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Da Viadana: buone notizie

Da Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2010

Più di trecento persone hanno partecipato all’assemblea del Coordinamento anti-nucleare, indetta dal Comune di Viadana martedì scorso, per concordare iniziative di contrasto e di protesta contro l’annunciata realizzazione di un reattore atomico sul territorio mantovano. “Siamo in tanti, e stiamo lanciando un messaggio d’amore per il territorio con la nostra volontà di tutelarlo”, ha detto il sindaco di Viadana. “Il nostro no è trasversale e democratico, per dimostrare che i cittadini non vogliono l’atomo”, gli ha fatto eco il sindaco di Casalmaggiore. “I Comuni credono nella possibilità dell’autosostentamento energetico, ma il patto di stabilità impedisce di investire ad esempio negli impianti fotovoltaici. Voglio, allora, che le rinnovabili siano incentivate e i limiti di spesa riguardino invece i costruttori di centrali”, ha insistito il primo cittadino di San Benedetto Po. “Riconquistiamoci il Po, poiché il governo saggio delle acque e non il loro sfruttamento è fattore di sviluppo”, ha concluso il sindaco di Suzzara. Mancavano i rappresentanti della Lega Nord, i “tutori del territorio” secondo una vulgata che andrebbe sfatata, forse ancora impegnati nei riti vuoti dell’ampolla con un liquido trasparente da non lasciar scorrere, ma da trasportare blindato dal Monviso all’Adriatico.

Al termine di oltre due ore di dibattito, è stata lanciata una bozza di documento, da sottoporre a tutti gli enti locali del Po, contenente proposte a 360 gradi (raccolte firme, incontri pubblici, sostegno alle fonti alternative, mozioni, manifestazioni). Questa grande risposta, nata sul territorio con un tam tam di casa in casa è molto significativa, perché è stato il modo impetuoso di misurarsi con l’ostilità dei media, che in Lombardia coprono il silenzio di Formigoni di fronte all’annuncio del ministro Romani di due grandi impianti sull’asta del Po. Finalmente il movimento antinucleare, quello per le rinnovabili e quello per l’acqua pubblica si sono incontrati: una lunga e buona semina comincia a dare frutti. Lo svolgimento del referendum per l’acqua è sostenuto con determinazione e con una mobilitazione che non si arresta, la raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare a sostegno delle rinnovabili dà risultati straordinari, le mobilitazioni antinucleari ripartono dalla Lombardia con un occhio all’Europa e alla Germania in particolare, collegandosi anche idealmente a quell’asta del Reno dell’Alsazia, lungo la quale si muovono scortati a vista i treni lugubri delle scorie. Acqua, sole, vita e partecipazione contro barre radioattive incapsulate in enormi contenitori, residui della fissione pericolosi per migliaia di anni, rischi incalcolabili, danni certi e nascosti alla salute, piani di emergenza e militarizzazione del territorio. Una “narrazione”, si usa dire, che riguarda territori da abitare prima che da consumare, comunità che si relazionano con l’ambiente prima di degradarlo, cittadini e istituzioni locali che progettano e si organizzano per la distribuzione e il mantenimento delle risorse, prima che per essere solo spettatori, magari risarciti con qualche compensazione.

Accanto ad una visione responsabile del futuro e a una forma inedita di empatia verso le future generazioni, si è notata una grande voglia di creare e condividere informazione, riscoprendo il linguaggio collettivo come prodotto vivo ed efficace della socialità e della convivialità, contro l’opacità e il potere non neutrale della tecnocrazia. La gente in assemblea si capiva al volo e usava espressioni radicate nella quotidianità e nelle loro abitudini proprio per interagire positivamente con la scienza e la tecnologia e impedire che invece queste si dissocino dall’ambiente sociale in cui devono maturare. Una lezione che Veronesi avrebbe dovuto ascoltare, come credo faccia quando vuole curare e non quando pontifica fuori sacco, senza né la dovuta modestia né le conoscenze adeguate. Un avvertimento perché la discussione sul nucleare sia libera e corretta e non mistificata dai messaggi che vengono lanciati con grandi mezzi dalle “potenze” che ne sostengono il ritorno. Solo una straordinaria e diffusa azione dal basso, accompagnata da una praticabile, convincente e desiderabile alternativa, possono ricostruire le condizioni, già oggi infrante, per un dibattito democratico.

