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8 novembre: Seminario a Rimini

UN NUOVO MODELLO ENERGETICO DI TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: COME RILANCIARE L’ECONOMIA LOCALE COMBATTENDO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Un nuovo modello energetico distribuito e interattivo è oggi possibile. Le tecnologie energetiche rinnovabili, l’idrogeno, le smart grids, le costruzioni a energia positiva, permettono oggi di realizzare una vera e propria INTERNET dell’energia che conferisce un nuovo protagonismo agli enti locali e alla piccola e media impresa territoriale, per un rilancio di un sistema produttivo. Si tratta di un nuovo modello energetico ad alta intensità occupazionale, che crea ricchezza distribuita e posti di lavoro. Questo processo è già cominciato con i social network, le comunicazioni mobili e diffuse, l’economia di rete, che hanno reso le comunicazioni interattive e distribuite. In convergenza con un modello energetico altrettanto interattivo e distribuito permette a ciascuno di produrre e scambiare energia in rete, così come internet permette di scambiare informazioni. Ma la transizione verso questo nuovo scenario energetico può essere rallentata o accelerata a seconda della consapevolezza e della capacità proattiva con cui gli organismi pubblici e gli enti locali riusciranno a tradurlo in politiche sul territori, elaborando piani energetici locali che rispondano al le indicazioni provenienti dall’Europa.

La città di Rimini nel contesto delle strategie energetiche europee, si deve interrogare sul proprio futuro energetico: entro quanti decenni potremo esser “post carbon”? quali sono le tappe intermedie in questo processo? quali metodi di programmazione locale bisogna adottare? Quali interventi concreti? In quali settori? Come integrare le politiche energetiche di lungo periodo legate al ciclo del sole, con quelle di breve e medio periodo legate maggiormente al ciclo del carbonio?

Questo seminario è il primo passo per avviare una riflessione strutturata su queste problematiche e garantire la sostenibilità ma soprattutto la competitività dell’economia riminese nel breve, nel medio e anche nel lungo periodo.

PROGRAMMA (scarica il PDF, 217 Kb)

Apertura interventi da decidersi con il Sindaco

Mario Agostinelli – I cicli energetici: dal carbonio al sole: in un sistema distribuito dell’energia – presentazione di tutti gli aspetti che riguardano la filiera

Livio de Santoli – Verso l’autonomia energetica del territorio: dalle comunità del cibo alle comunità dell’energia. Un nuovo protagonismo per le PMI e gli enti locali.

Angelo Consoli – Una Europa Post-Carbon: dal contesto europeo a quello locale: Il patto dei Sindaci e i pilastri della Terza rivoluzione industriale:

Il primo pilastro: le FER

Leonida Bombace – Fotovoltaico, fonte di reddito e anche di integrazione sociale

Robert Niderkofler – L’eolico verticale. La “democratizzazione del vento (risorsa a disposizione di tutti.

Il secondo pilastro: le nuove costruzioni a energia positiva e gli interventi di sostenibilità su quelle esistenti

Angelo Consoli (L’integrazione delle tecnologie energetiche moderne nelle costruzioni)

Il terzo pilastro: l’idrogeno e l’accumulo dell’energia

Nicola Conenna (Presidente H2U) L’idrogeno come sistema di accumulo delle FER e come carburante. L’idrometano come transizione.

Il quarto pilastro: le smart grid

Prof Livio de Santoli: Il metodo di distribuzione intelligente per l’energia prodotta in modo distribuito

Discussione

Conclusioni e elaborazione di un documento finale “road map” per l’energia distribuita ne Comune di Rimini

– Il Sindaco di Rimini e Angelo Consoli Presidente CETRI

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29 ottobre: Convegno “Idee per un Piano energetico regionale”

Per chiudere con petrolio e nucleare, Piani Solari Regionali

Nel 1987, ad un anno da Cernobyl, il popolo italiano con tre Referendum ha detto molto chiaramente che non voleva più saperne del nucleare: furono chiuse sia le tre malandate centrali “sperimentali” di Trino Vercellese, Latina e Garigliano, sia la grande e recente centrale di Caorso (continuamente “fuori servizio” e già ferma dal 1986). Fu anche sospesa la costruzione dell’enorme centrale di Montalto di Castro, poi riconvertita a metano.

