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APPELLO: Iniziativa di legge popolare su emergenza climatica

La più grande minaccia di questo secolo” – il cambiamento climatico, la transizione all’instabilità climatica – si sta delineando con eventi sempre più drammatici: a luglio scorso il National Snow and Ice Data Center (NSIDC) degli Usa ha rilevato un picco terribile e inatteso nella curva che documenta l’andamento della fusione dei ghiacci artici in Groenlandia.

Abbiamo denunciato da gran tempo le conseguenze del cambiamento climatico che si abbatte su uomini e cose con l’intensità degli eventi meteorologici estremi, mentre si estendono le aree desertiche, cresce la siccità, si addensa negli ultimi vent’anni il numero dei massimi di temperatura media della terra. La calotta artica si è spaccata nel 2006 aprendo la caccia senza regole al suo sottosuolo, nel 2017 si è staccato dall’Antartide un “iceberg” più grande della Liguria.

Ci siamo battuti documentando e denunciando la più generale crisi ambientale: la devastazione di uno sviluppo fondato sulla spoliazione e il saccheggio delle risorse naturali, come conseguenza del modo capitalistico di produrre e consumare. Esemplare, il nuovo odioso colonialismo del landgrabbing, che attraverso i meccanismi della mera acquisizione di mercato priva intere popolazioni dei loro diritti, delle loro terre e delle loro acque senza dar loro nemmeno la possibilità di essere ascoltati o addirittura attraverso vere e proprie deportazioni. In America Latina, Asia e Africa sempre più grandi foreste, terre comunitarie, bacini fluviali e interi ecosistemi vengono spogliati e le comunità sfollate. Il rogo della foresta amazzonica è l’ultimo drammatico esempio, ammantato di un sovranismo in realtà prono agli interessi delle grandi compagnie agrario-alimentari. La diversità biologica viene costantemente ridotta, la grande barriera corallina australiana è a rischio nei suoi 3000 km. Il respiro degli oceani è soffocato dalla plastica.

Abbiamo proposto in tutti questi anni la battaglia a favore dell’ambiente, contro il global warming e per una generale riconversione ecologica dell’economia e della società, come impegno culturale, sociale e morale. La “Laudato si’” di Papa Bergoglio ha messo in risalto gli aspetti umani e spirituali di questa nuova visione.

I governi di tutto il mondo, colpevolmente lenti nell’applicare il Protocollo di Kyoto (2005), oggi in ritardo nell’attuare gli impegni dell’Accordo di Parigi ratificati nel 2016 da 180 Paesi, devono accelerare la loro azione per fare più efficacemente fronte al cambiamento climatico e mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C.

A pagare lo sconquasso del clima sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili, colpite dalle migrazioni interne o dalla fuga disperata dalle loro terre, da fame, sete e malattie endemiche, marginalizzate nei loro territori, spesso nel nome stesso dello sviluppo e dell’innovazione. I rischi dovuti ai disastri ambientali accrescono tensioni e conflitti e nel 2017 hanno causato, da soli, l’esodo di 60 milioni di rifugiati ambientali, ma saranno quattro volte tanti nel giro di soli vent’anni.

Non si tratta solo dell’accoglienza e della sicurezza. Occorre “costruire ponti”, capaci di ridurre la distanza tra chi ha troppo e chi non ha abbastanza, tra l’opulenza e la povertà, come indicato dagli obiettivi globali dell’Agenda 2030 proposta dalle Nazioni Unite.

Occorre modificare i nostri stili di vita, le nostre culture e il nostro modo di pensare se vogliamo dare futuro al futuro. Trasformare i rifiuti in nuovi prodotti com’è tecnologicamente possibile, fare di più con meno, organizzare la società della sufficienza affinché ogni risorsa sia utilizzata senza sprechi e nel modo più appropriato fino all’autogestione. E, da subito, “decarbonizzare” l’economia sostituendo i combustibili fossili con le fonti rinnovabili.

Oggi finalmente una voce si leva autorevole per imprimere un’accelerazione agli impegni dei Governi, almeno qui in Europa. La neo-presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha proposto al Parlamento europeo a Strasburgo l’obiettivo di riduzione del 50-55% di CO2, il gas serra dominante, entro il 2030 facendo così schizzare a quel livello il target che la UE aveva in precedenza fissato al 32%. E, conseguentemente, di mantenere “un ruolo di guida della UE nei negoziati internazionali per far crescere il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021”. Come si è verificato lungo tutto il percorso che ha portato all’Accordo di Parigi.