Occorre sapere che più della metà di tutti i finanziamenti all’energia nucleare proviene da un gruppo di soli dieci istituti finanziari internazionali; che le grandi banche che si occupano della privatizzazione dell’acqua sono tutte coinvolte anche nei progetti di ripresa dell’atomo civile; che l’interesse militare resta esplicito, determinante e contiguo; che ENEL – principale attore italiano per l’energia da fissione – ha rastrellato in un anno dai piccoli risparmiatori 15 miliardi di obbligazioni aventi come destinazione probabile gli EPR francesi, mentre ha già destinato 20 milioni di euro alla “comunicazione pro-nucleare” (vengono da lì anche gli opuscoli – di cui abbiamo già trattato in questo blog – distribuiti in gran numero da alcune diocesi). Ormai ogni sera a Zapping, trasmissione molto seguita di Radio1, il conduttore Forbice affida ai sostenitori dell’atomo quindici minuti di propaganda senza contradditorio sotto il titolo: “Nucleare, sì grazie”. Repubblica dà sempre più spazio agli “ecologisti pentiti” che elogiano l’apporto dell’uranio alla riduzione dei gas serra e magnifica sulle proprie pagine economiche la modularità e la redditività di inesistenti “minireattori” di nuova concezione. La ministra Gelmini dà l’appoggio del suo ministero alla creazione di corsi all’Università di Genova più inclini alla propaganda che allo studio del ciclo dell’uranio a fini energetici. E non siamo che all’inizio…

Mille assemblee come a Viadana, allora! Ma anche incontri nelle scuole e negli atenei, dibattiti serali, contradditori richiesti ai media locali e nazionali, banchetti e gazebo di incontri nelle piazze per la raccolta di firme sul progetto di legge di iniziativa popolareSì alle rinnovabili, No al nucleare”. Per non essere travolti oggi e lamentarci domani…

Mario Agostinelli

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Cassazione: via libera al referendum sul nucleare proposto da Idv

(AGI) – Roma, 10 nov. – Il quorum delle 500mila firme è stato ampiamente superato. Per questo, l’ufficio centrale per i referendum della Cassazione si appresterebbe a dare il suo via libera al referendum, presentato dall’Italia dei Valori, contro la legge delega sul nucleare. Il partito guidato da Antonio Di Pietro aveva presentato, lo scorso 29 luglio, firme anche per altri due quesiti referendari, inerenti la legge sul legittimo impedimento e la privatizzazione dell’acqua: su questi, la Suprema Corte, stando a quanto si è appreso, ancora non ha terminato il vaglio delle sottoscrizioni consegnate dall’Idv.

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I Comuni sul Po: NO al nucleare!

Più di trecento persone hanno partecipato all’assemblea del Coordinamento anti-nucleare, indetta dal Comune di Viadana per concordare iniziative di contrasto e di protesta contro la realizzazione di una centrale nucleare. Al termine di oltre due ore di dibattito, è stata lanciata una bozza di documento, da sottoporre a tutti gli enti locali del Po, contenente proposte a 360 gradi (raccolte firme, incontri pubblici, sostegno alle fonti alternative, mozioni, manifestazioni).

