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La malattia del clima e la non cura della politica

dal blog di Mario Agostinelli

logo-il fatto quotidiano 2015Questa volta voglio prenderla alla larga visto che la crisi del rapporto tra politica e società viene sempre svelata ex-post; come una sorpresa superiore alle previsioni dei politici!

La dodicesima notizia più censurata negli Stati Uniti riguarda il problema della fine dei combustibili fossili. “Vivremo se l’80% dei combustibili fossili rimarrà sottoterra”, dice l’Ipcc report, ma gli americani e il resto del mondo non lo devono sapere. E, d’altro canto, di cosa discutono Matteo Salvini e Luigi Di Maio nelle loro apparizioni televisive? Hanno forse rimesso in discussione che l’Italia debba mirare ad essere l’hub del gas d’Europa e che la Sardegna debba essere metanizzata a suon di navi metaniere e rigassificatori?

Ma, davvero, se si escludono eccezioni, la questione del clima può essere sempre più impunemente travolta dalle corporation dei tubi e delle trivelle, dagli interessi finanziari delle multinazionali, da politiche neocolonialiste e dalle manovre di guerra? Sulla rivista After oil, Bill McKibben ha scritto che, per quanto riguarda il cambiamento climatico, il problema essenziale non è “industria contro ambientalisti o repubblicani contro democratici. Sono le persone contro la fisica“. Per questo motivo, i tipici compromessi e compensazioni offerti nella maggior parte dei dibattiti pubblici non funzioneranno abbastanza, perché “è inutile fare pressioni con la fisica”. E, al riguardo, la critica di Bill alla concorrenza, che il gas porta all’espansione delle rinnovabili è molto dura. La parola d’ordine del movimento dello scienziato statunitense “lasciamo sotto terra l’80% delle riserve di carbone, petrolio e gas” è stata censurata e fatta sparire da tutti i media internazionali, escluso il Guardian che l’ha invece ripresa con risalto.

L’invito di McKibben quindi, pur ragionevole ed essenziale, non muove fremiti quanto gli scandali della nomenclatura romana. Dice con naturalezza che “con alternative a combustibili fossili ormai sempre meno costose, per vincere non abbiamo bisogno di questa ostinata lotta per sempre tra climalteranti e sopravvivenza. D’altra parte, se possiamo tenere a bada lo sviluppo dei combustibili fossili (gas compreso!) “per qualche altro anno (…) avremo reso irreversibile la transizione verso l’energia pulita, il 100% di rinnovabili”.

A sostegno di questa scelta e di un percorso realizzabile entro il 2050, in La festa è finitaRichard Heinberg esamina tre livelli ragionevoli e praticabili di intervento anche in una fase di crisi. Interventi che non agiscono tanto sulla domanda, quanto sulle scelte politiche e di comportamento. In primo luogo, la transizione diventa un segnale di partenza vera quando si modificherà in modo sostitutivo la produzione di elettricità dalle fonti a contenuto di carbonio alle fonti di energia eolica e solare. Una volta che l’energia solare ed eolica generano elettricità, “ha senso elettrificare gran parte del nostro consumo energetico il più possibile” Oltre ad adattare gli edifici all’efficienza energetica e ad aumentare la quota di mercato degli alimenti biologici locali, il livello di cambiamento “potrebbe raggiungere almeno il 40% di riduzione delle emissioni di carbonio in 10-20 anni “. Occorre, ovviamente, praticare una politica industriale nella direzione delle fonti sole e vento, sostenuta da una forte spesa in ricerca.

Infine, poiché la produzione di cemento è necessaria e richiede alte temperature, queste potrebbero essere fornite dalla luce del sole, elettricità o idrogeno, ben sapendo che un simile cambiamento significherebbe “una ridefinizione quasi completa del processo di produzione non solo del calcestruzzo, ma anche della pianta urbana, della mobilità, delle modalità di relazioni e convivenza. A ciò andrebbe aggiunta la riprogettazione del sistema alimentare “per ridurre al minimo la lavorazione, l’imballaggio e il trasporto”. Naturalmente, investimenti, programmazione, formazione e lavoro dignitoso per accompagnarne una estesa diffusione.

