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Energie rinnovabili, a Solarexpo il futuro è ibrido e a chilometro zero

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano 22 maggio 2013

Solarexpo, l’esposizione-convegno che si è svolta la settimana scorsa a Milano ha affrontato le potenzialità dell’“ibridazione” tra tecnologie rinnovabili, dentro un quadro di risparmio e di drastico contenimento delle emissioni. Con un settore ormai competitivo sul mercato indipendentemente dagli incentivi d’avvio, i produttori cercano di diversificare sia i mercati in cui operano sia il portafoglio tecnologico. Sono stati presentati casi interessanti come aziende del fotovoltaico che hanno iniziato ad offrire servizi di climatizzazione con pompe di calore, illuminazione stradale o pacchetti di e-mobility, superando la “monocultura” del fotovoltaico e lo specifico della singola fonte. D’altra parte, il decentramento dell’energia e la sua caratteristica territoriale fanno sì che il massimo di efficienza stia nella complementarietà tra le tecnologie di captazione di sole, vento, acqua e calore disposte sul posto. Come pure quelle di creazione di “centrali negative”, che non richiedono energia se non dall’ambiente, come gli edifici passivi o le stesse reti di scambio intelligenti, che fanno fluire la produzione in eccesso verso la domanda insoddisfatta all’istante.

Una bolletta ridotta e un elevato grado di autonomia energetica sono ormai all’orizzonte, in base ad un modello comunitario e non più individuale. Questo schema integra sotto un profilo energetico organico diversi sistemi fino ai mezzi di trasporto e rende conveniente, ad esempio, l’utilizzo dellepompe di calore reversibili abbinate al solare per la climatizzazione in estate e in inverno. In più, l’autonomia è possibile attraverso lo sviluppo di sistemi di immagazzinamento dell’elettricità da fonti discontinue: non a caso la Germania ha disposto un piano nazionale e grandi investimenti in questa direzione.

Sullo sfondo di questa evoluzione c’è la disputa commerciale tra Ue e Cina e, in alcuni paesi, le sfide che il solare pone a quei sistemi elettrici. Se nel 2013 il mercato europeo ha visto una brusca frenata delle installazioni, complice il taglio agli incentivi, su scala mondiale si valuta che l’anno in corso sarà migliore del 2012. Il merito verrà dall’azione dei mercati emergenti come Cina, Giappone, Usa, da cui ci si aspettano nuove installazioni per oltre 36 GW, contro i circa 30,6 GW del 2012. A incidere, saranno sempre di più mercati ‘nuovi’, e sotto questo punto di vista l’occasione persa dall’Italia nel campo dell’industria verde e dell’occupazione risulta sconsolante.

A livello mondiale la domanda tiene e c’è un parziale riequilibrio con l’offerta: dai primi mesi del 2013, dopo un lungo periodo di caduta libera, i prezzi di tutti i componenti del FV si sono stabilizzati e hanno ricominciato a crescere leggermente.
“In Italia siamo a 30 TWh prodotti con la generazione distribuita su un totale nazionale che è di circa 300 TWh”. Andrea Galliani, responsabile dell’unità fonti rinnovabili dell’Autorità, ha sostenuto che “questo dato comporta una esigenza regolatoria altrettanto rapida che renda sostenibile questa produzione sia a livello tecnico, cioè che garantisca la sicurezza del sistema elettrico nella sua complessità, sia a livello economico, cioè che contenga il più possibile i costi del dispacciamento”. È per questo che diventa urgente anche da noi un intervento sulla rete di distribuzione.

Infine, vale la pena di considerare qui come l’intreccio tra ibridazione delle rinnovabili e risparmio energetico consenta ormai sperimentazioni una volta impensabili anche in campo industriale. È il caso dell’azienda Loccioni (350 dipendenti ad Ancona) che si è resa energeticamente autonoma combinando lo sfruttamento termico ed elettrico del sole con l’idroelettrico del vicino fiume Esino e implementando un sistema di controllo informatico dello scambio e dell’efficienza abbinato ad un accumulo a batterie appositamente sviluppato dalla Samsung. Energia a chilometro zero, come si sarebbe fin qui detto per l’agricoltura contadina.

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E’ uscito il nuovo report Comuni Rinnovabili 2013

In 7.970 Comuni italiani si trova almeno un im­pianto alimentato a fonte rinnovabile, cioè pari al 98% di tutti i Comuni italiani. Erano 3.190 nel 2008. Oggi in Italia sono in funzione oltre 600mila impianti da fonti rinnovabili di grande e piccola taglia, termici ed elettrici compongono un sistema di generazione sempre più distribuita che nel 2012 ha garantito il28,2% dei consumi elettrici e il 13% di quelli com­plessivi del nostro Paese.

I dati sono riportati nelle 122 pagine del nuovo rapporto Comuni Rinnovabili 2013(pdf) di Legambiente, realizzato con il contributo di GSE e Sorgenia e presentato oggi a Roma nella sede del GSE.

