Sembrava dover essere ricordato come uno scontro titanico quello di Dubai per ottenere alla Cop 28 quel vago “transition away” dai combustibili fossili. Ora, a Baku, se lo sono perfino dimenticato ed anzi hanno ricordato che è colpa dei consumatori se i petrolieri sono costretti a estrarre e vendere schifezze.
In Azerbaijan la presenza di Giorgia Meloni non è stata casuale. Anzi, ha voluto rimarcare che anche l’Europa può partecipare al gioco dei negazionisti. Lo ha fatto ostentando quell’amore materno che presiede ormai alle sue esternazioni sul futuro che, grazie a lei e per le fortune di sua figlia, sarà immancabilmente migliore. Nella toccata e fuga alla Cop 29 di Baku ha suggerito che, tra le grandi emergenze, quella climatica si possa risolvere “senza ideologie”, ma con un pragmatismo neutralmente distante dalle diverse tecnologie in campo.
A dire il vero, l’unica tecnologia per la transizione energetica che proprio non ha citato è quella più vicina alla realizzabilità e alla decarbonizzazione: quella delle rinnovabili. Ed ha ripetuto il “leitmotiv” dell’attuale governo, confortato dalla Confindustria e dai giornali delle destre: “siamo in attesa del nucleare, ma intanto continuiamo con gas, biocarburanti, sequestro e stoccaggio di carbonio”. C’è, dietro ciò, l’aspettativa che gli espulsi dalla chiusura degli impianti a carbone entro il 2025, pur di essere occupati, sostengano comunque un mantenimento in vita dei fossili (magari dentro rigassificatori o centrali a sequestro di carbonio o inceneritori).
Solo una “visione realistica globale”, secondo la premier, può ottenere successo. Intanto, avanti così, senza prestar attenzione a quanto perfino l’Europa stia diventando un luogo insicuro e pericoloso per eventi climatici sempre più frequenti. Solo due settimane fa, Quanta Magazine dava notizia circa nuove conferme sull’effetto multiplo della CO2 sul riscaldamento atmosferico, in quanto si è scoperto che la molecola assorbe radiazione infrarossa non solo per lo stiramento dei due ossigeni legati al carbonio, ma anche per la rotazione e i rimbalzi di questi ultimi attorno ai loro assi, con un effetto tanto più dannoso quanto più ne aumenta la concentrazione. Ciò rende ancor più conto dell’accelerazione delle emissioni di CO2 che aumenteranno dello 0,8% annuo, fino a far oltrepassare la temperatura di 1,5 °C già entro i prossimi sei anni.
Meloni ha anche vagamente promesso – al solito senza cifre – di elargire milioni (?) verso i Paesi più poveri, glissando quindi sull’obbiettivo principale di Baku: costituire, 25 anni dopo l’impegno della Cop di Copenaghen, un adeguato fondo per sostenere l’azione per il clima dei paesi del sud del mondo.
Infine, prima di lasciare l’Azerbaijan, la presidente del Consiglio non si è affatto dimenticata che Confindustria sta chiedendo nucleare a man bassa e non le è sfuggito che esso servirà anche per alimentare l’Intelligenza Artificiale, alludendo, quindi, non solo ai presunti reattori di nuova generazione cui è affezionato Pichetto Fratin, bensì anche ai piccoli reattori (SMR) che i suoi suggeritori – a partire da Eni – reclamano ad ogni occasione.
In tal modo, ripiega sullo sfondo la posta di una conversione energetica irrimandabile, consapevolmente ritardata al riparo di un disegno dirompente: puntare alla riduzione delle emissioni – come vorrebbe Trump – solo dopo un’eventuale conquista di egemonia derivante da una incessante guerra mondiale a pezzi, in cui le emissioni dovute agli eserciti stanno superando ogni limite. Non si va, pertanto, ad una rottura ora con le fonti fossili: anzi, la si allontana nel tempo come sostitutiva alle rinnovabili e, contemporaneamente, non si procede ad un contenimento dei consumi.
Il negazionismo, prima sparso a piene mani, prova ora a giocare carte nuove, cercando di convincere che, impugnando nel futuro un approccio tecnocratico rischiosissimo si potrà anche decarbonizzare, ma ricorrendo, al CCS, all’ingegneria climatica e, infine, all’ossimoro del nucleare sicuro, se non addirittura all’energia da fusione, “pulita, sostenibile e illimitata”. Nel frattempo, chi perde sono cittadini e le imprese ed anche le casse dello Stato, che rimangono legate ai prezzi alti dell’energia, trainati dal costo del gas.
Proprio dal fallimento delle Cop, occorre ricordare che lo sforzo di persuadere le persone della necessità di agire per il clima e la pace in modo estremo è stato lasciato quasi interamente al settore privato o a quello del volontariato, nonostante che questo sia il più grande problema che l’umanità abbia mai affrontato.
Alle posizioni ormai coincidenti di governo e Confindustria occorre rispondere innanzitutto con una convinta mobilitazione contro l’imbroglio del nucleare e per un bene comune tanto essenziale come il clima, che tocchi le istituzioni a tutti i livelli ed abbia un carattere di ubiquità: se tutti dovessero ascoltare lo stesso messaggio nello stesso momento e se questo messaggio facesse appello direttamente a un nucleo morale comune, tenderebbe finalmente ad essere preso sul serio da chi si sente defraudato.
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