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Dichiarazione del Movimento europeo per l’acqua dopo il FAMA di Brasilia

Dal 17 al 22 marzo 2018, una delegazione di circa 20 membri del Movimento Europeo dell’Acqua, ha partecipato al Forum Mondiale Alternativo sull’Acqua (FAMA, Foro Alternativo Mundial da Agua) a Brasilia: l’alternativa concreta al World Water Forum, organizzato dal World Water Council, che rappresenta la voce delle multinazionali e della Banca Mondiale.

Movimenti sociali, sindacati, comunità locali, gruppi femministi e popoli indigeni si sono riuniti per combattere le multinazionali che vogliono trasformare l’acqua in una merce e promuovere la finanziarizzazione dei sistemi idrici e degli ecosistemi, privatizzando le risorse e mercificando un diritto umano.

Il FAMA è stato un evento caldo e pieno di speranza, che ha riunito 7000 attivisti provenienti da diversi luoghi e facilitato lo scambio di sfide, esperienze e soluzioni. Ancora una volta è stata confermata l’importanza di approfondire e rafforzare le posizioni e le connessioni tra movimenti sociali, sindacati, popolazioni indigene e comunità locali. È emerso inoltre quanto sia cruciale concentrarsi sulle lotte delle donne contro la privatizzazione della natura e il patriarcato.

Nel frattempo, le multinazionali e gli Stati riuniti nel “forum delle multinazionali ” hanno affermato che stanno cercando azioni positive sull’acqua, come affermato nella Dichiarazione ministeriale. Tuttavia, la loro azione non va decisamente nella direzione di una sincera promozione del riconoscimento e dell’attuazione del diritto umano all’acqua.

La deforestazione, l’agroindustria e il progetto idroelettrico non sono nemmeno menzionati nella Dichiarazione ministeriale, ma l’impatto dell’agroindustria e dell’ accaparramento delle fonti idriche sono una delle preoccupazioni fondamentali per le popolazioni indigene, i piccoli agricoltori e i movimenti di base. In effetti, le conseguenze dell’agroindustria, come ampiamente discusso durante la FAMA, sono catastrofiche: fiumi inquinati, livelli di acquiferi in declino, scomparsa di sorgenti, minaccia al regime idrico, siccità legate alla deforestazione. L’agricoltura familiare e la pesca sono messe in discussione, hanno luogo sempre piu’ sfratti forzati, la terra è monopolizzata, i biotopi sono in pericolo.

Tutto ciò a vantaggio di grandi banche o fondi pensione in Olanda, Svezia o Germania i cui beneficiari spesso non sono consapevoli che la loro pensione causa la violazione dei diritti umani delle popolazioni indigene e la distruzione dell’ambiente.

I partecipanti al forum delle imprese hanno insistito sulla necessità di “rispettare il diritto di ogni essere umano, indipendentemente dalla condizione e luogo di vita, alla sicurezza dell’acqua potabile ed ai servizi igienico-sanitari come diritti umani fondamentali”, ma mirano a farlo attraverso una cooperazione impossibile tra settore pubblico e quelli interessati dalla privatizzazione. Tale “cooperazione” non esisterà mai!

In effetti, la Dichiarazione ministeriale menziona a malapena il riconoscimento del diritto umano all’acqua di cui alla risoluzione ONU 64/292. Non a caso, infatti, tale diritto non è ancora goduto in nessuna parte nel mondo e l’accesso all’acqua è ancora subordinato alla logica di trasformare un diritto umano in una questione di accessibilità economica, fondata sul ruolo del settore privato nella presunta applicazione di un tale diritto.

Certamente, la parola privatizzazione non è nemmeno menzionata nella Dichiarazione ministeriale, mentre tutti quelli che si sono riuniti al FAMA ripetutamente e chiaramente hanno affermato che questo è il problema cruciale che colpisce le persone in tutto il mondo.

Denunciando la privatizzazione e finanziarizzazione della natura da parte delle società e delle istituzioni finanziarie multilaterali, la dichiarazione finale della FAMA ha descritto l’impatto di queste politiche sulla natura (e più in generale sulle disuguaglianze sociali) e le loro responsabilità in materia di criminalizzazione, minacce e uccisioni di difensori dei diritti ambientali.

