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Il brusco cambio del clima inibisce il gas di ENI e la CCS (Carbon Capture & Storage) di Cingolani

I movimenti giovanili e Papa Francesco hanno già comunicato l’essenziale: in un mondo malato deperisce l’intera natura, la vita si rigenera a fatica e non possono esserci umani sani!

Si richiede una iniziativa straordinaria e perciò collettiva, che spazzi via gli incredibili ritardi dei governi. Siamo un gruppo di associazioni e comitati che, sia a livello locale che nazionale, intendono contrastare una riconversione energetica dettata dalle convenienze di grandi aziende, a dispetto della salute e della drammatica mancanza di tempo per la rigenerazione del Pianeta.

Nel dramma in corso non bastano certo soluzioni tecnocratiche, ma autentica partecipazione e alternative praticabili nei territori, nelle città, finalmente in armonia con la natura.

Nel documento che trovate qui allegato (PDF, 148 Kb) usiamo la “lente” dell’acqua, per individuare un passaggio fecondo alle rinnovabili, lasciandoci alle spalle un mondo  progettato come un nostro smisurato manufatto.

Non partiamo da zero: illustriamo casi aperti come Civitavecchia o altri certamente criticabili, come l’idrogeno blu su cui insiste ENI. Siamo certi che cittadini, attivisti ambientalisti e lavoratrici e lavoratori informati sapranno farsi ascoltare.

Magari, come chiediamo, attraverso una audizione pubblica istruita in Parlamento con gli enti del settore energetico partecipati dallo stato.

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Clima, le emissioni non sono calate abbastanza col virus: bisogna puntare alle energie naturali

Difficile misurare e prevedere la diminuzione di climalteranti dovuti al blocco delle attività in tempo di coronavirus, perché essa dipende da quali settori dell’economia hanno chiuso e le aspettative di ripresa nel corso dell’anno. Benjamin Storrow, in un documentatissimo articolo spegne alcuni entusiasmi sulla caduta delle emissioni durante la pandemia.

Se si calcola che ormai 4 miliardi di persone in tutto il mondo si sono fermate per contribuire ad arginare la diffusione del virus, il confronto con le previsioni dei meteorologi (poco oltre il 5% nel 2020), pur rappresentando il più grande calo annuale mai registrato, rimane al di sotto del calo del 7,6% che gli scienziati dicono che è necessario ogni anno nel prossimo decennio per impedire che le temperature globali aumentino di oltre 1,5 gradi Celsius.

Non c’è proporzionalità diretta tra calo dei prodotti e abbassamento delle emissioni. Quindi perché le previsioni non prevedono un calo maggiore di CO2 durante una delle peggiori catastrofi economiche della vita? Nei fatti la pandemia sta causando una caduta libera economica che differisce dalle precedenti recessioni.

Solo se le riduzioni di anidride carbonica non ripartissero secondo il cosiddetto “ritorno alla normalità” che sta a cuore di tutti i governi (si pensi da noi agli aiuti a Fca e Alitalia e al mantenimento delle centrali a carbone) registreremmo un obiettivo in linea con l’auspicio dell’Ipcc. Ma occorrerebbe un grande movimento che prema sui governi del mondo e sulle multinazionali e una svolta dalla produzione energivora alla cura dell’intera biosfera e un cambio degli stili di vita.

Sia negli Stati Uniti che in Cina il lockdown non è stato utilizzato per mutare il segno dell’eventuale ripresa, ma solo per tenere in vita con la manutenzione indispensabile il modello che riprodurrà quanto prima le emergenze in corso. I cali in Cina e Usa sono stati solo del 25% e del 14% nel mese di maggior diffusione del virus e la maggior parte dei meteorologi ipotizzano che l’economia riprenderà nella seconda metà dell’anno, spingendo le emissioni verso l’alto con un rimbalzo.

Anche in uno scenario in cui le emissioni sono diminuite del 25%, i tre quarti della produzione globale di CO2 continuerebbero durante un blocco annuale. A differenza delle recessioni passate, il trasporto sta guidando il calo delle emissioni. La spedizione è rimasta costante e la produzione è stata lenta a chiudere. Molte acciaierie e centrali a carbone hanno continuato a funzionare per tutto l’arresto, sebbene spesso a livelli ridotti.

Al contrario è calato il traffico di trasporto individuale delle persone: del 54% nel Regno Unito, del 36% negli Stati Uniti e del 19% in Cina, mentre i viaggi aerei, nel frattempo, sono diminuiti del 40%, con un riflesso drastico sul calo del petrolio (-65% kerosene; -41% benzina). Eppure, l’economia globale sta ancora consumando molto petrolio, sia per gli usi militari e per il mantenimento degli slot da parte delle compagnie aeree, sia per il trasporto su ruota e ferro con diesel.

