Green Building: quando la sostenibilità fa rima con lavoro

Il 19 ottobre è stato presentato ufficialmente il primo rapporto dell’Osservatorio sulla edilizia sostenibile della Fillea CGIL e Legambiente. Stimati 600 mila posti di lavoro puntando su riqualificazione energetica e messa in sicurezza.

SCARICA IL RAPPORTO QUI: Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio

Oltre 2 milioni di abitazioni risultano vuote; 6 milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio idrogeologico e 3 milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico. Il patrimonio edilizio esistente è costituito in massima parte da case costruite male, nelle quali fa freddo d’inverno e caldo d’estate malgrado la spesa energetica delle famiglie sia cresciuta del 52% in 10 anni.

Ma uscire da questa impasse è possibile. Dobbiamo rendere più vivibili le città, ammodernare l’edilizia esistente usufruendo delle nuove tecnologie per migliorare la qualita’ della vita e la sicurezza delle persone che ci abitano e ci lavorano, diminuire le spese di gestione delle case; possiamo rendere più belli e funzionali i quartieri recuperando l’esistente creando così nuovi posti di lavoro duraturi e qualificati.

Contro la crisi, Fillea Cgil e Legambiente propongono un nuovo modello per il settore delle costruzioni e nel primo rapporto congiunto su Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio “Costruire il futuro” – che sarà presentato oggi al salone internazionale dell’edilizia (SAIE) di Bologna – espongono un’ampia analisi della situazione dell’edilizia sul territorio e degli strumenti che in molti casi Regioni, Province e Comuni, hanno messo in campo per introdurre nuovi criteri energetici e ambientali, andando spesso anche oltre la normativa in vigore.

In Italia, quindi, ci troviamo in una evidente situazione di stallo nelle costruzioni; in Europa intanto, le direttive per la certificazione e riqualificazione energetica degli edifici, nonché gli obblighi per il nuovo costruito a partire dal 2019, si strutturano in una strategia coerente (il cosiddetto 20-20-20) che in questi anni ha posto il vecchio continente all’avanguardia mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici. Tutto questo indica una nuova strada da percorrere: quella della riqualificazione, del recupero dell’esistente e dell’innovazione tecnologica in edilizia.

Per Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil “in questi anni in Italia sono spariti 500mila posti di lavoro nell’intero settore delle costruzioni, la metà direttamente nel comparto dell’edilizia. Una ecatombe figlia della tempesta perfetta scatenata dall’insieme di due fattori di crisi: uno congiunturale scatenato dalla bolla immobiliare del 2008, ed uno strutturale, cioè la crisi di un modello industriale vecchio ed obsoleto, che non ha saputo capitalizzare gli anni di crescita del settore per rafforzare la qualità delle imprese, sia in dimensione che in investimenti finalizzati alla ricerca ed innovazione dei materiali e delle filiere. Per questo la crisi delle costruzioni in Italia è più forte che in altri paesi. Chi ha saputo per tempo intervenire sui modelli industriali ed innovarli nella direzione della sostenibilità si è difeso meglio dalla crisi”.

Per Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente “oggi possiamo uscire da questa drammatica situazione puntando su due obiettivi: l’innovazione, perche c’è bisogno di una profonda trasformazione delle pratiche progettuali e costruttive se si vuole realizzare sul serio un miglioramento della sostenibilità ambientale nelle costruzioni e in particolare delle prestazioni energetiche, tale da ridurre consumi e bollette delle famiglie, e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio in un territorio tanto fragile quanto a rischio a nche per la costruzione di nuove case legali o abusive. Se consideriamo che il 60% degli edifici a prevalente uso residenziale è stato realizzato prima dell’introduzione della legge antisismica (1974), si comprende la dimensione del rischio che si corre e dove si deve prioritariamente intervenire, creando così  tanti nuovi posti di lavoro, qualificati e duraturi”.