Il FAMA ha denunciato le violazioni dei diritti umani all’acqua, ma ha anche promosso alternative efficaci, dall’agroecologia su piccola scala alle partnership pubblico-pubblico e pubblico-comunitario.

L’EWM ha contribuito all’ampio dibattito facendo conoscere le esperienze di lotta europee ed ha sottolineato come l’impatto negativo della mercificazione dell’acqua e della privatizzazione sia una preoccupazione condivisa.

Come EWM ci ispiriamo alla lotta del movimento dell’acqua in America Latina ed in Brasile e torniamo nei nostri territori convinti che rafforzare la cooperazione sia fondamentale per combattere la privatizzazione e ottenere giustizia idrica. Le nostre lotte sono intrecciate. Non solo perché, come tutti sappiamo, la maggior parte delle maggiori multinazionali responsabili della privatizzazione e l’accaparramento d’acqua hanno il loro quartier generale in Europa, ma ancor più per l’importanza cruciale che le risorse idriche, ad esempio l’acquifero Guarani, hanno a livello globale.

Combattiamo lo stesso nemico, che implementa politiche simili con diverse “facce” sia nel Nord Globale che nel Sud Globale. Quindi, dobbiamo condurre queste lotte sia a livello locale, nelle nostre comunità in una prospettiva globale. Le politiche di privatizzazione dell’acqua e di accaparramento dell’acqua sono elementi insiti nel capitalismo neoliberista, basato sullo sfruttamento della natura, delle persone e dei corpi (e ancora di più delle donne!). Dobbiamo rispondere insieme, costruendo alleanze e strategie.

Come ribadito al FAMA l’acqua è un bene comune e garantisce la vita dei popoli e degli ecosistemi. Deve essere protetto dallo sfruttamento, dall’accaparramento e garantito come diritto umano nelle leggi e nelle pratiche (anche attraverso politiche di non discriminazione, trasparenza, solidarietà e sostenibilità).

Così come si riconosce la sacralità dell’acqua nelle sue diverse forme e l’importanza della saggezza e delle pratiche tradizionali che devono essere difese come parte di questa lotta, radicata nella vita dei territori e dei popoli.

Come EWM ci uniamo alla lotta di tutti coloro che denunciano le politiche neo-liberiste e la complicità tra le élite politiche ed economiche che agiscono a favore della mercificazione e della privatizzazione dell’acqua. La partecipazione dei cittadini, delle comunità e dei popoli è una componente cruciale per una gestione democratica delle risorse idriche. Questa si basa sull’uguaglianza e sulla cooperazione, ma anche sull’accesso alle informazioni e agli strumenti di partecipazione. Se fossero sinceri nello loro sforzo per trovare azioni positive sull’acqua, i governi dovrebbero sostenere una gestione del bene comune acqua veramente democratica e pubblica ed agire nel rispetto delle disposizioni internazionali sui diritti umani che garantiscono il godimento del diritto umano all’acqua, proteggendo le popolazioni (in particolare le comunità indigene) dalla pressione commerciale e dall’accaparramento rispettando i diritti dei lavoratori.

La mercificazione dell’acqua è una parte delle strategie neoliberiste predatorie, è ingiusta e insostenibile, ed è anche illegale:

Água é direito, não mercadoria!

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Dichiarazione di Via Campesina Internazionale al Forum Sociale Mondiale

Montreal, Quebec, 14 Agosto 2016

” Non solo crediamo che un altro mondo è necessario, i membri di Via Campesina stanno già costruendo un mondo migliore.”
Carlos Marentes, co-coordinatore della Regione Nord America di LVC

Dichiarazione di Via Campesina Internazionale al Forum Sociale Mondiale

Noi, i rappresentanti delle organizzazioni membre di Via Campesina dalla Regione America del Nord (Unione Paysanne dal Quebec, Unione Nazionale Agricoltori, Canada, National Family Farm Coalition, Coalizione rurale e del Progetto lavoratori agricoli di confine , Stati Uniti), insieme ai membri di LVC dell’Europa , Palestina e Brasile abbiamo partecipato al Forum sociale mondiale di Montreal, Quebec dal 09-14 Agosto 2016.