Aggiungo che senza maggiori sforzi dei governi per promuovere la crescita dello stoccaggio delle batterie e delle interconnessioni energetiche tra paesi diversi, e senza finanziamenti verdi per favorire le utilities elettriche a migliorare i servizi energetici e della mobilità elettrica, il 2018 sarebbe un altro anno perso. Se avanzassero, come dovrebbero, la generazione distribuita, lo stoccaggio di energia e le abitazioni passive, i consumatori necessiterebbero di una tecnologia che consenta loro di gestire la produzione e il consumo di energia domestica con la massima efficienza e di vendere di nuovo alla rete. È il caso, ormai realizzabile, di veicoli elettrici messi in rete: Enel sta collaborando con il produttore di automobili Nissan per creare un sistema grazie al quale i proprietari di Nissan EV possono vendere energia immagazzinata nei loro veicoli alla rete per ottenere un guadagno.

Nulla di quanto qui riportato è assunto come asse strategico nel “contratto” del governo del cambiamento che sì è appena costituito. Mentre la scienza del clima ha fatto quanto poteva, rilevando i sintomi, individuando la patologia e formulando la prognosi, ora tutto è nelle mani del paziente: che sembra non voler guarire, abbandonando la politica ad esercizi di fiacco potere.

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Il contratto Salvini-Di Maio ignora il clima e i target di Parigi

di Mario Agostinelli e Roberto Meregalli

Con una lettera aperta pubblicata dal Financial Times perfino le società petrolifere riconoscono che devono fare di più per combattere il cambiamento climatico. Arrivando ad «assumere la responsabilità di tutte le emissioni» di gas serra, comprese quelle prodotte dall’impiego di combustibili fossili, come la benzina per le auto o il gas con cui scaldiamo le nostre case. A chiederlo è un gruppo di 60 grandi investitori- fondi, banche e assicurazioni, che insieme gestiscono più di 10.400 miliardi di dollari e che alzano la pressione sulle major a livelli senza precedenti proprio a pochi giorni dalle assemblee degli azionisti, in cui l’ambiente promette di essere un tema centrale.

La Royal Dutch Shell voterà una mozione che chiede un taglio più aggressivo delle emissioni di CO2 rispetto al dimezzamento a cui il management «ambisce» entro il 2050. Nonostante le riserve, si sono schierati a favore anche la Church of England e il fondo pensioni dell’Agenzia per l’ambiente britannica. Il testo afferma che «a prescindere dal risultato all’assemblea di Shell» tutte le compagnie del settore dovrebbero «chiarire come vedono il loro futuro in un mondo low-carbon». La richiesta in particolar e è che le Major assumano «impegni concreti» per ridurre in modo significativo la CO2, per stimare l’impatto delle emissioni legate all’impiego dei combustibili che producono e per «spiegare come i loro investimenti siano compatibili con il percorso verso gli obiettivi di Parigi», che impegnano a contenere il riscaldamento globale almeno entro 2° C. Sono ormai diversi anni che il mondo della finanza ha preso coscienza dei rischi legati al cambiamento climatico: rischi non solo per l’ambiente, ma anche per gli investimenti stessi

Il 2018 è l’anno in cui dovrebbero essere realizzate le prime bozze dei Piani Energia e Clima, gli strumenti con cui i Paesi Membri dell’Unione Europea dovranno mostrare le politiche e le strategie per raggiungere gli obiettivi fossati per il 2030 e che, per l’Italia, rappresentano l’occasione per dare concretezza a quanto scritto nella Strategia Energetica Nazionale (SEN), predisposta oramai da quasi un anno.

Della SEN in verità, al di fuori degli addetti ai lavori e della stampa specializzata, se ne è parlato poco. Probabilmente non a torto perché si tratta di un documento che ha solo valore di indirizzo, approvato da un governo in scadenza, quasi un lascito a quello successivo per la sua messa in pratica. È comprensibile quindi che dopo la sua approvazione, l’ad di Enel Starace, rispondendo ai giornalisti abbia detto che “abbiamo la direzione ma non ci sono stati dati strumenti per arrivare agli obiettivi indicati”. (Vedi “Stop al carbone al 2025, Starace: vanno indicati gli strumenti”, Staffetta quotidiana del 22 novembre 2017).