Diventa necessaria una gestione strategica dell’intero processo di recupero e rinnovamento del patrimonio edilizio attraverso l’applicazione di un mix di soluzioni progettuali tecnologiche e impiantistiche sostenibili che servano anche a metterlo in sicurezza (parliamo di 11 milioni di edifici ad uso residenziale per 28 milioni di abitazioni), ma con caratteristiche diverse e priorità di intervento per i rischi sismici e idrogeologici, per il degrado edilizio e anche sociale, distribuiti in modo differente in ogni parte del Paese.

Questi ragionamenti riguardano da vicino la crisi economica che stiamo attraversando e per questo, Fillea e Legambiente hanno individuato una serie di interventi mirati al sostegno dell’economia sostenibile delle costruzioni, indicando un processo (già in corso in tante città) in continua evoluzione con particolare attenzione alle prestazioni energetiche degli edifici, allo sviluppo delle rinnovabili e alla certificazione energetica. Ciò porterebbe ad un innalzamento della qualità della vita dei cittadini e ad un aumento dell’occupazione pari a 600 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni, che possono arrivare, considerando l’indotto della filiera, a circa un milione.

Il primo intervento riguarda la necessità di una regia nazionale che dia certezze alla prospettiva della innovazione energetica in edilizia. In attuazione delle Direttive europee si devono fissare i riferimenti normativi che valgano su tutto il territorio nazionale, e che le Regioni possono dettagliare ma senza vuoti normativi o contraddizioni. In particolare è fondamentale un intervento in materia di prestazioni energetiche e di certificazione, perché le classi degli edifici devono diventare un riferimento imprescindibile e credibile per tutti gli operatori. E poi un intervento che dia certezze rispetto alle regole sull’accreditamento dei certificatori, sui controlli e le sanzioni.

Il secondo intervento riguarda gli edifici di nuova costruzione, dove occorre accompagnare il miglioramento delle prestazioni previsto dalle Direttive Europee stabilendo da subito un obbligo minimo di Classe A per tutti i nuovi interventi. Questo obiettivo, oggi a portata di mano da un punto di vista economico e tecnico, permetterebbe di preparare il settore delle costruzioni alla scadenza del 1° gennaio 2021. E permetterebbe di azzerare le bollette delle famiglie, anche grazie al contributo delle fonti rinnovabili ai fabbisogni elettrici e termici già previsto dalle Direttive.

Il terzo intervento concerne la riqualificazione del patrimonio edilizio per dare finalmente certezze sugli interventi e sugli strumenti di incentivazione. Occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali del 55% per gli interventi di efficienza energetica e allargarlo alla sicurezza statica. Ma soprattutto, occorre introdurre un nuovo incentivo per promuovere interventi di retrofitting e messa in sicurezza di interi edifici.

Il quarto intervento riguarda il patrimonio edilizio pubblico, per superare il Patto di stabilità nel caso di interventi che migliorino l’efficienza energetica. Agli Enti locali deve essere data la possibilità di realizzare questi interventi direttamente o attraverso Esco, in tutti i casi in cui è dimostrata la riduzione complessiva di spesa realizzata grazie agli interventi e la fattibilità tecnica e finanziaria dell’intervento.

Il quinto obiettivo riguarda la messa in sicurezza del patrimonio edilizio con la necessità di aggiornare l’apparato normativo per gli aspetti di sismica e statica. Occorre intervenire sugli incentivi per premiare chi realizza interventi sia energetici che statici e introdurre il libretto del fabbricato.

Infine, si deve intervenire rispetto all’impatto ambientale del settore delle costruzioni, riducendo il prelievo di materiali da cava. E’ possibile farlo premiando nei capitolati di appalto i materiali provenienti da inerti riciclati, e rivedendo i costi di smaltimento in discarica e di prelievo da cava come si è fatto negli altri Paesi europei dove si sono ridotte le cave e aumentati i posti di lavoro.