Siamo stati gentilmente ospitati dall’Unione Paysanne e abbiamo ribadito il nostro sostegno alla loro lotta per porre fine al controllo del consorzio monopolistico del settore agricolo in Quebec, aggiungendo la nostra voce allo slogan che “Non vi è alcuna sovranità alimentare senza sovranità contadina”.

Nella nostra conferenza stampa del 11 agosto Maxime Laplante ha dichiarato: “La situazione in Quebec è estremamente particolare, c’è in Quebec una sola organizzazione che ha il diritto di rappresentare i contadini qui, per negoziare con il governo o per intervenire nella gestione di piani di marketing , marketing, ecc. Questa organizzazione è l’Unione dei produttori Agricoles (UPA).

E’ l’unica organizzazione con il diritto legale di rappresentare i contadini “.

La coordinatrice di Via Campesina Nord America e vice-presidente della National Family Farm Coalition Dena Hoff ha dichiarato: ” L’intera La Via Campesina regionale appoggia l’Unione Paysanne nelle sue richieste per essere riconosciuta dal governo del Quebec come la voce dei contadini in lotta per la sovranità alimentare. ”

La delegazione LVC ha partecipato con entusiasmo alla marcia di apertura, a molti laboratori, panel e assemblee sui temi della sovranità alimentare, il diritto al cibo, sulle società post-estrattive, su agro-ecologia e riforma agraria popolare, e il futuro del FSM, tra i molti argomenti, insieme con gli alleati come ETC Group, Grain, Climate Space, the Indigenous Environmental Network (IEN), Global Justice Now, USC Canada, SUCO, Why Hunger, Grassroots Global Justice Alliance, Global Forest Coalition, Focus on the Global South, Development and Peace, Inter-Pares, Vigilance OGM Québec e altri.

Come ha dichiarato Dena Hoff: “La lotta per la sovranità alimentare sarà vinta con un milione di sforzi dal basso”.

In un momento di crisi sempre più profonda in tutto il mondo, compreso le enormi sofferenze dei migranti in fuga da guerre, l’aumento della povertà e della fame, gli eventi meteorologici estremi, gli accaparramenti di terra e di risorse condotti dalle aziende, l’espansione e il consolidamento di grandi aziende agricole e le monocolture per i mangimi e piantagioni di carburante in tutto il pianeta, noi dichiariamo il nostro fermo impegno come LVC alla lotta “vita o morte” per la sovranità alimentare, per la riforma agraria dei popoli, per le sementi e sovranità della biodiversità, la democratizzazione del sistema alimentare e la forte difesa dei diritti umani.

Mettiamo in discussione l’uso del concetto di “agro-ecologia” e parole d’ordine sul clima che siano al di fuori del contesto della sovranità alimentare e utilizzate come mezzo di giustificare un ampliamento del “green washing” o per la raccolta di fondi delle ONG.

Insistiamo sul fatto che agro-ecologia significa una convalida dell’agricoltura su scala piccola e media , la ricerca e l’innovazione guidato dai contadini, e significa l’integrazione delle pratiche tradizionali, e e il controllo contadino e delle comunità rurale sui nostri semi.

La sovranità alimentare è il diritto degli agricoltori e di chi mangia a controllare la propria produzione alimentare, la trasformazione e distribuzione di alimenti culturalmente appropriati ed ad equo compenso e la dignità per i fornitori di cibo. Noi affermiamo che l’agricoltura su piccola scala, la pesca, la pastorizia, la caccia e la raccolta sono essenziali nella lotta per portare sollievo ai cambiamenti climatici e continuare ad alimentare l’umanità.

Cerchiamo l’accesso alla terra per tutti, soprattutto per i giovani che vogliono alimentare le loro comunità. Vogliamo porre fine alla invasione delle sementi OGM nei nostri territori e chiediamo il diritto degli agricoltori di continuare a produrre, salvare e condividere le proprie sementi. Noi diciamo “No” all’agricoltura aziendale e “sì” al popolo della terra e al modo contadino.

LVC ha criticato anche pubblicamente il governo canadese dato che molti leader di importanti movimenti sociali non sono stati in grado di partecipare al FSM poichè molte centinaia di visti sono stati negati, compresi i visti di due dei dirigenti contadini nella nostra delegazione.