Poi ci sono prodotti petrolchimici, che sono stati colpiti in modo diseguale dalla crisi. Le materie plastiche utilizzate nella produzione automobilistica sono in calo, ma quelle usate per l’imballaggio alimentare sono in aumento. I numeri mostrano quanto sia intrecciato il petrolio con l’economia globale e quanto sarà difficile decarbonizzare l’economia semplicemente attraverso l’adeguamento comportamentale. Le auto e gli aerei possono essere parcheggiati in massa, eppure il consumo di petrolio diffuso continua.

Questa prima fase di pandemia è stata pagata più dal trasporto aereo e di auto, ma meno dall’elettricità e dal gas naturale. Il carbone, anche se demonizzato in epoca di pandemia, rimane cruciale per la generazione di elettricità in tutto il mondo e rappresenta il 40% delle emissioni globali di CO2, più di qualsiasi altro combustibile. Assieme al petrolio, rimane un ingranaggio centrale nella produzione economica in tutto il mondo.

Ma mentre comincia ad essere matura una lotta per la conversione delle centrali a carbone e gas nelle economie avanzate, la pandemia sottolinea la necessità di rendere da subito accessibili le energie naturali per le parti in via di sviluppo del mondo su cui potrebbe essere riversato l’eccesso di fossili continuamente estratto.

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Coronavirus ed emergenza climatica, dalla nuova Collana ESC

DAL 30 APRILE DISPONIBILI IN EBOOK I PRIMI 9 TITOLI DELLA NUOVA COLLANA ESC, NATA PER RACCONTARE COME VIVREMO DOPO L’EMERGENZA COVID-19 E PREPARARCI ALLE SFIDE CHE DOVREMO AFFRONTARE

Il mondo non sarà più lo stesso, l’emergenza COVID-19 che ha segnato le nostre vite negli ultimi mesi, stravolgendo il mondo che ci circonda, diventerà qualcosa con cui dovremo imparare a convivere. La nuova Collana ESC edita da Castelvecchi vuole raccontare quello che è stato e le sfide che dovremo prepararci ad affrontare. Professionisti ed esperti di varie discipline ci aiuteranno a riflettere sui cambiamenti in atto in ogni settore delle nostre vite: scuola, sanità, economia, clima, diritti, tecnologie e molto altro.

LA COLLANA ESC È DISPONIBILE SU TUTTE LE PIATTAFORME DI ECOMMERCE AL COSTO DI 2,99 € PER CIASCUN TITOLO

Raffaele Mantegazza La scuola dopo il Coronavirus 

Ivo Lizzola Un senso a questi giorni. Conversazione con Pierluigi Mele

Pier Virgilio Dastoli Unione Europea: bilancio dei beni comuni 

Mario Agostinelli Coronavirus ed emergenza climatica 

Tonino Perna Pandeconomia 

Francesco De Filippo Dai serpenti di Wuhan alle aragoste di Portofino

Carlo Saitto Le politiche sanitarie e il Coronavirus

Paolo Benanti Se l’uomo non basta. Speranze e timori nell’uso della tecnologia contro il COVID-19 

Pietro Battiston e Roberto Battiston La matematica del virus. I numeri per capire e sconfiggere la pandemia

I PROSSIMI TITOLI

Alain Badiou Sulla situazione epidemica Boaventura De Sousa Santos La crudele pedagogia del virus – AA.VV. Il contagio del pensiero. Filosofia, antropologia, pandemia – AA.VV. Virus e logos. «Guardare avanti: esercizi di utopia razionale» e in arrivo anche i contributi di Derrick De Kerkhove, Giuseppe De Marzo, Andrea Ranieri e Giuseppe Iorio.

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EDUCAZIONE: UN IMPORTANTE STRUMENTO PER COMBATTERE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

a cura di Mario Agostinelli

In questi giorni pesanti mi sono messo a tradurre e ricomporre un documento che trovo preziosissimo perché proviene dal sindacato internazionale, come una voce nel deserto che nessuna organizzazione nazionale del lavoro ha ripreso. Se ne avrete la voglia, potrete valutare come la sequenza illustri bene l’evoluzione storica malefica delle varie COP sul clima e muova una critica netta ai governi e al sistema del negazionismo climatico.

