Presentazione del libro di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto

a cura di PierLuigi Albini

Il mondo al tempo dei quantiQuando nel marzo dell’anno scorso Mario presentò qui a Pentatonic un primo schema di quello che sarebbe poi diventato un libro scritto insieme a Debora Rizzuto, il titolo era Connessi ma lontani. Quanti e relatività: istruzioni per la politica. Ora il libro, uscito vero la fine del 2016, con la prefazione dei due fisici Gianni Mattioli e Massimo Scalia e con la postfazione del politologo Giorgio Galli, ha un titolo diverso, che nel testo non fa sconti alla politica, ma che appare di più ampio respiro e coinvolgente non la sola politica: Il mondo al tempo dei quanti. Perché il futuro non è più quello di una volta.

Un libro insolito – è stato notato – e anche ambizioso, perché l’argomento è di una tale vastità e complessità, e ha così tante e tali implicazioni, anche pratiche, che potremmo definirlo come la coltivazione di un lievito destinato a crescere, da nutrire con apporti multipli e con riflessioni e approfondimenti ulteriori. Non a caso, nel corso di altre presentazioni del libro, si è detto che questo testo potrebbe essere la base di partenza di un possibile laboratorio partecipato. Personalmente, mi auguro che questo auspicio diventi realtà.

Come dire: attenzione, a ciò che i due autori ci dicono a proposito del ritardo culturale diffuso con cui non abbiamo ancora metabolizzato le rivoluzioni scientifiche del ‘900 – e, in primo luogo, quella della fisica quantistica. Ma, forse proprio per questo, non abbiamo gli strumenti conoscitivi diffusi per renderci fino in fondo conto di una rivoluzione, qui ed ora, a cui reagisce una miserabile e ignorante biopolitica con la testa voltata all’indietro. Pigrizia mentale, interessi, pregiudizi consolidati e scarsa attitudine a conoscere. Poi, c’è ancora chi si ostina (e in alcuni paesi è un fenomeno di massa, come negli USA) a considerare l’evoluzionismo una balla.

Lo dico con le parole di Massimo Grattarola, un pioniere, negli anni ’60 del secolo scorso della bioelettronica e della neuroingegneria (già negli anni ’60, teneva dei corsi su questi argomenti!): “La conoscenza non è un’attività tra le altre del soggetto umano, ma la forma stessa del suo rapporto con la realtà”. Che è peraltro un’eco del medievale “Considerate la vostra semenza / fatti non foste a vivere come bruti / ma per seguire virtute e canoscenza”. La non conoscenza (lo dico in senso diverso dall’ignoranza) è il primo e deciso passo per non controllare la realtà; che è anche il primo decisivo ingresso all’essere spogliati dalla facoltà di poter decidere in modo sensato e autonomo.

D’altra parte, ciò che avvenuto con le rivoluzioni scientifiche novecentesche e con quella permanente in corso, sfugge non solo ai decisori politici ma a tanta parte della cultura nazionale, abituata a discuterne – quando lo fa – più con gli strumenti della retorica che con cognizione di causa: cioè, conoscendo davvero ciò di cui parla; in metafora: evitando di scendere nella “sala macchine” e di sporcarsi le mani con l’olio e il grasso. Eppure spesso pretende di sapere come funziona un diesel marino. Ma siccome “la nottola di Minerva la sa sempre più lunga”, alla fine si ritrova con in mano solo un mare di chiacchiere, mentre il treno della rivoluzione tecnologica procede senza che ci si sia data la briga di sapere come e perché sta correndo e, quel che è peggio, come fare ad influire su velocità e direzione.

Insomma, a che punto siamo? Dare una risposta significa avere bene in mente la portata teorica e pratica della rivoluzione operata dalla fisica quantistica; ma non solo, anche in altri domini scientifici che in parte ne dipendono e in parte procedono in veloce autonomia. Penso alla genetica e alle sue manipolazioni, fino alla correzione genica; alla nuova scienza della biologia quantistica; penso al nuovo “macchinismo” dei computer e alle connesse Intelligenza Artificiale e al Big data fornito dalla Rete; penso all’integrazione tra neuroscienze e ingegneria e al suo frutto della robotica e delle cosiddette brain machines, ovvero dell’integrazione uomo/macchina, dove la macchina è mossa dal pensiero.

Tutti argomenti, ma ce ne sono anche altri, che i due autori affrontano, confrontandoli poi con quelli che chiamano i “Principi alla prova della realtà”: per esempio, la nuova manifattura e l’organizzazione del lavoro e il suo spionaggio/controllo oppure la finanza internazionale o anche la medicina di avanguardia o l’invasione del big data nella vita quotidiana sugli aspetti più privati. E c’è anche uno scorcio sull’arte.

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