Il tema di cui si era dibattuto era soprattutto quello della chiusura delle centrali a carbone entro il 2025, decisione che porrebbe qualche problema all’impianto di Torrevaldaliga nord, avviato nel 2009 e che quindi avrebbe bisogno di qualche anno ancora dopo il 2025 per ammortizzare l’investimento. La realtà però è che la politica si muove più lenta delle imprese perché il ministero ancora non ha dato l’ok a dismettere la centrale di umbra di Bastardo, che Enel ha deciso da tempo di non utilizzare più.

La SEN, ricordiamolo, prevede una decarbonizzazione completa (ossia chiusura di tutte le centrali a carbone) entro il 2025, produzione con fonti rinnovali del 55% dei consumi elettrici (quindi significa arrivare a generare 184 miliardi di chilowattora l’anno con le FER) e riduzione dei consumi finali di energia dell’1,5% annuo fra il 2021 e il 2030.

Qual è la realtà?

La realtà è che i consumi non scendono, nel 2017 i consumi di energia primaria sono aumentati dello 0,8% rispetto al 2016. Di positivo è da segnalare che sono aumentati della metà rispetto all’aumento del PIL, che nel 2017 è cresciuto dell’1,5%. I consumi finali di energia sono invece aumentati dell’1,3% circa, dunque in misura di poco inferiore all’aumento del PIL, per citare ENEA: “un segnale che nella forte contrazione dei consumi di energia dell’ultimo decennio l’auspicato disaccoppiamento tra crescita economica e consumi energetici ha avuto un ruolo meno rilevante di quello avuto dalla crisi economica”.

Nel 2017 si è consolidato il ruolo del gas naturale come prima fonte primaria del sistema energetico italiano, coprendo il 36,5% del totale. Per il terzo anno consecutivo i consumi sono aumentati in modo significativo (+6%, dopo il +5% del 2016. I consumi di petrolio sono invece diminuiti di un punto percentuale, il carbone presenta per il secondo anno consecutivo un calo in doppia cifra (-12% dopo il -10% del 2016) e si riduce al 6% del mix.

E le fonti rinnovabili? Per il terzo anno consecutivo sono in calo! L’aumento del solare e dell’eolico non hanno compensato la perdita dell’idroelettrico. Più volte abbiamo sostenuto che un sistema basato su queste fonti deve prevedere un mix dimensionato in modo da rendere complementari le fonti, e in Italia solare ed eolico sono fortemente sottodimensionate se si vuole che siano in grado di supplire all’acqua negli anni di siccità. Il risultato è stato l’aumento della generazione termoelettrica: +4,6% (dopo il +4,3% del 2016 e il +9,4% del 2015), che ha raggiunto i massimi degli ultimi cinque anni.

Le FER hanno generato 103 TWh di elettricità (107 TWh del 2016, -3,4). È dunque scesa anche la quota di fonti rinnovabili sulla domanda, che ha perso due punti percentuali (dal 34,1% del 2016 al 32,3% del 2017). Anche la massima produzione da fonti rinnovabili su base mensile è rimasta lontana sia dal valore massimo raggiunto nel 2016 sia dai storici: nel 2017 il valore più elevato è stato raggiunto a maggio, con una quota pari al 39%, la più bassa degli ultimi cinque anni.

Questi pochi numeri mostrano come la rivoluzione energetica sia ferma, mostrano che gli obiettivi della SEN al momento sono delle chimere: dal 2015 al 2030 per raggiungerli la generazione da FER dovrebbe aumentare del 70% , dovremmo cioè raddoppiare la potenza fotovoltaica installata oggi, mettendo in opera 2,3 GW l’anno, ma nel 2017 (nonostante sia stato un anno di crescita) ne abbiamo installati solo 0,4 GW, come colmare il gap?