Il Governo italiano, continuando a perseguire un atteggiamento vergognosamente caudatario; infatti, essendo già da tempo in corso il dibattito in sede Ue per portare la riduzione al 40%, ha proposto nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) un obiettivo di solo il 33%. Il PNIEC è stato sottoposto, a decorrere dal 3 agosto scorso, alle osservazioni di tutti i cittadini tramite la Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

Noi, le associazioni, i comitati e i gruppi che rappresentiamo, faremo senz’altro pervenire le nostre osservazioni entro i 60 giorni previsti dalla procedura di VAS. Riteniamo, però, che debba attuarsi in tutto il Paese la più ampia mobilitazione possibile perché il Piano assuma l’obiettivo indicato dalla von der Leyen. Al di sotto, saremmo come i Paesi di Visegrad nei confronti dell’immigrazione, non a caso le maggiori resistenze alla “decarbonizzazione” provengono da alcuni di loro in nome del miope privilegio degli “interessi nazionali”. E, soprattutto, non saremmo all’altezza della tremenda sfida e delle responsabilità che il cambiamento climatico impone a tutti.

Per favorire questa mobilitazione, per dargli il carattere capillare di confronto con cittadini, organi territoriali elettivi, istituzioni e enti pubblici, luoghi di lavoro e di socializzazione, organi di informazione, proponiamo una legge d’iniziativa popolare che assuma l’obiettivo del 50% per l’Italia e indichi la carbon tax come mezzo principale per coprire la spesa pubblica finalizzata a quell’obiettivo.

La raccolta di firme per la presentazione della legge può costituire un momento d’informazione e, allo stesso tempo, sollecitare un protagonismo consapevole ed esteso di tutti quale la drammaticità dei tempi richiede.

 

Massimo Scalia CIRPSDaniela Padoan Pres. Forum LAUDATO SI’Mario Agostinelli Pres. ENERGIA FELICE – Vanessa Pallucchi Vice Pres. LEGAMBIENTE – Pippo Onufrio Dir. Gen. GREENPEACE ITALIA – Enrico Vicenti Segretario CNI-Unesco Ermete Realacci Pres. SYMBOLARoberta Cafarotti Dir. Scient. EARTH DAY ITALY – Mariagrazia Midulla Resp. Clima & Energia WWFEnzo Naso Dir. CIRPS – Virginio Colmegna Forum LAUDATO SI’ – Marialuisa Saviano Pres. IASS – Aurelio Angelini Pres.CNESA2030-UnescoGianni Silvestrini Dir. Scient. KYOTO CLUB – Mario Salomone Segr. Gen. WEEC NETWORKSimona Sambati CASA DELLA CARITÀSergio Ferraris Dir. “QUALE ENERGIA” – Vittorio Bardi Pres. SÌ ALLE RINNOVABILI, NO AL NUCLEAREPaola Bolaffio Dir. “GIORNALISTI NELL’ERBA” – Guido Viale FORUM “LAUDATO SI” – Gianni Mattioli CIRPS Pasquale StiglianiSCANZIAMO LE SCORIE”, ScanzanoSerenella Iovino University of North Carolina Marco Fratoddi Dir. “SAPERE AMBIENTE” – Stefania Divertito, Giornalista – Oreste Magni ECOISTITUTO-VALLE DEL TICINO – Michela Mayer Dirett. IASS – Enzo Reda MOV. ECOLOGISTA CALABRIA – Monica D’Ambrosio GiornalistaPaolo Bartolomei Commiss. Scient. DECOMMISSIONING – Anna Re Univ. IULM, Milano – Ilaria Romano Giornalista – Gianluca Senatore Univ. LA SAPIENZA-Roma – Gian Piero Godio PRO NATURA, Vercelli – Linda Maggiori Blogger – Filippo Delogu Segr. CNESA2030-Unesco – Giuditta Iantaffi Coord. Docenti “GIORN. NELL’ERBA”Salvatore Alfano MOV. ECOLOGISTA LAZIO Silvia Zamboni Giornalista

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Le proposte di programma ai partiti e alle coalizioni che si candidano alle elezioni del prossimo 4 marzo

Per il contrasto ai cambiamenti climatici e la giusta transizione verso un’economia decarbonizzata

A cura di Coalizione Clima

I cambiamenti climatici rappresentano un’emergenza globale e locale che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi.

In pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni e territori che in ogni area del pianeta devono affrontare questioni di giustizia climatica. Esse sono legate a costi economici crescenti e all’aggravamento delle condizioni ingiustizia sociale, a competizioni fra Stati e attori privati per il controllo e l’accaparramento delle risorse strategiche, a difficoltà nell’accesso all’acqua per tutt*, alla riduzione della produzione agricola che mette a rischio la sicurezza alimentare, causando anche nuovi motivi di conflitto e di fuga. Siamo consapevoli e convinti che la salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi, i diritti umani, lo sviluppo umano equo e la pace sono interdipendenti ed indivisibili. Anche la comunità scientifica internazionale e i climatologi convengono sulle cause antropiche dei cambiamenti climatici che in gran parte dipendono dall’utilizzo massiccio delle fonti energetiche fossili e dalla deforestazione.

Oggi esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un’economia fossil free, che apre prospettive di nuovi settori produttivi con importanti ricadute occupazionali e che può dare vita a una nuova democrazia energetica.

Ciò nonostante siamo colpevolmente in ritardo nel processo di decarbonizzazione e siamo molto distanti dal raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C, come stabilito nell’Accordo di Parigi sul clima e negli obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile. Ci sono approcci sostenibili e innovativi in settori tradizionali che, applicando i principi dell’economia circolare, danno un contributo importante all’uso razionale delle risorse e alla riduzione della CO2. Allo stesso tempo sono essenziali nuovi modelli di comportamento e di stile di consumo dei cittadini.

Mancano però scelte politiche nazionali ambiziose e in grado di determinare il radicale cambiamento del modello di sviluppo, necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU.

Per questo, Coalizione Clima avanza ai partiti che si candidano a governare il nostro paese, 8 proposte concrete per contribuire alla lotta globale contro i cambiamenti climatici e allo stesso tempo costruire nuova occupazione, democrazia e giustizia sociale.

SCARICA IL DOCUMENTO IN PDF (332 Kb) >>>


Piano Clima-Energia e per la Giusta Transizione

L’economia a zero emissioni di carbonio è un processo di radicale trasformazione del sistema produttivo e sociale che deve realizzarsi nel più breve tempo possibile e comunque in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Affinché questa trasformazione non comporti conseguenze negative, sui lavoratori e sulle comunità che dipendono economicamente dai settori economici legati all’utilizzo delle fonti fossili, occorre attivare un processo economico democratico e partecipato che produca una Giusta Transizione.

  • E’ necessario prevedere politiche e investimenti per determinare un futuro in cui tutti i lavori siano sostenibili e dignitosi, le emissioni siano azzerate, la povertà sia eradicata e le comunità siano resilienti.
  • Il Piano inoltre dovrà contenere misure di Giusta Transizione che garantiscano opportunità di lavoro nei settori che riducono le emissioni, favoriscano piani di adattamento ai cambiamenti climatici, forniscano sostegno al reddito, riqualificazione e reinserimento dei lavoratori che perderanno il proprio lavoro nel settore fossile e che sostengano l’innovazione tecnologica.
  • Il Piano deve essere coerente con la Strategia a lungo termine per un’economia low carbon, previsto dall’Accordo di Parigi, che va approvata entro il 2019.

Conferma del Phase Out del carbone al 2025

Il futuro governo dovrà confermare l’impegno dell’Italia ad abbandonare completamente il carbone entro e non oltre l’anno 2025, come previsto dalla Strategia Energetica Nazionale, adottando le misure necessarie per renderlo effettivo e vincolante.

Completa decarbonizzazione

Il gas è utile nella fase di transizione ma al tempo stesso, sebbene sia meno inquinante di carbone e petrolio, è un combustibile fossile che emette CO2 ma da un punto di vista climatico (e non solo), non è un’energia pulita. Per questo futuri investimenti in questa risorsa devono essere attentamente valutati per riequilibrare l’esigenza di garantire la sicurezza energetica nazionale con quella di programmare il percorso per la rapida e completa decarbonizzazione dell’economia nei tempi compatibili a garantire gli impegni sottoscritti nella COP21 di Parigi. Pertanto chiediamo che i maggiori investimenti in termini energetici vengano indirizzati sui settori dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.

