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Manifesto “Dalle fossili alle rinnovabili”

Realizzare un sistema energetico sostenibile per l’Italia e richiedere al Governo un Piano per la transizione dalle fonti inquinanti a quelle verdi ed alternative. Con queste finalità nasce il Manifesto “Dalle fossili alle rinnovabili” di EnergoClub Onlus, articolato progetto di azioni concrete rivolto a famiglie ed imprese intenzionate a contribuire alla transizione sopracitata.

Il Manifesto, che è stato presentato il 24 febbraio a Pescara, ha lo scopo di permettere alle famiglie e alle imprese di partecipare al cambiamento energetico del Paese, propone azioni concrete alle famiglie e alle imprese tramite i progetti di EnergoClub e quindi vuole promuovere il cambiamento a cominciare “dal basso”.

L’energia è alla base delle strategie di sviluppo del nostro Paese e ne condiziona sostenibilità, progresso, grado di benessere. L’attuale sistema italiano, basato per circa il 90% su fonti fossili inquinanti, costose, limitate e gestite da pochi Paesi politicamente instabili determina conseguenze gravi sull’economia, l’ambiente e la salute dei cittadini.

AMBIENTE: l’industrializzazione ha alterato il ciclo naturale del carbonio portando l’anidride carbonica a concentrazioni tali da provocare profondi mutamenti climatici e, anche in Italia, fenomeni di desertificazione, eventi atmosferici estremi, innalzamento dei mari, riduzione della biodiversità, alterazione degli ecosistemi. A livello europeo il 66% delle emissioni totali di gas a effetto serra derivano dalla produzione di energia elettrica e termica e dal consumo di energia nelle abitazioni, nell’industria e nei trasporti.

ECONOMIA: oltre a comportare una spesa di circa 50 miliardi di euro all’anno per l’importazione, la forte dipendenza dai combustibili fossili è una delle principali cause del debito di 700 milioni euro accumulato nel periodo 2008-2011 per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. È grazie all’incremento della produzione di energia elettrica da rinnovabili che, nello stesso periodo, si è ottenuta una riduzione pari al 40% del taglio delle emissioni climalteranti rispetto al 1990 previsto per l’Italia (14 milioni di tonnellate/anno). In Italia le fonti rinnovabili – combinate con efficienza e risparmio energetici – sarebbero competitive e sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico e generare un’occupazione tale da contribuire al rilancio dell’economia.

SALUTE: l’elevata concentrazione di polveri (PM10, PM2,5, polveri ultra fini, nanoparticelle, black carbon) e sostanze inquinanti nelle aree densamente urbanizzate e industrializzate rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie respiratorie e cardiovascolari, soprattutto per la presenza di prodotti di combustione carboniosi nella composizione del particolato fine. Ogni anno in Europa sono quasi 400.000 i decessi prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico e oltre 100.000 i ricoveri ospedalieri per malattie dovute agli attuali livelli di particelle sospese nell’aria. Il rischio per la salute pubblica è paragonabile a quello degli incidenti automobilistici o del tabagismo.

RISORSE: a conferma dell’insostenibilità dell’attuale sistema, gli esperti sottolineano il raggiungimento del picco dell’estrazione del petrolio – una risorsa finita formatasi in milioni di anni e consumata nell’arco di appena due secoli, generando tensioni, guerre e crisi economiche – e l’inizio del declino della sua disponibilità. Le fonti rinnovabili sono inesauribili, ampiamente disponibili, per loro natura libere e distribuite, non generano conflitti e sono prodotte vicino ai luoghi d’utilizzo. Si chiude, dunque, l’era del petrolio. Si va ad inaugurare l’era delle fonti rinnovabili.

Sulla base di queste premesse EnergoClub invita i cittadini a sottoscrivere i valori alla base del

MANIFESTO PER L’ENERGIA SOSTENIBILE

“Dalle fossili alle rinnovabili”

per costruire insieme un sistema energetico sostenibile per l’Italia e richiedere al Governo italiano un Piano per la transizione dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili.

Per sottoscrivere il Manifesto: Adesione al Manifesto

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Pomodori e pannelli

di Angelo Consoli

L’art 65 del decreto liberalizzazioni ha fatto partire una discussione sulla necessità di preservare il territorio dal silicio. Con un intervento assolutamente non programmato è stata inserita da questo articolo una nuova normativa che tenta di regolare il delicato rapporto fra agricoltura e rinnovabili, tagliando demagogicamente a colpi di slogan questioni molto complesse che necessitano un tavolo di discussione serio e approfondito. Da ultimo, il Ministro Clini, novello fustigatore di speculatori delle rinnovabili” (quelli del petrolio o del nucleare non sembrano avergli mai dato troppo fastidio!), ha affermato che “nei campi bisogna far crescere i pomodori, non il silicio, annunciando ulteriori “punizioni” per gli immondi affamatori di esseri umani che preferiscono impiantare pannelli fotovoltaici piuttosto che cibo.