Fonte: www.energystrategy.it

I dati delle istallazioni dei primi tre mesi 2018 sono impietosi: fotovoltaico, eolico e idro non hanno superato i 138 MW, con un calo del 5% rispetto al primo trimestre 2017. Nessuna accelerazione all’orizzonte quindi.

Fonte: Anie Rinnovabili

Cosa scoveremo dal cilindro per implementare la SEN? Cosa scriverà il nuovo governo nel Piano per l’Energia e il clima? Il contratto di governo Di Maio – Salvini appare estremamente deludente, clima ed energia emergono (o meglio scompaiono) come problemi molto secondari.

La parola clima non è mai citata, compare il termine “cambiamento climatico” solo nella parte finale della sezione intitolata “Ambiente, green economy e rifiuti zero” (il che già stupisce), “In tema di contrasto al cambiamento climatico sono necessari interventi per accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori”; una frase così generica da essere perfetta forse per un programma elettorale non di certo per un programma di governo. E la parola “fonti rinnovabili” compare una sola volta in tutto il testo, sempre nelle righe finali di questa sezione: “È necessario avviare azioni mirate per aumentare l’efficienza energetica in tutti i settori e tornare ad incrementare la produzione da fonti rinnovabili, prevedendo una pianificazione nazionale che rafforzi le misure per il risparmio e l’efficienza energetica e che riduca i consumi attuali”. Impossibile commentare, manca qualsiasi elemento di concretezza.

Nessuna citazione sul decreto per le rinnovabili abbozzato dal ministero, nessun chiarimento se davvero per effetto della flex tax scompariranno tutte le detrazioni in vigore (senza le quali le installazioni casalinghe di pannelli fotovoltaici sparirebbero perché i tempi di payback praticamente raddoppierebbero), niente su come rinnovare il parco eolico, sul tema batterie, sulle comunità energetiche, sulla questione che si trascina da anni dello sblocco dei sistemi di distribuzione chiusa per dare la possibilità di fornire elettricità generata da un impianto rinnovabile, al altre utenze contigue. Niente su questa benedetta SEN o sul piano per il clima, quasi fossero affari che riguardano solo la povera e misera Europa.

Insomma al momento il piatto è davvero vuoto. Il clima invece non sta fermo, le centrali termoelettriche continuano a bruciare, così come i motori endotermici. Viviamo tempi esigenti, non frustriamo la nostra intelligenza: clima e ambiente sono uno dei nostri maggiori problemi, insieme alle diseguaglianze sociali. Come scrisse papa Francesco nella Laudato sì. L’avranno letta?

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Le proposte di programma ai partiti e alle coalizioni che si candidano alle elezioni del prossimo 4 marzo

Per il contrasto ai cambiamenti climatici e la giusta transizione verso un’economia decarbonizzata

A cura di Coalizione Clima

I cambiamenti climatici rappresentano un’emergenza globale e locale che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi.

In pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni e territori che in ogni area del pianeta devono affrontare questioni di giustizia climatica. Esse sono legate a costi economici crescenti e all’aggravamento delle condizioni ingiustizia sociale, a competizioni fra Stati e attori privati per il controllo e l’accaparramento delle risorse strategiche, a difficoltà nell’accesso all’acqua per tutt*, alla riduzione della produzione agricola che mette a rischio la sicurezza alimentare, causando anche nuovi motivi di conflitto e di fuga. Siamo consapevoli e convinti che la salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi, i diritti umani, lo sviluppo umano equo e la pace sono interdipendenti ed indivisibili. Anche la comunità scientifica internazionale e i climatologi convengono sulle cause antropiche dei cambiamenti climatici che in gran parte dipendono dall’utilizzo massiccio delle fonti energetiche fossili e dalla deforestazione.

Oggi esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un’economia fossil free, che apre prospettive di nuovi settori produttivi con importanti ricadute occupazionali e che può dare vita a una nuova democrazia energetica.

Ciò nonostante siamo colpevolmente in ritardo nel processo di decarbonizzazione e siamo molto distanti dal raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C, come stabilito nell’Accordo di Parigi sul clima e negli obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile. Ci sono approcci sostenibili e innovativi in settori tradizionali che, applicando i principi dell’economia circolare, danno un contributo importante all’uso razionale delle risorse e alla riduzione della CO2. Allo stesso tempo sono essenziali nuovi modelli di comportamento e di stile di consumo dei cittadini.

