di battaglie. Buon lavoro Tommaso

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