Che cosa cambia con il Quinto Conto Energia

Il 27 agosto 2012 è entrato in vigore il Quinto conto energia, il nuovo regime incentivante per il fotovoltaico pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 luglio scorso. Il nuovo meccanismo,tuttavia, rischia di nascere già con il fiatocorto: il nuovo tetto di spesa complessivo
annuale per gli incentivi è stato innalzato di 700 milioni di euro, quindi gli incentivi ai nuovi impianti cesseranno al raggiungimento di 6,7 miliardi (a cui seguirà un regime transitorio di 30 giorni). Si stima che il nuovo conto energia partirà con un monte incentivi di oltre 6,3 miliardi già impegnati. Le risorse disponibili per il Quinto conto energia si ridurranno allora da 700 a meno di 400 milioni che con molta probabilità si esauriranno entro la primavera del 2013.

Scaricate qui un documento dell’Informatore Agrario, Che sintetizza molto bene il nuovo sistema di incentivazione.

Fotovoltaico: che cosa cambia con il Quinto Conto Energia

Piano energetico, noi faremo come la Svizzera?

di Mario Agostinelli – Il Fatto Quotidiano on line

Siamo un po’ al paradosso. Mentre il Governo Monti-Passera fa uscire di soppiatto dalle sue stanze unpiano energetico nazionale che guarda al passato (e che impudentemente assicura di sottoporre ad “ampia verifica”), un Paese conservatore, autonomo rispetto all’Ue e fino a ieri moderatamente filonucleare come la Svizzera, mette in consultazione una suastrategia energetica al 2050. E opta per un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo.

Paragonare il piccolo Paese elvetico all’Italia dei “tecnici” mi serve anche per interloquire con i molti commenti riservati al mio blog. Commenti che arricchiscono i miei post rendendoli assai più problematici e articolati di quanto siano in partenza e a cui non posso rispondere direttamente senza ulteriormente frammentare la discussione. Perciò provo a replicare a talune critiche o perplessità ricorrendo a riscontri insospettabili e a prima vista sorprendenti.

È il caso dell’orizzonte energetico con cui si sta misurando la Svizzera e che rende un po’ desuete le presunzioni dei sostenitori inflessibili del nucleare, dei fossili, della continuità del vecchio sistema. Si tratta di un Paese moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi, con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche naturali. In passato, la Svizzera aveva ritenuto risolutivo il ricorso all’energia nucleare. Una riflessione critica dopo Fukushima ha finito col buttare all’aria le carte di una strategia più che consolidata e refrattaria a cambiamenti radicali.

La consigliera federale Doris Leuthard, relatrice del piano energetico, ha stupito più di un osservatore. Nel suo rapporto all’organismo parlamentare ha esordito dicendo che “a livello mondiale abbiamo prezzi molto volatili di fronte ad un aumento della domanda di energia. Dal 2001 il solo prezzo del barile di petrolio è salito da 83 agli attuali 125 dollari, con conseguente aumento del prezzo del gas e delle energie convenzionali. Nello stesso tempo vediamo che le energie alternative costano sempre meno, ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute” (Corriere del Ticino, 29 settembre 2012). E ha aggiunto che, con la decisione di abbandono del nucleare, “non resta che puntare decisamente su una graduale trasformazione del sistema energetico attuale”. Esattamente il contrario della proposta Passera che tende al rilancio delle trivellazioni e alla costituzione di un “hub del gas” che saturerebbe l’Italia di tubi, rigassificatori e depositi di fonti fossili.

La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle “smart grid” per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità. È significativo soprattutto il collegamento tra la politica energetica e quella climatica, con il varo di una riforma fiscale ecologica che accorpa in un’unica tassa sull’energia la tassa sulla CO2 e quella per immettere in rete l’elettricità e il calore autoprodotti.