A parte che in provincia di Brindisi per centinaia di ettari non si possono più coltivare nè pomodori, nè carciofi, ne ulivi, nè lattuga, nè zucchine, nè nient’altro destinato all’alimentazione umana, e non è per il fotovoltaico ma per il carbone della centrale ENEL di CERANO, (e i cittadini stanno ancora aspettando un’impennata di indignazione del Ministro anche su questo…) credo che sia venuto il momento di mettere ordine nei pensieri senza facili demagogie, nè pilatesche fughe in avanti.

E perciò sento il dovere di intervenire in questa discussione che sento un po’ (molto) anche mia, in quanto ho contribuito a elaborare le linee guida per l’energia e le produzioni sistemiche per lo Slow Food e per Terra Madre (che troverete a questa pagina web) e le ho illustrate a Terra Madre 2010 nel panel dell’assemblea finale.

Metto subito, come si suol dire, le mani avanti, per chiarire che nessuno più di me è convinto che la terra fertile e il territorio vadano usati per l’agricoltura e non per il fotovoltaico! A ulteriore riprova, mi auto citerò in un articolo sull’argomento che ho scritto insieme a Carlo Petrini n relazione alla situazione Pugliese comparso in prima pagina su Repubblica il 17 aprile 2010 dal titolo PANNELLI FOTOVOLTAICI VIA DALLE CAMPAGNE, che valorizzava un accurato studio scientifico dell’ARPA Puglia, ingiustamente trascurato dalle istituzioni (in caso non ne abbiate abbastanza di questo post, lo potrete leggere a questo link). Ciò detto però, devo dire che non mi convincono le norme a presunta tutela del territorio agricolo frettolosamente incluse nel decreto liberalizzazioni e INSISTO per la soppressione pura e semplice dell’art. 65 che le ha introdotte. NON E’ UNA QUESTIONE DI MERITO MA DI METODO.

Si sperava ch questo governo a differenza del precedente avrebbe chiuso con la politica opportunistica di infilare di straforo provvedimenti che necessitano una attenta discussione e riflessione, in atti legislativi che non c’entrano niente solo per fare un favore a questa o quella lobby.

Non entro nel merito delle previsioni dell’art 65 (che prevedono maggiori incentivi per impianti su serre senza alcuna limitazione e pongono limitazioni retroattive a molti altri impianti su terreni agricoli e non). Dico solo che il rialzo degli incentivi alle serre è speculativo anch’esso, se non è accompagnato da regole per la presentazione di piani agronomici e commerciali validi e credibili per quello che si deve coltivare sotto le serre.

Se non parto da quello che deve essere coltivato sotto la serra, innanzitutto assicurandomi che la situazione di ombreggiamento lo permetta, e poi garantendogli un mercato perchè i prodotti non rimangano sulle piante (come succede troppo spesso anche fuori dalle serre), allora la serra sarà solo una scusa per aggirare il divieto di fotovoltaico su terreni fertili.

Fare 25 MW di serre a Su Scioffu in Sardegna, con capitali indiani e manodopera americana, senza garantire che i prodotti sottostanti abbiano una filiera commerciale che giustifica i pannelli soprastanti, è speculativo quanto farli a terra, e nel frattempo l’agricoltura sarda muore, come quella siciliana, pugliese e di tutto il Paese.

Quindi ha ragionissima chi risponde a Clini che non è vietando gli impianti fotovoltaici che si rilancia il mercato del pomodoro. Quello che ammazza la nostra agricoltura, caro Clini, è la filiera intermediaria parassitaria. Esattamente come nell’energia! Abbiamo il paradosso del tarocco siciliano che rende solo 0,09 cents al produttore di Catania, ma costa 2,5 al consumatore di Milano. Chi si fotte tutta la plusvalenza? Il sistema mafioso-intermediario della logistica (e questo vale per tutto il paese non solo per la Sicilia: il Comune di Fondi dove è intervenuto un decreto prefettizio di scioglimento per infiltrazioni mafiose dovute ai suoi mercati generali, è nel Lazio e non in Sicilia!).