Credo che le indicazioni e le riflessioni che hanno l’autorevolezza di un documento prodotto dall’IE-EI* possano servire molto al nostro lavoro sia tra gli studenti sia nei confronti degli insegnanti e della formazione dei “disseminatori di didattica” quali ci siamo definiti. C’è qui una messe di informazioni sull’attività internazionale degli organismi UNESCO, ONU, UE, cui tutti potremmo accedere e sulla traccia di relazioni sociali che possono costruirsi a partire dal mondo del lavoro, del sindacato degli insegnanti, della ricerca, dell’Università fino alle scuole popolari: tutti, a quel che so, spaventati dalle arroganze spudorate della Lagarde, ma totalmente ignari di una presa di posizione così autorevole assunta per nome di milioni di lavoratrici e lavoratori.

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Education International è una Federazione dell’Unione Globale che rappresenta organizzazioni di insegnanti e altri dipendenti dell’istruzione. È la più grande e rappresentativa organizzazione settoriale mondiale dei sindacati con oltre 32 milioni di membri sindacali in 391 organizzazioni in 179 paesi e territori. Education International collabora con altre Federazioni sindacali globali e altre organizzazioni amichevoli per promuovere e raggiungere la solidarietà.


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APPELLO: Iniziativa di legge popolare su emergenza climatica

La più grande minaccia di questo secolo” – il cambiamento climatico, la transizione all’instabilità climatica – si sta delineando con eventi sempre più drammatici: a luglio scorso il National Snow and Ice Data Center (NSIDC) degli Usa ha rilevato un picco terribile e inatteso nella curva che documenta l’andamento della fusione dei ghiacci artici in Groenlandia.

Abbiamo denunciato da gran tempo le conseguenze del cambiamento climatico che si abbatte su uomini e cose con l’intensità degli eventi meteorologici estremi, mentre si estendono le aree desertiche, cresce la siccità, si addensa negli ultimi vent’anni il numero dei massimi di temperatura media della terra. La calotta artica si è spaccata nel 2006 aprendo la caccia senza regole al suo sottosuolo, nel 2017 si è staccato dall’Antartide un “iceberg” più grande della Liguria.

Ci siamo battuti documentando e denunciando la più generale crisi ambientale: la devastazione di uno sviluppo fondato sulla spoliazione e il saccheggio delle risorse naturali, come conseguenza del modo capitalistico di produrre e consumare. Esemplare, il nuovo odioso colonialismo del landgrabbing, che attraverso i meccanismi della mera acquisizione di mercato priva intere popolazioni dei loro diritti, delle loro terre e delle loro acque senza dar loro nemmeno la possibilità di essere ascoltati o addirittura attraverso vere e proprie deportazioni. In America Latina, Asia e Africa sempre più grandi foreste, terre comunitarie, bacini fluviali e interi ecosistemi vengono spogliati e le comunità sfollate. Il rogo della foresta amazzonica è l’ultimo drammatico esempio, ammantato di un sovranismo in realtà prono agli interessi delle grandi compagnie agrario-alimentari. La diversità biologica viene costantemente ridotta, la grande barriera corallina australiana è a rischio nei suoi 3000 km. Il respiro degli oceani è soffocato dalla plastica.

Abbiamo proposto in tutti questi anni la battaglia a favore dell’ambiente, contro il global warming e per una generale riconversione ecologica dell’economia e della società, come impegno culturale, sociale e morale. La “Laudato si’” di Papa Bergoglio ha messo in risalto gli aspetti umani e spirituali di questa nuova visione.

I governi di tutto il mondo, colpevolmente lenti nell’applicare il Protocollo di Kyoto (2005), oggi in ritardo nell’attuare gli impegni dell’Accordo di Parigi ratificati nel 2016 da 180 Paesi, devono accelerare la loro azione per fare più efficacemente fronte al cambiamento climatico e mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C.

A pagare lo sconquasso del clima sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili, colpite dalle migrazioni interne o dalla fuga disperata dalle loro terre, da fame, sete e malattie endemiche, marginalizzate nei loro territori, spesso nel nome stesso dello sviluppo e dell’innovazione. I rischi dovuti ai disastri ambientali accrescono tensioni e conflitti e nel 2017 hanno causato, da soli, l’esodo di 60 milioni di rifugiati ambientali, ma saranno quattro volte tanti nel giro di soli vent’anni.

Non si tratta solo dell’accoglienza e della sicurezza. Occorre “costruire ponti”, capaci di ridurre la distanza tra chi ha troppo e chi non ha abbastanza, tra l’opulenza e la povertà, come indicato dagli obiettivi globali dell’Agenda 2030 proposta dalle Nazioni Unite.

Occorre modificare i nostri stili di vita, le nostre culture e il nostro modo di pensare se vogliamo dare futuro al futuro. Trasformare i rifiuti in nuovi prodotti com’è tecnologicamente possibile, fare di più con meno, organizzare la società della sufficienza affinché ogni risorsa sia utilizzata senza sprechi e nel modo più appropriato fino all’autogestione. E, da subito, “decarbonizzare” l’economia sostituendo i combustibili fossili con le fonti rinnovabili.