La consultazione a livello statale durerà 8 mesi. Una volta noti i risultati, si aprirà il dibattito parlamentare con un contraddittorio e una pubblicità assicurata da un protocollo rigoroso per radio e televisioni statali. Da noi ci si limita ad annunciare imprecisate consultazioni online sulla bozza Passera –  tutt’ora semiprivata – con formulari predisposti in forma di quesito secco, a cui si potrà rispondere con la stessa aspettativa con cui si imbuca una lettera per un destinatario che non è tenuto a rimandare la ricevuta di ritorno.

Una volta, forse con un po’ di ingenuità, per rivendicare le otto ore di lavoro si cantava “e noi faremo… come la Russia!”. Mai ci saremmo aspettati di rivendicare democrazia energetica e giustizia climatica sospirando “e noi faremo come la Svizzera!”

E’ on line la Strategia Energetica Nazionale, alias il Famigerato Piano Passera

Da oggi è disponibile sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico la Strategia Energetica Nazionale, versione definitiva delle bozze che sono state diffuse in rete già alla fine di agosto e che abbiamo commentato su questo sito (Il governo della grande trivella; Ilva, Alcoa, Sulcis e l’energia fossile di Passera).

Per ora ci limitiamo a riportare tutta la documentazione disponibile. Nei prossimi giorni inizieremo a pubblicare una serie di documenti nei quali analizzeremo in modo approfondito e critico il documento.

Potete scaricare il documento completo qui: Documento di ConsultazioneUna sintesi del documento qui: Slide Piano Passera.

Il ministero ha ammantato la pubblicazione della SEN di una retorica della partecipazione: il documento è messo in rete e attraverso un form è possibile proporre modifiche e integrazioni. Per accedere al form clicatte qui: Partecipa alla consultazione.

Non crediamo che nella realtà la Strategia Energetica Nazionale possa subire delle modifiche sostanziali in seguito al processo di consultazione. Le linee generali sono già ben definite e non emendabili: Italia hub europeo del gas; petrolio nazionale con un incremento delle trivellazioni; riaccentramento dei poteri in materia energetica; e poi tante belle intenzioni su rinnovabili ed efficienza, ma è più che evidente come vi sia l’intenzione di marginalizzare le fonti pulite.

Osserva giustamente Leonardo Berlen di qualenergia.it: “Nella SEN c’è un profluvio di belle parole sull’efficienza energetica, ma proprio oggi è stata presentata alla Camera una proposta di legge di stabilità in cui non compare la proroga del 55% che rischia così di morire a giugno 2013, dopo essere stato depotenziato dallo stesso Governo proprio poche settimane fa”.

Esiste poi una questione squisitamente politica: è legittimo che un governo senza legittimazione popolare delinei la strategia energetica che è destinata a segnare le sorti del paese per molto tempo?

L’energia per cambiare il mondo

Una bella intervista tratta da Comune-info, che ci racconta l’impegno di una cooperativa che attraverso le energie rinnovabili crea relazioni solidali.

Un po’ come il web, che è capitalismo puro di dimensioni globali ma anche software libero, l’universo delle energie rinnovabili è allo stesso tempo economia capitalista e fuga dal sistema energetico mean stream, quello centralizzato, ambientalmente devastante e alla ricerca del profitto prima di tutto. A muoversi nel mondo delle rinnovabili, accanto alle imprese giganti ci sono infatti cooperative sociali e reti che sperimentano soluzioni per il risparmio energetico e l’autonomia energetica, delocalizzata e di piccola scala, con cui pezzi di potere e non solo le energie si diffondono. Quelle cooperative spesso trovano il modo e il tempo per proporre accanto alle attività tecniche e commerciali (consulenza, progettazione, installazione) anche iniziative sociali e culturali (didattica, formazione, informazione). È il caso di Energetica, che lavora con privato e pubblico, privilegiando gli enti di prossimità, cioè comuni e municipi, perché a quelli di Energetica interessa prima di tutto costruire relazioni sociali diverse, favorire rapporti non capitalisti tra individui, comunità e territorio. Abbiamo incontrato Mauro Gaggiotti di Energetica  per capire qualcosa in più su quanto accade in questo momento nel mondo delle energie rinnovabili.