Ovunque ci sia grande distribuzione centralizzata di orto frutta e altri prodotti agricoli, vengono “spremute” le due estremità (produttori e consumatori) a esclusivo vantaggio dei parassiti intermedi.

Poi abbiamo il paradosso del bilancio carbonico esagerato anche per prodotti che potrebbero essere a chilometro zero, solo perchè i sistemi di distribuzione sono orientati esclusivamente al profitto. Un caso di scuola è ormai quello famosissimo dei pomodori di Pachino che potrebbero essere venduti a chilometro zero a Siracusa, e invece vengono trasportati nelle grandi centrali di imballaggio nel nord per poi ritornare negli ipermercati della grande distribuzione siciliana, e da chilometro zero diventano a chilometro 1.800! Ma perchè? Npon si possono imballare localmente, dando lavoro a impianti i imballaggio locali? No!

Abbiamo creato il mostro della grande concentrazione anche in agricoltura, che appesantisce il bilancio carbonico di tutti i prodotti solo per fare delle economie di scala che alzano mostruosamente i profitti e comprimono l’occupazione. E in Italia ci va ancora bene perchè i contadini che si suicidano per questo sistema che li estromette dai mercati, non sono moltissimi. In India l’industrializzazione del cibo causa almeno 20.000 morti l’anno di “contadini che si suicidano perchè non riescono a far fronte ai debiti contratti per acquistare sementi, fertilizzanti e pesticidi” (Carlo Petrini, TERRA MADRE,2008 Slow Food editore, pag 84).

Dunque, perchè un contadino trovi conveniente continuare a coltivare il pomodoro o il tarocco, bisogna metterlo in condizione di guadagnare di più. diventando competitivo sia con interventi di abbattimento dei suoi orripilanti costi energetici (irrigazione, trasporti, refrigerazione, calore di processo), magari attraverso interventi mirati di rinnovabili (energia rinnovabile in funzione dell’agricoltura e non viceversa) che attraverso interventi di ordine pubblico contro l’illegalità nel settore, dal caporalato, all’aggiotaggio dei mercati generali). Nessun agricoltore sarebbe pronto a cedere i suoi terreni per grandi impianti speculativi se avesse la possibilità di guadagnare il giusto dai frutti della terra, e questa possibilità non ce l’ha perchè il mercato è distorto per mancanza di regole o per mancata applicazione delle stesse. Per mancanza di legalità. Cioè per mancanza di Stato!

Allora la soluzione è una politica nazionale di incoraggiamento fattivo dei giovani alle terre incolte, garantendo loro il mercato e il reddito per i primi anni attraverso politiche di incoraggiamento dei mercati di prossimità un ritorno ai mercatini di prossimità, dove si incontrano direttamente produttori e consumatori, senza intermediari, con adeguate e intensive campagne di comunicazione, invasive e penetranti almeno quanto quelle dei gioielli e generi di lusso (in fondo De Andrè ci ricordava che “dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior…”).

Ecco allora come l’intervento pubblico può essere efficace per regolare il problema dell’uso del territorio per gli impianti energetici: non con divieti e proibizioni, ma rendendo competitiva e redditizia l’agricoltura. E questo non solo a livello nazionale ma anche nei piani regionali o comunali. Esemplare in questo senso il Master Plan di Roma Capitale ispirato alla visione di Jeremy Rifkin e di Carlo Petrini, tradotto nel Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile elaborato da me e Livio De Santoli che prevede proprio interventi di rivalorizzazione della biosfera dell’agro romano, formando e affidando a cooperative di giovani le terre incolte e garantendo lo sbocco sul mercato con interventi di favore per i mercati diretti. Questo piano, per ora solo sulla carta, può fare di Roma Capitale il faro del recupero in chiave umana delle politiche energetiche, ispirandole alle leggi della termodinamica, al rispetto della biosfera e alla valorizzazione della biodiversità e dell’enogastronomia locale. Ci si aspetterebbe che, una volta smesso di spalare la neve e le critiche più o meno ingenerose, l’attuale sindaco si ricordasse di essere stato un buon ministro per le risorse agricole e forestali, e delle impulso agli impegni che ha preso con Jeremy Rifkin e Carlo Petrini, realizzando il piano preparato dal team del professor De Santoli.

Tutto questo dimostra come una materia tanto articolata e complessa non possa davvero essere affrontata marginalmente dall’articolo 65 del DL Liberalizzazioni ma deve essere invece affrontata in modo sistemico (specialmente da un governo tecnico in cui, per fortuna, il Primo Ministro non ha origini “mafiose” come il precedente).