Mancano però scelte politiche nazionali ambiziose e in grado di determinare il radicale cambiamento del modello di sviluppo, necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU.

Per questo, Coalizione Clima avanza ai partiti che si candidano a governare il nostro paese, 8 proposte concrete per contribuire alla lotta globale contro i cambiamenti climatici e allo stesso tempo costruire nuova occupazione, democrazia e giustizia sociale.

SCARICA IL DOCUMENTO IN PDF (332 Kb) >>>


Piano Clima-Energia e per la Giusta Transizione

L’economia a zero emissioni di carbonio è un processo di radicale trasformazione del sistema produttivo e sociale che deve realizzarsi nel più breve tempo possibile e comunque in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Affinché questa trasformazione non comporti conseguenze negative, sui lavoratori e sulle comunità che dipendono economicamente dai settori economici legati all’utilizzo delle fonti fossili, occorre attivare un processo economico democratico e partecipato che produca una Giusta Transizione.

  • E’ necessario prevedere politiche e investimenti per determinare un futuro in cui tutti i lavori siano sostenibili e dignitosi, le emissioni siano azzerate, la povertà sia eradicata e le comunità siano resilienti.
  • Il Piano inoltre dovrà contenere misure di Giusta Transizione che garantiscano opportunità di lavoro nei settori che riducono le emissioni, favoriscano piani di adattamento ai cambiamenti climatici, forniscano sostegno al reddito, riqualificazione e reinserimento dei lavoratori che perderanno il proprio lavoro nel settore fossile e che sostengano l’innovazione tecnologica.
  • Il Piano deve essere coerente con la Strategia a lungo termine per un’economia low carbon, previsto dall’Accordo di Parigi, che va approvata entro il 2019.

Conferma del Phase Out del carbone al 2025

Il futuro governo dovrà confermare l’impegno dell’Italia ad abbandonare completamente il carbone entro e non oltre l’anno 2025, come previsto dalla Strategia Energetica Nazionale, adottando le misure necessarie per renderlo effettivo e vincolante.

Completa decarbonizzazione

Il gas è utile nella fase di transizione ma al tempo stesso, sebbene sia meno inquinante di carbone e petrolio, è un combustibile fossile che emette CO2 ma da un punto di vista climatico (e non solo), non è un’energia pulita. Per questo futuri investimenti in questa risorsa devono essere attentamente valutati per riequilibrare l’esigenza di garantire la sicurezza energetica nazionale con quella di programmare il percorso per la rapida e completa decarbonizzazione dell’economia nei tempi compatibili a garantire gli impegni sottoscritti nella COP21 di Parigi. Pertanto chiediamo che i maggiori investimenti in termini energetici vengano indirizzati sui settori dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.

Attuazione del Clean Energy for All Europeans package

Poco dopo le elezioni il nuovo governo dovrà discutere alcuni importanti aspetti di un pacchetto di misure che deciderà il futuro energetico dell’Italia e dell’Europa fino al 2030.

Chiediamo che l’Italia assuma una posizione di leadership, chiedendo di innalzare il livello dell’ambizione per quanto riguarda il taglio delle emissioni di CO2, la quota di produzione da fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica.

Inoltre è importante che il futuro governo si schieri a favore dell’autoproduzione e dell’autoconsumo, assicurando sostegno a tutti quei cittadini che vogliano produrre “in casa” e da fonti rinnovabili almeno parte dell’energia che consumano.

Infine, l’Italia deve assolutamente prendere una posizione contro nuovi incentivi alle fonti fossili.

Intervento pubblico per l’economia sostenibile

Per accelerare la transizione energetica e la decarbonizzazione dell’economia e per le opere di adattamento ai cambiamenti climatici, servono ingenti investimenti pubblici. Tali investimenti dovranno essere finalizzati a ricerca e sviluppo, realizzazione di infrastrutture per le energie rinnovabili, efficienza energetica (sul patrimonio edilizio pubblico e privato occorre un piano di Deep renovation per la riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri).