Abbiamo anche colto l’occasione fornita dalla WSF 2016 di esprimere la nostra solidarietà con tutti i movimenti attualmente in lotta contro la violenza, l’espropriazione, l’esclusione e gli attacchi contro i diritti democratici delle persone.

Abbiamo espresso specialmente la nostra solidarietà con la lotta del popolo palestinese contro l’oppressione e lo sfruttamento per mano del colonialismo dei coloni sionisti, la lotta delle nostre compagne e compagni del Movimento dei Senza Terra del Brasile contro il recente colpo di stato, la lotta coraggiosa First Nations contro le minacce per l’integrità della loro terra causata dallo sfruttamento tar-di sabbia??, gli oleodotti e altre azioni distruttive da parte del capitale, e la lotta contro la crescente violenza contro le persone di colore e quindi sosteniamo pienamente il Black Lives Matter Movement .

¡Globalizzare la lotta, globalizzare la SPERANZA!

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Ripartire dagli individui – dal Forum Sociale Mondiale (3)

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Saprà il Forum Sociale Mondiale 2016 di Montreal dimostrare la attualità del Fsm? Se lo chiedeva Ronald Cameron il 17 giugno 2016 di fronte al primo World Social Forum (FSM in italiano) che si svolgeva nel nord del Mondo. A conclusione di una iniziativa certamente in discontinuità con quelle precedenti, che ho avuto l’occasione di frequentare tutte, avanzo qui alcune considerazioni.

 

1. Non credo che l’unico aspetto su cui valutare le differenze rispetto al percorso dei Fsm avviati 15 anni prima a Porto Alegre dipenda dalla latitudine e dalla discriminante dovuta al minore potere politico-economico e sociale detenuto dai paesi dell’emisfero Sud. E’ vero che i partecipanti erano in gran parte locali e che questa volta si è entrati nella “tana del lupo”, a fianco delle sedi delle più potenti multinazionali, dentro le aule delle Università che ospitano e spesso organizzano altrettanti “think tank” del potere globale, in una cultura in cui la tradizione cristiana non ha tratti provinciali o scaramantici, ma ecumenici e a radicamento sociale (ascoltatissimi i seminari sull’Enciclica Laudato Sì e quelli organizzati contro le multinazionali dalla rete mondiale dei comboniani di Zanotelli, oltre a quelli dei giovani scout). Ma è pur vero che la crisi ha confuso anche i sacerdoti del liberismo che si riuniscono a Davos, al punto che l’interpretazione del mondo e del futuro con cui misurarci non ha più ricette di riferimento.

A Montreal le proposte avanzate sono state tutte estremamente concrete, smorzando quel dato di utopia caratteristico delle riunioni passate: in Italia non se ne è fatto cenno continuando a dar d’intendere che l’unica questione riguardante il futuro sia ossessivamente quella della permanenza del governo. Ho potuto ascoltare il premio Nobel Stiglitz sostenere che il referendum istituzionale in Italia, con la limitazione ai poteri del Parlamento, sia un errore di prospettiva e un abbaglio su quali siano oggi le priorità.

2. Il principio su cui si è sempre fondato il Fsm è quello di uno spazio aperto. L’obiettivo condiviso è quello di creare il più ampio fronte possibile al fine di offrire un’alternativa alla globalizzazione neoliberista, attraverso la creazione di nuovi rapporti di solidarietà all’interno e tra i movimenti sociali, su basi indipendenti dai partiti politici. Con Porto Alegre, l’esperienza del PT brasiliano era diventata l’esempio di un approccio dal basso verso l’alto (bottom-up), come espressione politica dei movimenti, ma da questo anno è in atto una profonda crisi di questo partito e la perdita di riferimento esemplare per l’autonomia di una battaglia nel contempo radicale e di massa. Si è così rafforzata, anche di fatto, una opposizione di principio tra spazio politico e movimento, tendente a far diventare il Forum la massima espressione mondiale della società civile, anche se ancora incapace di conquistare uno spazio deliberativo.