In conclusione si tratta di una materia tanto complessa che non può essere affrontata totalmente fuori contesto, in margine a un decreto liberalizzazioni che e si occupa di apertura del mercato di tassisti, farmacie, notai e scorporo rete del gas etc. Una materia che merita una riflessione attenta e non soloi slogan demagogici ad effetto, da parte di ministri in cerca di popolarità a buon mercato! Anzi, a proposito, se si doveva “liberalizzare” l’energia rinnovabile, non avrebbero piuttosto dovuto mettere mano al monopolio di ENEL distribuzione per la media e bassa tensione, al monopolio del credito da parte delle banche, e alla semplificazione normativa, ad esempio abolendo l’infamissimo registro degli impianti che, introdotto dal decreto Romani, ha spiazzato e messo fuori gioco migliaia di piccoli operatori, bloccandone la crescita e facendoli fallire come mosche? E non solo piccoli. La Solon è fallita la settimana scorsa mettendo centinaia di famiglie in mezzo alla strada in Veneto. La Solsonica sta per fallire a Rieti. E sono solo alcune delle migliaia di vittime fatte dal Killer-Romani con il suo decreto che ha introdotto la più alta instabilità e incertezza normativa in un settore che invece in tutto il mondo vive di stabilità e certezza. Stabilità e certezze che possono essere ottenute solo con interventi ragionati e sistemici (e aggiungo, condivisi) e certo non con quattro righe in un velleitario articolo 65 in un DL liberalizzazioni totalmente fuori tema. Per questo, parafrasando Catone il Censore concludo con una sola esortazione, che ripeterò fino alla noia: “ART. 65 DELENDO EST!”

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Proposta editoriale: “Energia, un nuovo inizio”

Segnaliamo che è uscito dalla tipografia il nuovo libro “Energia, un nuovo inizio“.

Si scrive energia, ma si pronuncia costruzione di una nuova economia e di una nuova società. Un progetto entusiasmante per il quale vale la pena impegnarsi. (dalla Prefazione di Francesco Gesualdi).

L’energia è indispensabile alla nostra vita quotidiana e il modo in cui viene prodotta influenza l’aria che respiriamo, il paesaggio in cui viviamo e le relazioni con gli altri paesi del mondo: per questo le scelte energetiche non possono essere delegate ad una ristretta cerchia di tecnici. Il progressivo esaurimento delle fonti fossili, l’aumento delle emissioni climalteranti e la crescente fame di energia di un pianeta sempre più popolato hanno fatto scrivere all’Agenzia Internazionale per l’Energia: “Il sistema energetico mondiale è a un crocevia. I trend globali odierni di domanda e offerta sono manifestamente insostenibili da un punto di vista ambientale, economico e sociale”. La questione energetica, oggi più che mai, riguarda direttamente tutti noi e possiamo dotarci di strumenti per comprendere i problemi ed agire in concreto. Il libro si propone di spiegarlo in maniera documentata, evitando i tecnicismi degli addetti ai lavori, illustrando le opportunità presenti, in modo autonomo da costruzioni preconcette o ideologiche.

Per quanto riguarda l’Italia, l’autore, dati alla mano, sfata alcuni radicati luoghi comuni: bollette elettriche più alte d’Europa, deficit di centrali elettriche, crescita continua dei consumi, paese poco virtuoso. E svela per la prima volta i meccanismi di formazione del prezzo: la borsa dell’energia. La documentazione offerta nel libro smonta la convinzione che le fonti rinnovabili siano inutili e accessorie. In realtà siamo un paese che sta sviluppando il settore della generazione verde in maniera decisa, producendo energia e posti di lavoro; un paese che cerca di non sprecare energia, e che, soprattutto, ha necessità di abbandonare l’eccessiva dipendenza dalle fonti fossili, immaginando un futuro più sicuro dove il sistema energetico alimenti una società migliore.

Il libro è illustrato con le immagini realizzate dagli allievi dell’Istituto Europeo di Design di Milano nell’ambito di una collaborazione tra MC e IED decisa a sperimentare un progetto di comunicazione visiva realizzato da giovani illustratori su un tema cruciale per il futuro del pianeta.

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Debito pubblico: appello dalla Francia

Dalla Francia proviene un appello per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visionare come è fatto quel debito, come è stato contratto a favore di chi e di quali interessi. Noi vogliamo fare nostra questa proposta per rivedere in profondità l’entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta elite e non certo per favorire le spese sociali, l’istruzione, la cultura, il lavoro.

Una proposta che serve per impostare un’altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell’ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l’1% del pianeta.

