L’attacco alle rinnovabili del Corsera e la risposta delle associazioni

Anche le associazioni italiane delle rinnovabili si scagliano contro l’articolo-propaganda che definiva il solare in Italia come un “flop”. L’articolo, a firma di Danilo Taino, pubblicato dal Corriere della Sera il 5 giugno, raccoglieva pareri di noti avversari delle fonti rinnovabili, senza contraddittorio e senza aggiungere il parere di nessuno degli innumerevoli e stimati ricercatori che, invece, si sono, da sempre, schierati in favore delle fonti pulite. Per questo, Aper,Assosolare Coordinamento Free hanno spedito giorni fa una lettera al direttore del prestigioso quotidiano nazionale in risposta e a commento di quell’articolo, senza però, ottenere alcuna risposta.

ZeroEmission pubblica di seguito il testo della lettera, con l’obiettivo di darne la dovuta visibilità:
Gentile Direttore,
le scriviamo in rappresentanza di APER, l’Associazione dei Produttori di Energia Rinnovabile, di Assosolare, l’associazione degli operatori dell’industria fotovoltaica, e del Coordinamento FREE, che raggruppa 35 soci tra associazioni ed enti operanti nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, in replica all’articolo “Sos Terra”, pubblicato in prima pagina il 5 giugno 2013, per fornire al lettore informazioni e dati completi, non solo di una parte, peraltro minoritaria! In primo luogo, solo il presidente di Assoelettrica, per difendere interessi delle fossili, può parlare dell’energia solare nel nostro Paese come di un flop: 18 GW di potenza installata in pochi anni, costruendo dal nulla una filiera di imprese produttrici di energia, servizi e componenti che è ormai pronta a lavorare senza incentivi – proprio in questi giorni è stato raggiunto il limite previsto dal V Conto Energia – non può in nessun modo essere considerato un insuccesso. Non servono forse a questo, gli incentivi, ad avviare un settore? Ebbene, obiettivo raggiunto: nei prossimi anni si continueranno a installare impianti fotovoltaici incrementando la quota di energia verde prodotta in Italia. In più, particolare fondamentale, ogni tonnellata di anidride carbonica risparmiata sarà a costo zero!
 
Un’analisi completa dovrebbe poi contemplare le due facce della medaglia – costi e benefici – che dovrebbero sempre essere considerate congiuntamente. Le stime più recenti (cfr. Althesys, IREX Report) indicano in circa 35 miliardi di euro il saldo tra benefici (miglioramento della bilancia commerciale, riduzione dei costi associati ai diritti di emissione, impatti su Pil e occupazione) e costi delle politiche già varate per sostenere il settore delle rinnovabili (altre stime arrivano perfino a 76 miliardi). E, si badi, si tratta di stime che non tengono in considerazione gli impatti sicuramente positivi che lo sviluppo delle rinnovabili ha sul sistema sanitario nazionale e sull’ambiente (meno malattie dovute alle emissioni inquinanti e ad effetto serra). Peraltro i costi, noti da tempo, sono stati “messi in sicurezza” dai decreti del ministro Passera dello scorso luglio, che ha fissato chiari limiti di spesa massima annuale. Rimetterli in discussione oggi significherebbe una volta di più allontanare potenziali investitori dal nostro Paese e comprometterne ulteriormente la fiducia, già gravemente minata dalle innumerevoli riforme non fatte. Premesso che l’Italia ha precisi doveri etici e materiali per rispettare impegni presi in sede internazionale e che il risparmio energetico è comunque un obiettivo da perseguire e una grande opportunità di sviluppo e di crescita, si ritiene che il vero problema in Italia sia la mancanza totale di una programmazione energetica.
 
L’ultimo Piano Energetico Nazionale risale alla fine degli anni 80, la decisione di pianificare la costruzione di una serie di centrali nucleari è naufragata con un referendum dai forti significati anche sociali, mentre gli impianti termoelettrici sono stati costruiti recentemente anche a fronte di una ben nota diminuzione delle richieste di energia e la SEN del Governo Monti è solo un insieme di buone intenzioni, senza alcuna indicazione strategica concreta. In questo vuoto si sono innestati alla rinfusa una serie di interventi, in grado di premiare ora l’una ora l’altra tecnologia, con tutte le conseguenze del caso, compreso il dilagare di norme tecniche spesso in contrasto tra di loro e di tariffe dell’energia non sempre congruenti. Ci permettiamo di suggerire di cambiare logica e capire, finalmente, che il risparmio e l’efficienza energetica si possono ottenere solamente coniugando un mix di tecnologie, in alcune delle quali, peraltro, l’industria Italia è tra i leader di mercato. Solo una seria programmazione energetica, seguita da un’altrettanto seria pianificazione delle norme tecniche e delle tariffe dell’energia potrà permettere a tutti, dai progettisti degli impianti, agli installatori fino all’utente finale, di comprendere i reali vantaggi di un investimento nella green economy. Senza posizioni talebane, né dall’una (amplificata a dismisura dall’establishment), né dall’altra parte (alla quale in verità non viene data grande possibilità di replica).
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