3. Se tutto è in ridiscussione nell’organizzazione politica e sociale della partecipazione democratica, il Fsm non poteva esserne esente. Così, il Fsm a Montreal ha limitato il ruolo che le organizzazioni sociali hanno tenuto in passato nello svolgimento dell’evento. Questa volta per la collettività, la legittimità del Forum si è basata sul raggruppamento nel coinvolgimento degli individui e dei movimenti presenti, senza distinzioni di status, fino a mettere in discussione l’abolizione del Consiglio Internazionale, considerata fin qui l’autorità suprema, con una condizione privilegiata.

Considero questa tendenza a “spruzzare” gli attori del Fsm a Montreal in sintonia con quanto si verifica nelle società capitaliste, il cui livello di organizzazione di individui è sempre più alto. Mi sembra tuttavia un salto eccessivo rispetto alle pratiche che considerano l’organizzazione e i soggetti sociali un aspetto primario della politica. Ma, al di là di ogni giudizio, questa mi è sembrata la linea di tendenza, di cui tenere conto: come stabilire una unità politica più attiva, senza forzare organizzazioni e movimenti con modalità di delega.
4. A riprova di questi assunti, non si sono visti a Montreal né politici (tranne – non a caso – Bernie Sanders) né partiti-movimento come Podemos o Syriza o il M5S. Il declino dell’economia suggerisce anche una ricostruzione di una alternativa che non passi necessariamente dagli appuntamenti internazionali e dalle alleanze o scontri con i singoli governi. Paradossalmente, questo approccio mira a provocare una rinascita basata su nuove dinamiche globali incentrate sulla mobilitazione sociale. Certamente non si vuole abbandonare l’enorme patrimonio di quindici anni dei Forum, purché venga aggiornato alle esigenze e pratiche della nuova situazione politica, cominciando magari subito dalla rotazione delle cariche nel Consiglio Internazionale. Nel dibattito finale è apparsa la proposta di creare un procedimento parallelo, una sorta di tribunale dello stato della democrazia in diverse parti del pianeta.

Penso comunque che il Fsm abbia un futuro: diventare la spina dorsale di movimenti e reti che, a loro volta, mobilitano gli individui. La centralità delle organizzazioni mi è sembrata uscire appannata e andrebbe rivalutata con la dovuta attenzione. Promuovere movimenti concertati e il loro piano d’azione risulta la grande sfida di questo primo Forum nel Nord, nell’attuale contesto politico e storico. La fase di preparazione del prossimo appuntamento risulterà quindi perfino più importante dello svolgimento dello stesso per poter dar ragione del nuovo slogan coniato in Canada: Un altro mondo è necessario, insieme è possibile.

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Una politica migliore – dal Forum Sociale Mondiale (2)

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Imperdibile una delle grandi assemblee (sono 20 in tutto) guidate e introdotte da intellettuali, artisti e protagonisti dei movimenti per il cambiamento: quella illustrata in un lungo e lucido intervento da Naomi Klein, canadese, accolta con ovazioni da quattromila partecipanti distribuiti anche in collegamenti esterni. L’intera assemblea, arricchita dalle comunicazioni di altri quattro speaker, è stata dedicata al rapporto tra cambiamento energetico e clima: decarbonizzazione e abbandono dell’estrazione dei fossili sono state le parole d’odine su cui si è sviluppato un ricco dibattito che qui sintetizzo:

Naomi Klein è partita da un duro intervento contro il governo che non ha concesso visti ad attivisti palestinesi e africani di grande notorietà (Aminata Traoré tra questi) e che fa una campagna solo d’immagine, lasciando alle compagnie dello shale gas e delle sabbie bituminose privilegi fiscali e concessioni illegali all’esportazione. Si è chiesta se il breakink point per le emissioni di CO2 possa essere ancora considerato in termini di anni solari e non invece nella prospettiva di quante generazioni potranno subire lo scioglimento dei ghiacci e l’impoverimento delle colture agricole e alimentari. Urgenza è stato il termine più usato. Ha poi ricordato come l’occupazione in settori rinnovabili e nel risparmio moltiplichino per sei volte l’occupazione e come i green jobs diano benefici a tutte le generazioni Molto dura con la politica che è inchiodata sulla distribuzione iniqua di ricchezza e non pone come priorità il cambiamento delle politiche energetiche e la lotta alle multinazionali sostenute dall’apparato militare.