Leggi l’articolo della GAZZETTA DI MANTOVA >>>

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Giovani Democratici lombardi sul nucleare

Nucleare? Le bugie di Formigoni e la scommessa mancata delle energie rinnovabili

Il neo-ministro Paolo Romani rimette in pista la questione di una centrale nucleare in Lombardia. Formigoni, Presidente della Regione Lombardia, si dice disponibile. Ma, non è lo stesso Roberto Formigoni che in campagna elettorale aveva dichiarato: “Il nucleare? Mai in Lombardia.”? Proprio lui. E oggi, a urne chiuse e comodamente insediato sulla più alta poltrona, ha cambiato idea.

“Un atteggiamento opportunista e servile” commentano Silvia Gadda, Segretaria dei Gd lombardia, e Giuseppe Bufalino, esperto delle tematiche ambientali per i giovani del PD. “Oggi ci svegliamo con la favola del nucleare che ritorna all’attenzione. Ci svegliamo con la prospettiva di una centrale nucleare in Lombardia (le zone possibili del sito sono: lungo il Po tra Cremona e Mantova oppure nell’alto lago di Como) e sorprendentemente il presidente Formigoni non muove un dito per smentire o prendere una posizione netta contro il nucleare in Lombardia”.

I Giovani Democratici della Lombardia prendono una posizione netta non solo contro il nucleare in Lombardia (uno dei problemi del nucleare sarà anche quello di superare la sindrome NIMBY Not In My Back Yard), ma soprattutto contro questo progetto scellerato di sviluppo economico ed energetico della destra che punta sulla reintroduzione del nucleare e dimentica di investire seriamente sulle energie rinnovabili.

I Giovani Democratici della Lombardia dicono un No deciso e motivato al ritorno del nucleare in Italia!

No al nucleare inutilmente costoso quando con gli stessi soldi si potrebbe investire da subito su energie rinnovabili e il loro potenziamento nel territorio Nazionale!

No al nucleare perché non siamo disposti a pensare a uno smaltimento dei rifiuti tossici gestito come lo smaltimento dei rifiuti di Napoli.

agli investimenti sulla ricerca, unica strada per sviluppare sistemi sicuri e efficienti per la produzione dell’energia.

al risparmio energetico come obiettivo per il rispetto dell’ambiente e il miglioramento delle condizionidi vita di tutti noi.

a una pianificazione europea della produzione di energia per valorizzare le strutture già esistenti e massimizzarne al resa.

Come Giovani Democratici della Lombardia pretendiamo di avere un Italia al passo degli altri paesi europei e gli USA, un paese che investa più sulle energie rinnovabili, sulle risorse ambientali del territorio e che attui una politica coraggiosa improntata alla green economy. E non un paese e un governo che si nasconda dietro favole e grandi bugie.

Pubblicato da GD Lombardia

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Articolo da Il Fatto Quotidiano

FACCIAMO DERAGLIARE IL TRENO DEL NUCLEARE

dal Blog di Mario Agostinelli

È partito il treno del nucleare”, titolava giorni fa un giornale aziendale dell’Enel. Per la verità, più che un treno lo definirei una littorina, ma avendo il governo approntato un solo binario (non sono ammessi contradditori alla comunicazione filo-nucleare) il rischio che arrivi a destinazione traballante e con macchinisti inesperti – tipo l’ancor ambizioso Veronesi alla guida dell’Agenzia – è più che reale. Bisogna allora che ci si doti di una strategia comunicativa adeguata, sapendo che il Cavaliere farà di tutto per “convincere gli Italiani” che guardano le sue televisioni. Innanzitutto, bisogna non essere ripetitivi e non dar nulla per scontato, oltre a delineare alternative desiderabili. Così, di tanto in tanto, su questo blog riprenderò distinti argomenti su cui sembra concentrarsi la ricerca di consenso per il cosiddetto Rinascimento (!) nucleare. Oggi mi vorrei concentrare sulle ragioni politico-culturali del rilancio dell’atomo e sulla propaganda bugiarda sulla riduzione dei costi e delle bollette elettriche che ci regaleranno i megareattori francesi.