I numeri, per quanto ne dicano gli oppositori delle rinnovabili, sono importanti, in crescita e rilevanti anche per i tempi di incremento che si sono registrati: dal 2000 ad oggi 47,4 TWh da fonti rinnovabili si sono aggiunti al contributo dei “vecchi” impianti idroelettrici e geotermici: dal solare fotovoltaico a quello termico, dall’idroelettrico alla geotermia ad alta e bassa entalpia, agli impianti a biomasse e biogas. Importante anche la crescita della nuova potenza di rinnovabili elettriche installata nel 2012: quasi 7 GW (3.662 MW di fotovoltaico, 1.791 MW di eolico, 32 MW di mini idro, 1.400 MW di impianti a biomassa, 28 MW di geotermia).

Ma ancora più interessante è l’incremento della produzione elettrica da rinnovabili che nel 2012 è stata pari a 94,8 TWh malgrado il contributo dell’idroelettrico sia sceso. Nel 2012, come detto, si è raggiunto il 28,2% dei consumi elettrici complessivi italiani (Produzione lorda da fonti rinnovabili rispetto al Consumo interno lordo (CIL) = Produzione lorda + saldo estero – produzione da pompaggi, ndr). Questa quota era al 24,5% nel 2011. Sul totale dei consumi energetici finali la quota è invece del 13% (obiettivo per l’Italia lal 2020 è il 17%) dei consumi energetici finali. Era del 5,3% nel 2005.

Come stia cambiando il parco elettrico italiano lo dimostra questo grafico che confronta la produzione elettrica per fonte nel 2000 e quella del 2011.

Come ha spiegato Legambiente nel suo report la crescita della produzione rinnovabile ha permesso di sostituire quella da impianti termoelettrici, calata di 61 TWh tra il 2007 e il 2012, anche a causa della crisi. Sono diminuite le importazioni di petrolio e di gas da usare nelle centrali e di conseguenza anche le emissioni di CO2. Va anche considerato che prima dei decreti Passera del luglio 2012 il numero degli occupati nel settore delle rinnovabili era stimato in 120mila unità.

ALCUNI NUMERI DEL RAPPORTO:

Sono 27 i Comuni 100% rinnova­bili, quelli che rappresentano oggi il miglior esempio di innovazione energetica e ambientale (pag.34 del rapporto). In queste realtà, un mix di impianti diversi da rinnovabili e impianti a biomasse allacciati a reti di teleriscaldamento coprono interamente (e superano) i fab­bisogni elettrici e termici dei cittadini residenti. La classifica premia proprio la capacità di sviluppare il mix più efficace delle diverse fonti (senza considerare geotermia e grande idro), e non la produzione assoluta, perché la prospettiva più lungimirante e vantaggiosa per i territori è rispondere alla domanda di energia valorizzando le risorse rinnovabili presenti.

Sono 2400 i Comuni 100% rinnovabili per l’energia elettrica, ossia quelli dove si produce più energia di quanta ne consumino le famiglie residenti.

Comuni del solare in Italia sono 7.937, un numero in crescita che evidenzia come con il sole si produca oggi energia nel 97% dei Comuni. Spetta a Casaletto di Sopra (Cremona) e a Don (Trento) il record di impianti per abitante, rispettivamente per il fotovoltaico e per il solare termico.

Comuni dell’eolico sono 571. La potenza installata (8.703 MW) è in crescita, con 1.791 MW in più rispetto al 2011. Questi impianti hanno consentito di produrre 13,1 TWh nel 2012, pari al fabbisogno elettrico di oltre 5,2 milioni di famiglie. Sono 296 i Comuni che si possono considerare autonomi dal punto di vista elettrico grazie all’eolico, poiché si produce più energia di quanta se ne consu­ma.

Comuni del mini idroelettrico sono 1.053. Il Rapporto prende in conside­razione gli impianti fino a 3 MW. La potenza totale installata nei Comuni italiani è di 1.179 MW ed è in grado di produrre ogni anno oltre 4,7 TWh, pari al fabbisogno di energia elettrica di oltre 1,8 milioni di famiglie.

Comuni della geotermia sono 369, per una potenza installata pari a 915 MW elettrici, 160 termici e 1,4 frigoriferi. Grazie a questi impianti nel 2012 sono stati prodotti circa 5,5 TWh di energia elettrica in grado di soddisfare il fabbisogno di oltre 2 milioni di famiglie.

Comuni delle bioenergie sono 1.494 per una potenza installata complessiva di 2.824 MW elettrici e 1.195 MW termici. Gli impianti utilizzano biomasse solide, gassose e liquide. In particolare quelli a biogas sono in forte crescita e hanno raggiunto complessivamente 1.133 MWe installati e 135 MWt e 50 kw frigoriferi termici. Gli impianti a biomasse, nel loro complesso, hanno consentito nel 2012 di produrre 13,3 TWh pari al fabbisogno elettrico di oltre 5,2 milioni di famiglie.