Naomi Klein al Forum Sociale Mondiale di Montréal

Anne Celine Guyon è presidente dei comitati del Quebec che lottano per chiudere i pozzi di shale gas e i giacimenti di sabbie bituminose, in particolare intervenendo con le popolazioni sulla distruzione del paesaggio e sulla pericolosità del trasporto. Anche il sindacato del Quebec si oppone al progetto di estrazione da sabbie bituminose e scisti e la coalizione sociale si è arricchita di comitati locali (oltre 80) mobilitandosi per il blocco dei trasporti boicottando la costruzione di oleodotti. Chiedono rapporti con i movimenti europei perché prevedono che il futuro mercato sia quello del nostro continente. La loro battaglia contro il Ttip (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) in tutte le versioni anche bilaterali è intransigente.

Maltè Lianos, argentina, è stata per me una graditissima sorpresa. Rappresenta un nuovo sindacato globale – Trade Unions for Energy Democracy nato nel 2013 a cui partecipano diverse sigle sindacali tra cui la Cgil. Ha come programma la transizione energetica e dichiara che un’energia per il profitto contrasta un’energia per il lavoro. “Occorre superare il concetto di posto di lavoro” ha detto “come prodotto di un’economia a qualsiasi costo. Giustizia sociale ed ecologia vanno di pari passo. Il futuro del lavoro non sta nel business as usual. La transizione non può affidarsi al mercato e perciò bisogna contrastare i pericolosissimi articoli sull’energia dei trattati commerciali, a partire dal Ttip”. Interessantissima la valutazione di come le regole liberiste di mercato impediscono la nascita di sistemi energetici locali, diffusi, articolati, pubblici, fino a negare che i popoli indigeni abbiano loro sistemi energetici naturali. Il Ttip prevede assoluta neutralità per le tecnologie energetiche (il fracking o il nucleare stanno commercialmente sullo stesso piano, senza cenni agli effetti sanitari, ambientali, sociali).

Forum Sociale Mondiale di Montréal

Tadzo Muller, tedesco, ha richiamato la questione nucleare, asserendo che i costi dell’abbandono dei reattori civili ricadranno sulle popolazioni, che la transizione verrà protratta all’inverosimile e che il modello centralizzato – che significa potere – lotterà strenuamente per essere al più integrato, ma non sostituito.

Infine Clayton Thomas Muller, un rappresentante del popolo Manitoba, provincia occidentale del Canada, che parla con nella destra una penna d’aquila, ha con lucida concretezza ricordato come le riserve indigene siano tuttora residui di colonizzazione e come la civiltà occidentale voglia imporsi senza ascolto e senza contaminarsi con altre culture. Facendo riferimento ai giovani che tornano alla terra ricorda che sono la generazione più sensibile al cambiamento climatico, che si rendono conto di quanto aumentino i parassiti e scarseggi l’acqua, mentre si innalzano le temperature. Conta il cambiamento strutturale, profondo, non l’illusione tecnologica. L’amore per la terra equivale al rispetto degli dei.

In conclusione, molta affinità con le riflessioni che sembrano maturare con forza anche nel nord ricco del pianeta e che il mondo scientifico ha ormai fatto proprio. C’è qui una grande predisposizione del mondo religioso (i comboniani hanno tenuto una sessione sulla Cop 21) e una vivacissima attivazione dei giovani e giovanissimi. Molto lontana è invece la compenetrazione dei temi e l’unificazione delle campagne: qui nessuno conosceva le iniziative attive in Italia per le rinnovabili e per un diverso modello energetico, né quelle antiscisto, anti Ttip e contro il nucleare: eppure ci sono stati referendum di successo e grandi manifestazioni, che non riescono a elevarsi a un linguaggio universale. E’ un segno di reale difficoltà a fronte di poteri globali ovunque presenti e ferocemente determinati.