APPELLO PER UN AUDIT DEI CITTADINI SUL DEBITO PUBBLICO

Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza… pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente… viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire. “Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi”, questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Ora “occorre rimborsare il debito” ci si ripete mattina e sera. “Non abbiamo scelte, occorre rassicurare i mercati finanziari, salvare la buona reputazione, la tripla A”. Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti.

Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa. Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo venti anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità? Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea?

Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie. Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune. In fine dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire? Noi ci mobiliteremo nelle nostre città, nei quartieri, nei villaggi, nei nostri luoghi di lavoro, lanciando l’idea di un grande audit del debito pubblici. Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva.

 

Primi firmatari: Marie-Laurence Bertrand (CGT); Jean-Claude Chailley (Résistance sociale); Annick Coupé (Union syndicale Solidaires); Thomas Coutrot (Attac); Pascal Franchet (CADTM); Laurent Gathier (Union SNUI-Sud Trésor Solidaires); Bernadette Groison (FSU); Pierre Khalfa (Fondation Copernic); Jean-François Largillière (Sud BPCE); Philippe Légé (Économistes atterrés); Alain Marcu (Agir contre le Chômage!); Gus Massiah (Aitec); Franck Pupunat (Utopia); Michel Rousseau (Marches européenne); Maya Surduts (Collectif national pour les droits des femmes); Pierre Tartakowsky (Ligue des droits de l’homme); Patricia Tejas (Fédération des Finances CGT); Bernard Teper (Réseau Education Populaire); Patrick Viveret (Collectif Richesse) ; Philippe Askénazy, économiste; Geneviève Azam, économiste; Étienne Balibar, philosophe; Frédéric Boccara, économiste; Alain Caillé, sociologue; François Chesnais, économiste; Benjamin Coriat, économiste; Cédric Durand, économiste; David Flacher, économiste; Susan George, écrivain; Jean-Marie Harribey, économiste; Michel Husson, économiste; Stéphane Hessel, écrivain; Esther Jeffers, économiste; Jean-Louis Laville, sociologue; Frédéric Lordon, économiste; Marc Mangenot, économiste; Dominique Méda, sociologue; Ariane Mnouchkine, artiste; André Orléan, économiste; Dominique Plihon, économiste; Christophe Ramaux, économiste; Denis Sieffert, journaliste; Henri Sterdyniak, économiste.

 

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Bioeconomia e sviluppo, di Massimo Pieri

Breve riassunto della relazione di Massimo Pieri che si è tenuta oggi, martedì 22 novembre 2011, a Milano.

La bioeconomia si pone in opposizione all’economia classica che è la visione corrente del processo economico. Viene presentata la Funzione di Cobb-Douglas, secondo la quale il capitale finanziario ha il sopravvento sulle risorse. Secondo questo schema si propone una visione meccanicistica del mondo. I processi economici si susseguono periodicamente senza considerare che ci siano limiti ambientali e di risorse.

In questo contesto si sviluppa una critica allo “sviluppo sostenibile”, che è uno dei concetti più nocivi che si possano pensare, che è un ossimoro o una antinomia. È fallita l’idea che “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (Rep. Brundtland, 1987). Analisi dei termini di povertà, consumo, rifiuto, green-economy, rendimento, energia rinnovabile.

Rapporto tra entropia e economia: un punto fondamentale sta nell’impossibilità di poter riprodurre i processi, nel tempo, trascurando la degradazione di risorse e attrezzature, secondo la Legge dell’Entropia. Il reale prodotto dei processi economici è il godimento della vita che dipende da tre elementi: il flusso dei beni consumati, il tempo libero e il tempo lavorativo. La bioeconomia considera i processi economici come processi vitali e quindi irreversibili. Tutto ciò che ha una qualche utilità e consumo è costituito da bassa entropia.

I concetti fondamentali della bioeconomia sono:

– l’attività economica di ogni generazione ha un’influenza su quella delle generazioni successive;

– è necessario ridurre il consumo di energie e di risorse, come l’inquinamento locale e globale;

– si deve incrementare il lavoro con competitività nell’agricoltura e nell’industria, lavorare meno per lavorare tutti;

Alcuni principi devono essere presi in considerazione in questo cambiamento: di precauzione, di valutazione del rischio, di omeostasi, di accessibilità, di adattamento, di etica, di solidarietà, di riparazione, di negoziato, di extraterritorialità, di decrescita. A partire da queste considerazioni si può allora elaborare un programma per lo sviluppo che implichi programmi di adattamento, programmi energetici, programmi per il cambiamento climatico e programmi di bioeconomia differenziata.

 

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