di Mario Agostinelli
Oscurata dal clamore dell’inabissamento del Cavaliere, si è persa la notizia del “no al fracking” di papa Francesco. Un monito autorevolissimo e fuori dell’ordinario contro l’irresponsabile tecnica di estrazione del gas (shale gas o gas di scisto) dalle rocce fratturate idraulicamente. Approfittando del silenzio dei media sul pontefice, i “pontifica tori” del ricorso al fracking non hanno tardato a fare le loro rimostranze e sono stati accolti prontamente dai quotidiani nazionali. Ben cinque pagine di Repubblica Affari e Finanza, sono state dedicate alla “gas renaissance”, in base al solito vizio di cambiare film a seconda che si deplorino gli eventi estremi del cambiamento climatico o che si difendano gli interessi delle compagnie energetiche (vedi le centrali di De Benedetti).
Ma cosa ha mosso Bergoglio, tutt’altro che ignorante sulla questione? L’accusa più comune per il fracking è che le sostanze iniettate nel sottosuolo possono avvelenare le falde acquifere, con conseguenze sulla salute di uomini e animali. In Francia e in Germania il fracking è stato reso illegale e ovunque stanno sorgendo movimenti di protesta. Il dibattito sul gas di scisto impegna molte diocesi europee ed è arrivato persino all’interno della Chiesa anglicana. Il Papa argentino ne è al corrente e sa bene che il sottosuolo dove è nato custodisce riserve di shale gas seconde solo a quelle cinesi. E che, per accaparrarsele, è già in pista la Chevron, la prima tra le 90 aziende responsabili, da sole, di due terzi delle emissioni di gas serra.
Quando ha ricevuto il senatore argentino Fernando “Pino” Solanas (nella foto), che ha sposato la causa dei manifestanti anti-fracking, ha anche visivamente comunicato e in modo inequivocabile il suo appoggio e la sua contrarietà alle devastazioni delle corporation.
Ma come hanno reagito i manager nostrani? L’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, ha lamentato che da noi “non ci fanno trivellare un pozzo, perché dopo i no-Tav ci sono NoTriv”. Paolo Scaroni, ad di Eni, ha definito la politica energetica europea “sbagliata e sfortunata” perché ha dato sussidi alle rinnovabili che, dato che funzionano, fermano le centrali elettriche alimentate a gas! Naturalmente Letta se ne è fatto carico nella manovra finanziaria appena imposta con la fiducia, spostando scandalosamente i fondi dalle rinnovabili ai fossili e a nulla vale che il ministro dell’ambiente Orlando se ne sia lamentato dopo. Giuseppe Recchi arriva a sostenere che lo shale gas in Europa sarà “l’arma della ripresa” e che “il blocco del fracking è dovuto a pregiudiziali ideologiche”.
E se, come dice il report della Commissione Industria ed Energia del Parlamento europeo “l’impatto ambientale, sarà troppo alto, anche in rapporto al contributo alla sicurezza energetica che potrà dare”, direste che è più saggio il Papa NoTriv o i manager e i premier di questo Paese alla frutta?