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Il passaggio di testimone – dal Forum Sociale Mondiale (1)

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Strana città Montreal. Un po’ New York con però tutti i grattacieli cuspidati, un po’ England con le pietre e mattonelle rosse che si infilano tra le chiese di arenaria, un po’ Alsazia per il neo gotico grigio delle numerosissime cattedrali, un po’ Buenos Aires per i tanti murales che trovi in ogni spazio pubblico, un po’ Oslo per il retroterra verde collinoso tutto boschi e un po’ Genova per il porto e le locande sul mare e tra i pontili.

Qui il Forum Sociale Mondiale sta giocando una sfida generazionale e geografica importante. Rimane tuttora la riunione più ampia di società civile che cerchi soluzioni di giustizia all’emergenza e all’incertezza di un futuro migliore per la nostra specie. Dal primo Forum (2001) a Porto Alegre ad oggi le speranze si sono affievolite soprattutto in termini di rapporti di forza, ma, fortunatamente, la consapevolezza della crisi del modello di crescita distruttiva è aumentata e gli obiettivi dei movimenti sono meno generali e più alla portata dell’esperienza quotidiana e delle lotte territoriali. Quel che è rimasto del precedente Fsm a guida brasiliano-francese – progettato e vissuto come contrappunto alternativo al neoliberismo di Davos e come forza spendibile per il cambiamento a livello globale anche in relazione alla crescita dei Brics – si sposta nel “centro dell’Impero”, punta anche sulle novità politiche e intellettuali del Nord del mondo, cambia la gerarchia degli slogan e della comunicazione.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

In testa nettamente il clima, lo spreco di energie fossili e le nuove tecnologie di estrazione, il diritto all’emigrazione e l’abolizione delle barriere ai diritti umani, la minaccia nucleare e il diritto della pace. L’uguaglianza sociale e la lotta al capitalismo e alla rapina del liberismo sono coniugate attraverso queste lenti. Gli slogan multicolori trascinati cantando per il corteo di apertura il 9 agosto alludevano quasi esclusivamente a questi temi.

E’ buon segno: significa aggiornare un progetto ambientale politico sociale nato ad inizio millennio, rispetto alle emergenze che l’attaccamento al contingente, al parziale, al presente tout court della classe dirigente mondiale, impedisce di affrontare, per non dover spostare il dibattito politico sociale dalla continuità dell’economia dominante al futuro che viene a mancare. Così come è buon segno il cambio di testimone generazionale avvenuto in un luogo mai sfiorato prima dal Forum: la gioventù canadese e statunitense, presente in massa e con creativa allegria al corteo, ha sfilato per oltre un’ora, mescolata ai più anziani fondatori di Porto Alegre, Mumbay, Bamakò, Nairobi, che procedevano riconosciuti, un po’ affaticati dal sole radente, ma sorridenti e applauditi.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

Per consolidata esperienza sindacale potrei dare i numeri del grande corteo di apertura che si è snodato lungo le ampie circolari fino alla piazza Centrale di Montreal: 20 per fila, una sfilata di 100 minuti abbondanti, 12 file al minuto più almeno la metà dei manifestanti a scorrere e attendere a fianco del percorso fanno 40.000 circa. Alla fine, in piazza, durante i concerti di 12 band fino a mezzanotte, si alterneranno 50.000 spettatori. Insisto: i presenti erano quasi tutti giovani ventenni (più ragazze che ragazzi e molte unite in gruppi femministi) mentre era completamente svanita la generazione tra i 35 e i 55 anni, non certo rimpiazzati dai resistenti over 60. Dal punto di vista della provenienza: italiani da contarsi sulle dita di una mano, tedeschi forse una cinquantina, un centinaio di francesi organizzati e visibili, gruppi folti di giovani brasiliani contro il golpe presidenziale, africani, profughi di guerra siriani e somali, molte presenze di chiese locali e una folta delegazione del consiglio mondiale dei missionari comboniani. Rappresentanti politici nessuno.

Le attività del Forum sono cominciate ieri, 10 agosto: sono articolate in 1500 iniziative con la presenza di 140 Paesi. Ne renderemo conto periodicamente. Molte le presenze eccellenti: Riccardo Petrella, Omar Barghuti, Bennie Sanders, Garzia Linera, Chico Withaker, Aminata Traorè, Edga Morin, Naomi Klein, per elencarne alcune.

Corrispondenza dal Forum Sociale Mondiale di Montreal N°1

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