Attuazione del Clean Energy for All Europeans package

Poco dopo le elezioni il nuovo governo dovrà discutere alcuni importanti aspetti di un pacchetto di misure che deciderà il futuro energetico dell’Italia e dell’Europa fino al 2030.

Chiediamo che l’Italia assuma una posizione di leadership, chiedendo di innalzare il livello dell’ambizione per quanto riguarda il taglio delle emissioni di CO2, la quota di produzione da fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica.

Inoltre è importante che il futuro governo si schieri a favore dell’autoproduzione e dell’autoconsumo, assicurando sostegno a tutti quei cittadini che vogliano produrre “in casa” e da fonti rinnovabili almeno parte dell’energia che consumano.

Infine, l’Italia deve assolutamente prendere una posizione contro nuovi incentivi alle fonti fossili.

Intervento pubblico per l’economia sostenibile

Per accelerare la transizione energetica e la decarbonizzazione dell’economia e per le opere di adattamento ai cambiamenti climatici, servono ingenti investimenti pubblici. Tali investimenti dovranno essere finalizzati a ricerca e sviluppo, realizzazione di infrastrutture per le energie rinnovabili, efficienza energetica (sul patrimonio edilizio pubblico e privato occorre un piano di Deep renovation per la riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri).

Si dovrà agire per uno sviluppo di città sostenibili, mobilità sostenibile, interventi di prevenzione, messa in sicurezza del territorio e piani di adattamento al cambiamento climatico, per garantire le misure di Giusta Transizione e per la digitalizzazione delle reti. Le risorse necessarie per effettuare gli investimenti pubblici dovranno essere reperite attraverso una riforma fiscale ambientale che, in conformità con l’art. 15 della L. 23/2014, orienti il mercato verso produzioni e consumi sostenibili, che contenga il riordino degli incentivi, una green tax o carbon tax, l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili (ben 16 miliardi annui), la revisione dell’utilizzo dei proventi delle aste del sistema ETS di scambio delle quote di carbonio, la finalizzazione della tassa sulle transizioni finanziarie, il taglio delle spese militari, il recupero delle esternalità negative derivanti dagli impatti negativi sulla salute. Allo stesso tempo andranno premiate le scelte virtuose di alcuni settori che finora non hanno beneficiato di alcun sostegno.

Formazione, ricerca e tecnologia per la sostenibilità

Per vincere la sfida della transizione, i principi delle sviluppo sostenibile devono integrare tutti i progetti economici, fiscali, industriali e di investimento. Per questo servono indirizzi politici e fiscali finalizzati a diffondere la cultura della sostenibilità per accelerare il cambiamento. Per farlo occorre partire dalla formazione, dall’educazione e dalla riqualificazione professionale e da una riforma degli ordinamenti didattici nei cicli dell’obbligo e universitari per la creazione di nuove competenze e professionalità. Anche a parità di risorse, l’intervento pubblico a sostegno di ricerca, innovazione tecnologica, digitalizzazione e automazione, deve essere finalizzato alla trasformazione sostenibile di tutti i settori del sistema produttivo, dall’industria all’agricoltura, all’economia circolare, alla transizione e all’efficienza energetica, alla mitigazione e adattamento degli effetti dei cambiamenti climatici.

Partecipazione democratica e democrazia energetica

E’ necessario definire strumenti per garantire la partecipazione democratica, nelle scelte strategiche del paese, con il pieno coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali e della società civile tutta,. La partecipazione democratica deve essere garantita sia per la realizzazione di grandi opere e infrastrutture comprese quelle energetiche, che per le scelte strategiche, come sono state la SEN, la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, o il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima o il piano per la decarbonizzazione. Nel caso di realizzazione di opere, il percorso partecipativo non si deve limitare alla valutazione di alternative progettuali, ma deve poter valutare necessità e impatti. Un vero processo di democrazia partecipativa, che preveda anche la possibilità di totale rigetto del progetto, la possibilità di fare modifiche o di percorrere scelte strategiche e soluzioni totalmente diverse.

Maggiore ambizione dell’Italia e dell’Europa per la giustizia climatica

L’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile sottolineano l’importanza di contribuire a un partenariato internazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per l’adattamento al cambiamento climatico delle popolazioni più povere e vulnerabili: l’Italia non può sottrarsi.
Gli impegni di riduzione delle emissioni nazionali (NDCs) assunti dai vari Paesi non sono complessivamente in grado di garantire l’obiettivo di mantenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2°C. Ecco perché occorrono impegni più stringenti e ambiziosi. Le scelte strategiche e programmatiche energetiche nazionali devono definire e rispettare NDCs nazionali vincolanti su riduzione di emissioni, produzione da rinnovabili ed efficienza energetica.