Perché mai i leader di governo occidentali che nel perdurare della crisi constatano un declino di consenso tra gli elettori, si ostinano a scaricarne i costi sui lavoratori e i pensionati, a difendere strenuamente le banche, mentre, contemporaneamente, ridanno attualità al nucleare? Vale per il tentennante Obama che sulla scia di Bush riapre all’atomo, per la Merkel che guida la svolta liberista in Europa e prolunga di 12 anni la vita dei suoi reattori, per l’impopolare e antipopolare Sarkozy che piazza all’estero, ovunque possibile, gli Epr francesi sempre più costosi. E, naturalmente, vale per il Cavaliere e i suoi sodali, che imbarcano medici, scienziati, giornalisti ed economisti per una operazione mediatica in grande stile a favore del “nucleare meno costoso e più sicuro”, che dovrebbe piazzare impianti e scorie dalla pianura padana alle coste adriatiche e tirreniche.

Chi predica tagli e rigore a senso unico e alimenta l’illusione di una crescita a dispetto della salute e dell’ambiente naturale, in realtà ha deciso di non cambiare nulla e di curare la malattia con le ricette che l’hanno provocata, prospettando un futuro che, per mantenere il dominio dei poteri attuali, comporterà più autoritarismo, più ingiustizia sociale, guasti climatici sempre maggiori. E quale tecnologia è più congeniale a questo scenario di una produzione di energia militarizzata come quella nucleare e celebrativa fino al gigantismo del modello centralizzato delle fonti fossili oggi alla frutta? Non c’è bisogno di consenso democratico, ma basta il controllo dei media per assicurare un ordine che ha nella continuità del mito della crescita e nell’immutabilità della politica economica e industriale la sua giustificazione. E qui casca l’asino. È vero che le centrali atomiche hanno un fascino simbolico ed evocano illimitata potenza, ma solo in un immaginario che non regge alla prova dei fatti. Perciò i loro sostenitori sono obbligati a manipolare e nascondere l’informazione e a fare della bugia mediatica il terreno su cui giocare la partita. Spiegare che si lavora per un prossimo nucleare sicuro significa ammettere che quello attuale non lo è. Ed equivale a impedire che si realizzi un sistema energetico già disponibile, alternativo alle infrastrutture degli affari, decentrato, rinnovabile, integrato nei cicli naturali, governato democraticamente.

Per quanto riguarda i costi, i giornali hanno dato grande evidenza a uno studio commissionato da Enel e Edf e presentato dallo Studio Ambrosetti al Forum di Cernobbio per convincerci degli effetti miracolosi del nucleare sull’economia agonizzante. Il rapporto appare francamente bugiardo, poiché fa riferimento ad alcuni studi non propriamente aggiornati per prevedere un costo di produzione nucleare pari a 60 €/MWh, quando le stime più recenti del governo statunitense (Energy Outlook 2010) indicano che nel 2020 l’elettricità nucleare (86 €/MWh) sarà più costosa dell’eolico, del gas e del carbone. Inoltre, quando si parla di mettere in linea 13 mila MW di nucleare come nel piano del Governo, significa pensare di mandare in pensione una bella fetta di centrali esistenti, visto che attualmente abbiamo il doppio delle centrali necessarie e che anche per questo il costo del MW termico è alto, non potendo sfruttare appieno la potenza degli impianti. A proposito di bolletta non è mai sufficiente ripetere che i prezzi italiani dei consumi domestici (la bolletta che ciascuno di noi riceve a casa) sono mediamente inferiori del 4% ai livelli medi europei per consumi popolari. Solo per consumi superiori (2.500-5.000 kWh) i prezzi si collocano sopra della media europea, a livello di danesi, irlandesi, austriaci e tedeschi (che il nucleare ce l’hanno). E allora, perché nella crisi in corso dovremmo desiderare che da una parte ci abbassino salari e pensioni, e dall’altra ci tolgano diritti e democrazia, facendoci anche pagare più cara la luce?

A cura di Mario Agostinelli

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