Sono 343 i Comuni in cui gli impianti di teleriscaldamento utilizzano fonti rin­novabili, come biomasse “vere” (di origine organica animale o vegetale provenienti da filiere terri­toriali) o fonti geotermiche, attraverso cui riescono a soddisfare larga parte del fabbisogno di riscaldamento e di acqua calda sanitaria.

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Aspettando il treno sui binari produciamo energia

repubblica_energia_9.1.2013

di Arturo Zampaglione – Repubblica.it

NEW YORK – Ogni giorno migliaia di parigini e di turisti che visitano la capitale francese passano frettolosamente attraverso la stazione di Rambuteau, lungo la linea 11 della metropolitana e a due passi dal Centro Pompidou, senza rendersi conto di essere usati come mini-centrali energetiche. Gli ingegneri assoldati da Paris Habitat, infatti, hanno trovato un sistema ingegnoso e sperimentale per riscaldare diciassette case popolari che si trovano proprio al di sopra della stazione. In pratica viene captato il calore umano dei passeggeri di Rambuteau (oltre che quello dei treni) e poi convogliato sotto i pavimenti delle case. Può sembrare un modo strano per risparmiare sulla bolletta, ma funziona davvero. Non solo: molti esperti ritengono che proprio il corpo umano stia diventando l’ ultima frontiera delle energie rinnovabili.

Si calcola che tutti noi emettiamo circa 100 watt di surplus di calore. Negli ambienti piccoli e sovraffollati il calore sale rapidamente, come sappiamo anche dall’ esperienza empirica, ma per lo più si disperde nell’ atmosfera. Ora invece la scienza si appresta a sfruttarlo né più né meno come le altre fonti energetiche alternative. Negli ultimi anni le energie rinnovabili, aiutate da contributi pubblici e da orientamenti politici molto più sensibili alle problematiche ambientali, hanno fatto passi da gigante. In Islanda il fabbisogno energetico viene coperto al 95 per cento dalle centrali geotermiche che sfruttano il calore proveniente dal centro della terra per accendere le lampadine e riscaldare case (e serre). In mezzo alle acque del basso mar Tirreno, sopra al vulcano Marsili (un gigante sottomarino di 70 chilometri di lunghezza, 30 di larghezza e 3.000 metri di altezza), nascerà la prima centrale termica sottomarina del mondo, capace di alimentare una città di 700 mila abitanti. Inoltre lo sfruttamento dell’ energia eolica e di quella solare continua a crescere a ritmi veloci, come testimoniato dalle distese di pannelli solari in Toscana o Sicilia e dalle immense pale lungo le coste del

New England. Ma come fare dove mancano i vulcani, il sole o il vento? E soprattutto come produrre energie nei centri metropolitani? La risposta degli esperti è, da un lato, l’ uso delle falde sotterranee per stabilizzare, attraverso pompe di calore, la temperatura degli edifici delle città, ovvero dei tetti delle case per installare dei pannelli solari, dall’ altro con il calore emesso dal corpo umano. Così, ad esempio, il più grande tempio del consumismo al mondo, il Mall of America, uno shopping center di 400mila metri quadri nel Minnesota, viene protetto dal freddo glaciale attraverso un sistema articolato cui contribuiscono, oltre ai metodi tradizionali, anche i raggi di sole che penetrano dai tetti trasparenti e il calore dei clienti. Uno dei migliori esempi di sfruttamento dell’ energia umana è quello della stazione centrale ferroviaria d

i Stoccolma, in Svezia, dove transitano ogni giorno 250mila passeggeri. Il sistema di ventilazione dello snodo ferroviario “cattura” il calore delle persone e

lo utilizza per riscaldare l’ acqua contenuta in grandi serbatoi sotterranei. Da lì l’ acqua calda viene pompata verso il Kungsbrouset, un edificio di 13 piani adibito a uffici, che è ad appena 100 metri dalla stazione e che riesce, grazie all’ apporto dei 100 watt di calore di ogni passeggero, a ridurre del 25 per cento la sua bolletta energe

tica. Ovviamente la stazione di Stoccolma, i cui lavori di ristrutturazione, costati 100 milioni di euro, sono stati gestiti dalla stessa società che possiede il Kungsbrouset, utilizza anche altri sistemi per ridurre i consumi energetici. Le finestre, ad esempio, sono angolate in modo tale da permettere alla luce del sole di entrare, pur respingendo il caldo durante l’ estate. Nei mesi più afosi la stazione viene raffreddata con le acque di un lago non distante. E un network di fibre ottiche trasmette i raggi dal soffitto nei posti che hanno bisogno di luce. Ma la vera novità è proprio l’ energia rinnovabile prodotta dal corpo e la stazione a calore umano – assicurano gli ingegneri svedesi – diventerà un modello diffuso in tutto il mondo.

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