La giustizia climatica passa anche attraverso la costruzione della pace perciò a questo proposito riteniamo essenziale che il nuovo Governo firmi e ratifichi il Trattato ONU del 7 luglio 2017 per la messa al bando delle armi nucleari.

E’ necessario inoltre aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo e orientarlo alle comunità più vulnerabili e ai soggetti più deboli, rispettando le loro decisioni sulla salvaguardia dell’ambiente e della vita sociale ed economica, adottando le migliori e appropriate soluzioni tecnologiche e infrastrutturali disponibili a livello internazionale. E’ necessario altresì proseguire l’impegno al programma per la partecipazione di genere in ambito climatico, il GAP (Gender Action Plan) approvato durante la COP23.

In ultimo chiediamo che l’ Italia contribuisca al Fondo Verde per il Clima e che l’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo e la Cassa depositi e prestiti sostengano la collaborazione tra società civile italiana e comunità povere e vulnerabili del Sud del mondo.


Le organizzazioni promotrici, con storie, culture, obiettivi, ragioni sociali e motivazioni diverse, non intendono comunque semplicemente delegare a Governo e istituzioni questi obiettivi. Siamo impegnati a declinare, nei rispettivi ambiti di attività ed iniziative, le azioni coerenti necessarie per contrastare i cambiamenti climatici, e questo intendiamo continuare a fare, assieme a tutte le espressioni della società e della cittadinanza attiva che operano per una società più equa, ambientalmente e socialmente sostenibile.

Chi siamo

Coalizione Clima nasce nel 2015 con l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni, nazionali e territoriali, per raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici e perché si giunga a un accordo equo, vincolante ed efficace per mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C.

Coalizione Clima è composta da oltre 200 realtà tra organizzazioni del Terzo settore, sindacati, imprese, scuole e università, nonchè da migliaia di cittadine e cittadini. Anche Energia Felice aderisce a Coalizione Clima.

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Il presidente Macron e il gatto di Schrödinger

a cura di Mario Agostinelli

E poi dicono che la politica non si aggiorna! In effetti, dopo il disastroso G7 di Taormina in cui il ciuffo di Trump svolazzava sopra musi lunghi e sfiancati o dopo la pubblicazioni delle sue foto accanto a Bergoglio che gli aveva regalato la Laudato Sì mentre lui pensava a quanti miliardi di armi stava vendendo all’Arabia Saudita, viene da dire che il copione si ripete e che questa generazione di capi di stato – eccezioni a parte – non ha una visione adeguata ad un futuro drammatico che si sta palesando.

Eppure, se riguardate i servizi dalla Sicilia, c’è un uomo nuovo, celebratissimo da tutti i media, sempre sorridente e con lo sguardo rivolto in alto: Macron detto anche “né carne né pesce”. Ma poiché “né carne né pesce è roba vecchia, da mercato popolare, il neopresidente francese sta cercando di evocare addirittura le immagini della quantistica più sofisticata, quella con cui Schroedinger confutava le teorie di Heisenberg (se volete, per saperne di più con un taglio originale vedete “Il mondo al tempo dei quanti” che ho scritto con Debora Rizzuto per le edizioni Mimesis)

Già nella campagna per le elezioni presidenziali, la televisione francese è stata un’esplosione di dichiarazioni contraddittorie da parte dei politici che, nell’arco di due settimane, hanno cambiato idea tutte le volte che si cambiavano i calzini.

Emmanuel Macron, ad esempio, prima dichiarava: “Io sono un socialista”, e poi – in occasione della sua visita come ministro dell’economia da Philippe de Villiers un ‘nobile’ sovranista, di estrema destra e fondamentalista cristiano impenitente, assicura un equilibrio incredibile “io non sono un socialista”.

Quando il ‘socialista non socialista’, spinto dalla sua ambizione – dicono alcuni o da parte di alcuni uomini d’affari – dicono altri, ha deciso di lasciare il governo di Hollande e annunciato la sua candidatura all’Eliseo, la sua prima mossa è stata quella di creare un movimento con le sue stesse parole, “sarà né di destra né di sinistra”. Ma qui non siamo ancora a Schroedinger che descrive la realtà non con due negazioni, ma come complementare, con due opposti che coesistono.