Oggi finalmente una voce si leva autorevole per imprimere un’accelerazione agli impegni dei Governi, almeno qui in Europa. La neo-presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha proposto al Parlamento europeo a Strasburgo l’obiettivo di riduzione del 50-55% di CO2, il gas serra dominante, entro il 2030 facendo così schizzare a quel livello il target che la UE aveva in precedenza fissato al 32%. E, conseguentemente, di mantenere “un ruolo di guida della UE nei negoziati internazionali per far crescere il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021”. Come si è verificato lungo tutto il percorso che ha portato all’Accordo di Parigi.

Il Governo italiano, continuando a perseguire un atteggiamento vergognosamente caudatario; infatti, essendo già da tempo in corso il dibattito in sede Ue per portare la riduzione al 40%, ha proposto nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) un obiettivo di solo il 33%. Il PNIEC è stato sottoposto, a decorrere dal 3 agosto scorso, alle osservazioni di tutti i cittadini tramite la Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

Noi, le associazioni, i comitati e i gruppi che rappresentiamo, faremo senz’altro pervenire le nostre osservazioni entro i 60 giorni previsti dalla procedura di VAS. Riteniamo, però, che debba attuarsi in tutto il Paese la più ampia mobilitazione possibile perché il Piano assuma l’obiettivo indicato dalla von der Leyen. Al di sotto, saremmo come i Paesi di Visegrad nei confronti dell’immigrazione, non a caso le maggiori resistenze alla “decarbonizzazione” provengono da alcuni di loro in nome del miope privilegio degli “interessi nazionali”. E, soprattutto, non saremmo all’altezza della tremenda sfida e delle responsabilità che il cambiamento climatico impone a tutti.

Per favorire questa mobilitazione, per dargli il carattere capillare di confronto con cittadini, organi territoriali elettivi, istituzioni e enti pubblici, luoghi di lavoro e di socializzazione, organi di informazione, proponiamo una legge d’iniziativa popolare che assuma l’obiettivo del 50% per l’Italia e indichi la carbon tax come mezzo principale per coprire la spesa pubblica finalizzata a quell’obiettivo.

La raccolta di firme per la presentazione della legge può costituire un momento d’informazione e, allo stesso tempo, sollecitare un protagonismo consapevole ed esteso di tutti quale la drammaticità dei tempi richiede.

 

Massimo Scalia CIRPSDaniela Padoan Pres. Forum LAUDATO SI’Mario Agostinelli Pres. ENERGIA FELICE – Vanessa Pallucchi Vice Pres. LEGAMBIENTE – Pippo Onufrio Dir. Gen. GREENPEACE ITALIA – Enrico Vicenti Segretario CNI-Unesco Ermete Realacci Pres. SYMBOLARoberta Cafarotti Dir. Scient. EARTH DAY ITALY – Mariagrazia Midulla Resp. Clima & Energia WWFEnzo Naso Dir. CIRPS – Virginio Colmegna Forum LAUDATO SI’ – Marialuisa Saviano Pres. IASS – Aurelio Angelini Pres.CNESA2030-UnescoGianni Silvestrini Dir. Scient. KYOTO CLUB – Mario Salomone Segr. Gen. WEEC NETWORKSimona Sambati CASA DELLA CARITÀSergio Ferraris Dir. “QUALE ENERGIA” – Vittorio Bardi Pres. SÌ ALLE RINNOVABILI, NO AL NUCLEAREPaola Bolaffio Dir. “GIORNALISTI NELL’ERBA” – Guido Viale FORUM “LAUDATO SI” – Gianni Mattioli CIRPS Pasquale StiglianiSCANZIAMO LE SCORIE”, ScanzanoSerenella Iovino University of North Carolina Marco Fratoddi Dir. “SAPERE AMBIENTE” – Stefania Divertito, Giornalista – Oreste Magni ECOISTITUTO-VALLE DEL TICINO – Michela Mayer Dirett. IASS – Enzo Reda MOV. ECOLOGISTA CALABRIA – Monica D’Ambrosio GiornalistaPaolo Bartolomei Commiss. Scient. DECOMMISSIONING – Anna Re Univ. IULM, Milano – Ilaria Romano Giornalista – Gianluca Senatore Univ. LA SAPIENZA-Roma – Gian Piero Godio PRO NATURA, Vercelli – Linda Maggiori Blogger – Filippo Delogu Segr. CNESA2030-Unesco – Giuditta Iantaffi Coord. Docenti “GIORN. NELL’ERBA”Salvatore Alfano MOV. ECOLOGISTA LAZIO Silvia Zamboni Giornalista

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