Si dovrà agire per uno sviluppo di città sostenibili, mobilità sostenibile, interventi di prevenzione, messa in sicurezza del territorio e piani di adattamento al cambiamento climatico, per garantire le misure di Giusta Transizione e per la digitalizzazione delle reti. Le risorse necessarie per effettuare gli investimenti pubblici dovranno essere reperite attraverso una riforma fiscale ambientale che, in conformità con l’art. 15 della L. 23/2014, orienti il mercato verso produzioni e consumi sostenibili, che contenga il riordino degli incentivi, una green tax o carbon tax, l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili (ben 16 miliardi annui), la revisione dell’utilizzo dei proventi delle aste del sistema ETS di scambio delle quote di carbonio, la finalizzazione della tassa sulle transizioni finanziarie, il taglio delle spese militari, il recupero delle esternalità negative derivanti dagli impatti negativi sulla salute. Allo stesso tempo andranno premiate le scelte virtuose di alcuni settori che finora non hanno beneficiato di alcun sostegno.

Formazione, ricerca e tecnologia per la sostenibilità

Per vincere la sfida della transizione, i principi delle sviluppo sostenibile devono integrare tutti i progetti economici, fiscali, industriali e di investimento. Per questo servono indirizzi politici e fiscali finalizzati a diffondere la cultura della sostenibilità per accelerare il cambiamento. Per farlo occorre partire dalla formazione, dall’educazione e dalla riqualificazione professionale e da una riforma degli ordinamenti didattici nei cicli dell’obbligo e universitari per la creazione di nuove competenze e professionalità. Anche a parità di risorse, l’intervento pubblico a sostegno di ricerca, innovazione tecnologica, digitalizzazione e automazione, deve essere finalizzato alla trasformazione sostenibile di tutti i settori del sistema produttivo, dall’industria all’agricoltura, all’economia circolare, alla transizione e all’efficienza energetica, alla mitigazione e adattamento degli effetti dei cambiamenti climatici.

Partecipazione democratica e democrazia energetica

E’ necessario definire strumenti per garantire la partecipazione democratica, nelle scelte strategiche del paese, con il pieno coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali e della società civile tutta,. La partecipazione democratica deve essere garantita sia per la realizzazione di grandi opere e infrastrutture comprese quelle energetiche, che per le scelte strategiche, come sono state la SEN, la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, o il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima o il piano per la decarbonizzazione. Nel caso di realizzazione di opere, il percorso partecipativo non si deve limitare alla valutazione di alternative progettuali, ma deve poter valutare necessità e impatti. Un vero processo di democrazia partecipativa, che preveda anche la possibilità di totale rigetto del progetto, la possibilità di fare modifiche o di percorrere scelte strategiche e soluzioni totalmente diverse.

Maggiore ambizione dell’Italia e dell’Europa per la giustizia climatica

L’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile sottolineano l’importanza di contribuire a un partenariato internazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per l’adattamento al cambiamento climatico delle popolazioni più povere e vulnerabili: l’Italia non può sottrarsi.
Gli impegni di riduzione delle emissioni nazionali (NDCs) assunti dai vari Paesi non sono complessivamente in grado di garantire l’obiettivo di mantenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C. Ecco perché occorrono impegni più stringenti e ambiziosi. Le scelte strategiche e programmatiche energetiche nazionali devono definire e rispettare NDCs nazionali vincolanti su riduzione di emissioni, produzione da rinnovabili ed efficienza energetica.

La giustizia climatica passa anche attraverso la costruzione della pace perciò a questo proposito riteniamo essenziale che il nuovo Governo firmi e ratifichi il Trattato ONU del 7 luglio 2017 per la messa al bando delle armi nucleari.

E’ necessario inoltre aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo e orientarlo alle comunità più vulnerabili e ai soggetti più deboli, rispettando le loro decisioni sulla salvaguardia dell’ambiente e della vita sociale ed economica, adottando le migliori e appropriate soluzioni tecnologiche e infrastrutturali disponibili a livello internazionale. E’ necessario altresì proseguire l’impegno al programma per la partecipazione di genere in ambito climatico, il GAP (Gender Action Plan) approvato durante la COP23.