Poco dopo infatti le cose sono state chiarite, quando Macron ha detto che il suo governo avrebbe al suo interno “e destra e sinistra”. Di qui il gatto di Schrödinger, uno dei pilastri della meccanica quantistica.

La meccanica quantistica è così complessa che Richard Feynman, uno dei suoi personaggi più famosi, diceva. “Se si crede di capire la meccanica quantistica significa che non si è capito niente.” La cosa divertente è che il comportamento dell’infinitamente piccolo attraverso la meccanica quantistica, sfida la comprensione. Contrariamente a quanto accade nel mondo che ci è familiare, una particella microscopica non si comporta come un pallone da calcio, che, come sappiamo ha massa, velocità, potenza e posizione in un dato istante. Un elettrone, per esempio, può avere due velocità contemporaneamente, o essere in due posti diversi contemporaneamente, e anche più di due.

Per facilitare la comprensione, Erwin Schrödinger immaginava una curiosa esperienza il cui laboratorio è l’immaginazione: racchiudere un gatto in una scatola sigillata. La scatola contiene un dispositivo che uccide il gatto appena rileva la disintegrazione di un corpo radioattivo che è un evento totalmente casuale. Dall’esterno è impossibile sapere cosa succede all’interno della scatola. Il gatto può essere vivo o morto, almeno per l’esperienza di conoscenza dall’esterno. Il gatto ha “n” % di probabilità di essere morto, e “m” % di probabilità di essere vivo. O, che è la stessa cosa, il gatto è vivo e morto allo stesso tempo. E ‘ciò che è noto come indeterminazione quantistica.

Per essere “e destra e sinistra”, Emmanuel Macron è come il gatto di Schrödinger. Nel piano della meccanica quantistica, un simile candidato possiede il dono dell’ubiquità. Hanno ragione, e allo stesso tempo si trovano in una posizione equidistante dalla sinistra e dalla destra, che è la definizione politica del centro.

Max Planck, Niels Bohr Einstein ed Erwin Schrödinger si rivoltano nella tomba, ignari delle implicazioni didattiche enormi e del potenziale esplicativo nascosto nella politica che dà mostra di sé agli inutili G7.

Chi ha fretta di aderire al macronismo, sappia di avere in simpatia Deng Xiaoping, precursore geniale della politica quantistica. Deng è stato il fondatore di “socialismo di mercato”, detta anche “socialismo con caratteristiche cinesi”, che non è altro che il capitalismo puro, ma scritto con ideogrammi, la scrittura del Medio Impero.

Il 12 ottobre 2015, cercando di dimostrare che nelle politiche di sviluppo economico non c’è differenza tra destra e sinistra, Macron ha citato Mao Zedong: “Non importa se il gatto è bianco o nero, ciò che conta è che acchiappi i topi “. Il che dimostra che la sua cultura politica è “cat pital”: dato che chi ha usato quelle stesse parole era Deng Xiaoping nel 1962, guadagnandosi qualche anno in ombra prima di arrivare al potere nel 1978.

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Cittadinanza ed Empowerment: Un Manifesto per una Costituente Egualitaria

a cura di Stefano Bonaga*

1 – Nel discorso pubblico prevalente la politica viene identificata con la grammatica della sua rappresentazione mediatica, ridotta cioè all’immagine mobile del gradimento degli spettatori verso la performance degli attori politici. Un sistema sempre più chiuso della selezione dei candidati ne completa il quadro, aggiungendo un fattore ulteriore di degrado in ordine alle aspettative suscitate. Il disincanto tuttavia connesso a tale rappresentazione è ad intermittenza accompagnato da un singolare ottimismo della speranza. Intendiamo smascherare come tale rappresentazione fenomenologica occulti una disfunzione profonda del sistema politico e non una transitoria inadeguatezza soggettiva dei suoi governanti.

2- Al declino della forma rappresentativa classica, dove la delega politica prometteva una qualche corrispondenza di idee e interessi fra eletti ed elettori, è seguita una trasformazione della visione di libertà politica dei cittadini: da potenza di agire effettuale e produttiva a rituale assenso via elezioni, e consenso via sondaggi. Le procedure democratiche, invece che sostanza della democrazia per mezzo del suffragio, sono sempre più un rituale svuotato di affluenza ed efficacia. Si tratta di un oblìo delle promesse dell’Articolo 3 della Costituzione, dove l’uguaglianza politica è intesa come capacità dei cittadini di formarsi ed esprimersi a partire da ciò che sono ma senza che la loro diversità sia ragione di ineguaglianza di potere.