Mauro, cosa accade in questi ultimi mesi nel mondo delle energie rinnovabili? Ci spieghi in parole semplici che cosa succede in particolare sul versante dei famosi incentivi statali e perché cooperative come la vostra sono colpite da queste politiche?

Le rinnovabili, da fenomeno di nicchia di ambientalisti radicali e un po’ idealisti, è assurto a settore di mercato con elevati tassi di rendimento, quotazioni in borsa con rialzi a due cifre, scontri commerciali a livello internazionale, speculazioni nostrane con mazzette e corruzione business as usual. Gli incentivi nazionali al fotovoltaico hanno permesso questa trasformazione che d’altro canto ha il pregio di aver diffuso le rinnovabili non idrogene fino a far raggiugere la ragguardevole cifra del 18 per cento della produzione elettrica nel nostro paese. Dal 2006, l’anno del primo conto energia, a oggi, l’espressione green economy è diventata sempre più usata ed ormai abusata. Ma sarebbe un errore affermare che le rinnovabili sono state «comprate» dal mercato diventando un business come un altro. Un’affermazione semplicistica che farebbe solo il gioco dell’economia neoliberista. Dal nostro punto di osservazione, come piccola impresa ad alta competenza tecnica ci siamo confrontati sia con grandi società attente esclusivamente agli indici di valorizzazione monetaria del proprio investimento, sia con imprese radicate nel territorio e che vedono nelle rinnovabili un’opportunità per costruire occasioni di reddito, di autonomia energetica, di partecipazione attiva.

Che impatto hanno le diverse crisi in atto sulle piccole imprese che hanno scelto di proporre un’economia del rifiuto delle energie fossili?

Proprio nella polarizzazione tra mercato e territorio, con le sue mille sfumature, va letto l’impatto della crisi sulle imprese del settore e in particolare sulle piccole imprese attive in questo campo. Per le «imprese verdi» la crisi ha assunto le vesti dei tagli agli incentivi e peggio ancora dell’incertezza sul futuro della politica energetica nazionale. In questo modo scoraggiando investimenti a medio e lungo termine e portando le società orientate al mercato a chiusure o licenziamenti. Per fortuna però, ci sono le piccole imprese, locali, aperte, connesse e resilienti. Imprese, come la nostra, che di fronte a una contrazione del fatturato, guardano comunque alle necessità del territorio, cercando legami con le realtà sociali e la cittadinanza attiva per costruire nuove proposte che alimentino il percorso comune verso la generazione distribuita di energia, verso reti energetiche locali e interconnesse, verso una maggior sicurezza e indipendenza energetica.

Per questo, di fronte alle incertezze legate al settore fotovoltaico, settore trainante della nostra impresa per più di quattro anni, stiamo cercando di aprirci ad altre tecnologie per l’efficientamento e il risparmio energetico, come la cogenerazione, meno dipendente da incentivi pubblici, il termico solare, le soluzioni per l’immagazzinamento dell’energia rinnovabile. Tutti elementi necessari e non sufficienti per affrontare il tema dell’autonomia energetica delle comunità locali in modo globale e complesso. Obiettivo questo, per il quale nacque a gennaio del 2006 Energetica coop. Dal quel giorno a oggi abbiamo vissuto varie fasi. Dal cosidetto start up, a zero reddito e ad alto investimento di tempo vita, passando per una fase di relativa stabilità e riuscendo a pagare con regolarità una decina di stipendi per più di tre anni, fino a una profonda ristrutturazione interna avvenuta dal gennaio di quest’anno. Dalla scommessa incosapevole, direi quasi incosciente, di partecipare al bando per la costituzione di nuove imprese verdi avvenuta nel 2005, oggi possiamo dire di essere degli imprenditori consapevoli. Consapevoli soprattutto dei nostri limiti.