In ultimo chiediamo che l’ Italia contribuisca al Fondo Verde per il Clima e che l’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo e la Cassa depositi e prestiti sostengano la collaborazione tra società civile italiana e comunità povere e vulnerabili del Sud del mondo.


Le organizzazioni promotrici, con storie, culture, obiettivi, ragioni sociali e motivazioni diverse, non intendono comunque semplicemente delegare a Governo e istituzioni questi obiettivi. Siamo impegnati a declinare, nei rispettivi ambiti di attività ed iniziative, le azioni coerenti necessarie per contrastare i cambiamenti climatici, e questo intendiamo continuare a fare, assieme a tutte le espressioni della società e della cittadinanza attiva che operano per una società più equa, ambientalmente e socialmente sostenibile.

Chi siamo

Coalizione Clima nasce nel 2015 con l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni, nazionali e territoriali, per raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici e perché si giunga a un accordo equo, vincolante ed efficace per mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C.

Coalizione Clima è composta da oltre 200 realtà tra organizzazioni del Terzo settore, sindacati, imprese, scuole e università, nonchè da migliaia di cittadine e cittadini. Anche Energia Felice aderisce a Coalizione Clima.

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Per un mondo libero dalle armi nucleari e dall’inquinamento

Contro ilsuicidio dell’Umanità” (Papa Francesco)
Per una coscienza planetaria proattiva

Interveniamo alla COP 23 sui pericoli che incombono più urgentemente sul nostro presente e sul nostro futuro: quello nucleare e quello climatico. E sul loro intreccio.

Lanciamo, da Bonn, l’appello dei Disarmisti esigenti (www.disarmistiesigenti.org), attivi nei movimenti per il disarmo e per la giustizia climatica e sociale, alla mobilitazione globale unitaria della società civile.

La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere (Stéphane Hessel)

La nostra missione a Bonn

Siamo venuti dall’Italia, da gruppi diversi ma uniti in coalizione, con i seguenti obiettivi, condivisi nella loro essenza dalla nostra delegazione:

perorare la causa del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (secondo alcuni di noi essa può essere rafforzata con il lancio dell’ipotesi di un referendum mondiale antinucleare (da discutere a Milano nel maggio 2018)

sensibilizzare sull’intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica e sulla necessità di contrastarle con un salto di qualità del diritto internazionale

vigilare sui tentativi della lobby filonucleare di inserire la tecnologia “atomica” tra le energie pulite

promuovere la ricerca sulle LENR come ipotesi di soluzione del problema delle scorie radiooattive

rafforzare i collegamenti tra i movimenti disarmisti e i movimenti per la giustizia climatica valorizzando il protagonismo femminile

ribadire la nostra faccia propositiva di alternativi impegnati nella conversione energetica ed ecologica

 

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Cop23, articoli da A SUD

1

Cop23: non c’è un piano finanziario per le vittime del climate change

17 novembre, 2017 | Redazione A Sud
[di Abu Siddique e Megan Darby su climatechangenews. Traduzione di Cecilia Erba] I Paesi più vulnerabili hanno chiesto supporto ai Paesi sviluppati per affrontare i costi crescenti derivanti dagli uragani, … Leggi tutto

REDAZIONE A SUD (5)

I due volti degli USA alla Cop23

17 novembre, 2017 | Redazione A Sud
[di Cecilia Erba per A Sud] È quantomeno particolare la posizione degli Stati Uniti alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP23) di Bonn. La delegazione ufficiale, molto ridotta rispetto … Leggi tutto

REDAZIONE A SUD (4)

COP 23: Le donne come agenti di cambiamento

17 novembre, 2017 | Redazione A Sud
[di Natascia Scaramuzza per A Sud] Negli ultimi decenni le organizzazioni per i diritti delle donne si sono battute per integrare le questioni di genere nella lotta al cambiamento climatico … Leggi tutto

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