3- La diseguaglianza di potere ed influenza sul processo di decisione è la registrazione politica della crescita di disegueglianze economiche e sociali che rendono molti cittadini depauperati delle condizoni, anche minime, per formare quelle capacità che consentono loro di aspirare al riconoscimento della dignità della propria vita; di essere responsabili e attivi nella ricerca della felicità; di essere cittadini coscienti del proprio potere come persone singole e associate. Invece di una promessa che la società ha fatto a se stessa nel momento della sua costituzione democratica, l’eguaglianza di considerazione legale e morale è diventata per troppi un fine quasi inaccessibile.

4- Le prestazioni di cittadinanza che hanno storicamente segnato il passaggio dal ruolo di suddito a quello di cittadino, a partire dal principio No taxation without representation si trovano oggi ad essere ridotte a due: al dovere fiscale e all’esercizio del diritto di suffragio. Esse, quandanche implementate, risultano, all’interno della democrazia di una società complessa, assolutamente insufficienti a far fronte alle aspettative che generano, siano esse soddisfacimento di bisogni, di diritti, di desideri, di domande culturali. La sproporzione fra tali prestazioni minime di cittadinanza e le relative massime pretese nei confronti del governo emerge come uno dei sintomi funzionali della crisi sistemica di una democrazia che si identifica ormai soltanto con la delega elettorale. Cittadini che sono solo elettori percepiscono, prevedibilmente, la tassazione come servitù piuttosto che come dovere di contribuire alla vita della collettività esercitato da cittadini liberi. No taxationanche a prezzo della rappresentanza.

5- Il sistema della delega in quanto tale configura il rapporto fra governanti e governati conforme al paradigma espresso dalla domanda rivolta dai primi ai secondi: “di che cosa avete bisogno cittadini?”, a cui segue l’impegno programmatico dei primi a far fronte alle richieste. Tale impegno risulta agli occhi di tutti costantemente inevaso. Solo in certi casi ciò dipende dai limiti dei delegati poichè in generale la delusione è imputabile ai limiti stessi della rappresentanza. Si rende dunque necessario un passo ulteriore nella direzione di un’assunzione di maggiore responsabilità politica dei governati che, rispondendo alla domanda: “Che cosa posso fare?”, cooperino ad una costituzione positiva della potenza di agire di una società.

6- Il passaggio storico in Europa da una società stratificata – in cui gli interessi interni agli strati o ceti o classi erano tendenzialmente omogenei – ad una società complessa e funzionalmente differenziata – in cui coesistono e si mobilitano all’interno di ciascuna fascia istanze e opportunità diversificate in ordine a svariati contesti (salario, abitazione, trasporti, sanità, informazione, cultura, tempo libero ecc.)- impone un aumento enorme di capacità selettiva che il solo sistema della rappresentanza politica non è in grado di offrire. Solo un cospicuo incremento di tale capacità selettiva può affrontare il compito di ridurre e quindi governare questa enorme complessità. E’ da questa considerazione che si ricava l’importanza sostanziale e decisiva delle associazioni e dei partiti, quali corpi intermedi ed espressioni della necessità della cittadinanza attiva.

7- La teoria sociologica dei sistemi aperti illustra con chiarezza questa esigenza: per ridurre la complessità dell’ambiente sociale, cioè la sovrabbondanza delle sue istanze e alternative rispetto all’azione attualizzante, occorre complessificare il sistema della politica, ovvero aumentare la sua capacità di selezione intelligente offrendo un più ampio ventaglio di opzioni e possibilità rispetto al sistema chiuso della rappresentanza, che ne scarta un numero insopportabile. Un sistema aperto deve poter contare pertanto su un’articolazione di voci, interessi e iniziative dei cittadini che da una parte raccolgano, segnalino e trasmettano alle instituzioni e agli organi di decisione le informazioni e dall’altra occupino spazi di autorganizzazione. Il pluralismo associativo è quindi sia un segno di libertà che una condizione di necessità funzionale. A tale proposito, offrono interessanti esperienze in prospettiva le analisi e le pratiche sui temi dei beni comuni, le quali potrebbero permettere di affiancare le forme delegate, dirette e partecipate della democrazia con forme innovative di democrazia cooperativa, sul terreno intermedio fra pubblico e privato, in un arricchimento e qualificazione degli strumenti della libertà politica.