Pensi che oggi questa scelta di lavorare nel settore delle rinnovabili sia sufficiente per definire la qualità e i valori di un’attività economica alternativa alle logiche del mercato?

No , come ti spiegavo occorre esser consapevoli anche del fatto che fare impresa in modo socialmente e ambientalmente sostenibile è un impegno che da sola la piccola impresa non può sostenere se non sulla carta. Va ripensato un modello di economia che consideri l’impresa parte di una strategia condivisa tra istituzione locale, cittadinanza attiva, impresa stessa e ambiente. Cercando di azzerare la distanza tra chi offre un servizio e chi ne usufruisce, tra chi produce un bene e chi lo utilizza. Parafrasando, direi, impresa a chilometro zero. Queste considerazioni nascono anche dalla nostra scelta di dare priorità alle relazioni più che agli obiettivi di vendita e questo ci ha portato a far parte del neonato incubatore di imprese sociali di Roma nel 2006 e poi a entrare dal 2007 della sperimentazione più avanzata in Europa di altraeconomia realizzata per quasi cinque anni nella Città dell’altraeconomia a Testaccio. D’altronde Energetica nasce da un connubio tra qualifiche di alto livello e bisogni sociali da soddisfare, ovvero dal ragionamento per la riqualificazione sostenibile di un’occupazione a scopo abitativo di dieci nuclei familiari, tra i nostri, più note come Le Casette in Action. Il «peccato originale» forse sta qui.

Come vivete il rapporto sostenibilità economica e dimensione politico sociale della vostra esperienza?

Per noi la scelta è tra il mercato e il suo obiettivo di massimizzare gli utili e dall’altra parte il territorio e la cura di nuove relazioni di scambio economico. In questa dinamica e le sue mille intersezioni sta la capacità e la sfida di dare una risposta immediata alla nostra esigenza di reddito ed una risposta di medio termine alla crisi economica e a quella ambientale in atto. Ad esempio,lo scippo della Città dell’altra economia, perpretato dalla giunta Alemanno con l’acquiescenza di alcune imprese legate all’altra economia, ci ha dimostrato quanto sia difficile praticare l’alternativa e stare in piedi. Muovendosi tra il mercato classico e la relazione con il territorio, oggi Energetica si trova a dover prendere una decisione importante per il futuro dei propri soci lavoratori e dei collaboratori.

Quali difficoltà state incontrando in questo periodo?

Il ritardo nei pagamenti e la burocratizzazione espongono i “piccoli” alla cannibalizzazione delle banche. Soprattutto i grandi operatori (Marchionne docet) utilizzano i subappaltatori come “banca” scaricandogli addosso gli oneri finanziari di pagamenti anche a 24 mesi: alle volte è più ragionevole rifiutare le commesse che accettarle per pagare gli interessi alle banche…In questo momento girano fatture, commesse, progetti, ma non girano i soldi: a guardare i bilanci, tutto normale, a guardare la cassa….vuota. Si lavora sulla fiducia in un progetto condiviso e nel tentativo di mettere in moto meccanismi virtuosi.

Quali progetti per il futuro?

 

Oggi guardiamo al domani con ottimismo e apprensione. Sono stati fatti molti passi in avanti verso una consapevolezza dei limiti del pianeta, vengono fatti molti investimenti nazionali e internazionali per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, ma la crisi strangola i piccoli e i non organizzati. Noi siamo piccoli e stiamo facendo difficoltà ad organizzarci con imprese simili alla nostra. Se non saremo capaci di creare sinergie comuni e strategie per uscire dalla crisi, saremo costretti a decisioni drastiche. In chiusura possiamo dire con certezza che, comunque vada, il cammino fatto sin qui ci ha dato molto, ci ha fatto sentire vivi e partecipi di un cambiamento radicale che stiamo contribuendo a determinare.