8- Questo urgente salto di qualità democratica va intrapreso anche sul fronte di una profonda riflessione e ri-formulazione del ruolo e della forma di quegli specifici corpi intermedi a vocazione universalistica che sono i partiti politici. Lo stato attuale dei partiti nel nostro paese li vede ridotti a macchine di selezione della classe dirigente, dominati dagli esperti del marketing dell’immagine e sempre più rinunciatari rispetto alla decisiva funzione di negoziazione degli interessi delle comunità locali e nazionali. In questo senso, ad essi non si richiede ingenuamente una cessione di potere, ma piuttosto la mutazione della propria forma: da comando e pretesa di delega in bianco a coordinamento, valorizzazione, promozione della potenza sociale espressa da competenze, progetti, iniziative, esperienze autonome, ecc. Per negoziazione noi intendiamo il compito di dare ragioni agli interessi, ovvero la capacità di renderli legittimi e dunque componibili con gli interessi altrui mediante una loro diretta assunzione di responsabilità. In caso di conflitto esso deve durare il tempo della sua componibilità: a questo del resto serve la regola di maggioranza, che esclude a priori il consensualismo mentre presume dissenso e conflitto, ma anche contrattazione e mediazione sempre aperta.

9- Il tema che qui è posto in ordine all’incipit di una Costituente Egualitaria si propone semplicemente come uno stimolo al dibattito e alle pratiche della moltitudine di soggetti che, a vario titolo, in diverse forme e in diversi luoghi, già hanno manifestato e manifestano insofferenza critica nei confronti di una convivenza sociale regolata da una democrazia sempre più affannata da spinte oligarchiche e sempre meno capace di reagire all’ineguaglianza crescente e alla sottrazione di sovranità ai propri cittadini. Dunque, politique d’abord!!!

*Stefano Bonaga, nato  a Bologna nel 1944, è titolare della cattedra di antropologia filosofica dell’Università di Bologna, ha ideato insieme a Maurizio Matteuzzi della rete civica Iperbole per il Comune di Bologna in cui è stato Assessore nella giunta Vitali. Tra i suoi ultimi libri: I dieci comandamenti del vivere civile, Alberti 2011.  Nadia Urbinati, nata a Rimini nel 1955, è titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York e tra i suoi ultimi libri: Democrazia rappresentativa. Sovranità e controllo dei poteri, Donzelli, 2010; Liberi e uguali. Contro l’ideologia individualista, Laterza, 2011. Il disegno in alto è di una scuola di Conegliano (Treviso) per un progetto di cittadinanza attiva.

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Il nostro aiuto alle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto

Il nostro aiuto alle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto

Come associazione affiliata all’ARCI, Energia Felice ha inviato 150,00 € a sostegno delle vittime del terremoto che il 24 agosto ha colpito il Centro Italia. Di seguito il comunicato di Arci e i dettagli per inviare le donazioni.


Ancora una volta un terremoto dalle terribili conseguenze ha provocato devastazione, feriti   e morti tra gli abitanti di alcuni paesi del centro Italia.

A queste popolazioni va tutta la nostra solidarietà, insieme al cordoglio per le vittime, tra cui purtroppo tanti bambini.

Ai tanti volontari che in queste ore si sono attivati, compresi quelli della nostra associazione, va il nostro sostegno e ringraziamento.

L’Arci invita i propri  soci e le proprie socie , le proprie  basi associative presenti in tutto il territorio nazionale,  ad attivare una raccolta  di donazioni e fondi, anche cogliendo l’occasione delle tante manifestazioni estive ancora in corso.

Con la collaborazione di tutti, anche con piccole donazioni, approfittando delle tante occasioni di socialità che i circoli e i comitati organizzano,  l’Arci potrà così contribuire  a realizzare primi interventi di aiuto alle popolazioni locali coinvolte, interventi che verranno individuati  in  raccordo con le Arci dei territori interessati, che in queste ore si sono già attivate mettendo a disposizione le proprie sedi per supporto e raccolta materiali.

Le donazioni vanno versate sul  conto corrente, intestato ad Arci  presso Banca Popolare Etica, IBAN

IT 36 A 0501803200 000000000041,  indicando nella causale: “Terremoto Centro Italia”.

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