Ma non fu perseguita l’altra via alternativa ai combustibili fossili, le fonti rinnovabili. L’Italia aveva già una grande produzione idroelettrica, con grandi dighe a forte impatto ambientale. La penisola, inoltre, è un’area a grandissima potenzialità geotermica, costellata di vulcani e zone termali, purtroppo con le relative faglie a rischio sismico: a Larderello, in Toscana, lo sfruttamento secolare di questa fonte (non sempre in modo rispettoso dell’ambiente) ha fatto scuola a tutto il mondo, dall’Islanda al Nicaragua. Ma non si è investito in tutti gli altri settori delle rinnovabili: dal solare termico a quello elettrico, dall’energia marina (di correnti, onde, maree e gradiente salino) a quella del vento e degli scarti vegetali, nei giusti e rigorosi limiti del rispetto ambientale, faunistico epaesaggistico.

C’era (e c’è) ancora moltissimo da studiare e sperimentare; ma dobbiamo ricordare che già negli anni ’60 l’Italia era all’avanguardia mondiale nella tecnologia solare: basta ricordare le realizzazioni solari a concentrazione assolutamente all’avanguardia realizzate a S. Ilario, sulle colline di Genova, dal prof. Giovanni Francia, lasciate poi in abbandono. Così come eravamo all’avanguardia nell’edilizia bioclimatica e nella ricerca di un miglioramento dell’efficienza energetica. Molte occasioni sono state sprecate e troppo siamo rimasti in attesa di una pianificazione urbanistica orientata in senso energetico e ambientale. Nel frattempo, all’estero, si moltiplicavano gli esempi di comunità energetiche autosufficienti.

Per non parlare del solare termodinamico (centrali a specchi che concentrano luce e calore per far girare una turbina da parecchi MW), studiato già negli anni ’80 dal premio Nobel Carlo Rubbia, ma realizzato (e solo parzialmente, vedi Gaia n. 47 primavera 2011) a Priolo solo nel 2010, dopo che Rubbia se ne era andato a realizzarne una decina in Spagna. Dopo il Referendum del 12 giugno 2011 ci sono tutte le premesse per non ricadere nelle spire fossili di Enel, Eni, Edison ed Ansaldo. I ripetuti tentativi del governo del cav. (ministri Romano e Tremonti) di azzerare la filiera del solare con improvvisi cambi e tagli degli incentivi, hanno già creato pesanti contraccolpi al “miracolo solare” in corso in Italia dal 2009: solo nel 2010 sono stati installati e messi in produzione in Italia più di 5.000 MW di solare fotovoltaico, corrispondenti alla potenza di quasi tre delle centrali nucleari EPR che il governa voleva costruire con una spesa enorme e tra 10-15 anni…

Ma la reazione di produttori (decine di migliaia di nuovi occupati), utenti e opinione pubblica è stata fortissima e il quorum al Referendum ne è, in parte, un effetto. Ora è il momento di prendere in mano la situazione, fare proposte di ampio respiro, a livello regionale e realizzazioni serie nei Comuni. Perciò è fondamentale la Giornata di studio “Idee per un piano energetico regionale” che ZeroEnergy-Ecoistituto del Veneto e Comitati Riciclo totale-Rifiuti zero di Tv e Ve organizzano sabato 29 ottobre a Padova presso la sala congressi di Banca Etica. L’incontro è aperto a tutti, fino ad esaurimento dei posti, con precedenza a chi si prenota con fax all’Ecoistituto 041.935666 o mail micheleboato@tin.it

Programma

Zero Energy-Ecoistituto del Veneto e Comitati Riciclo Totale – Rifiuti Zero Convegno di studi

IDEE PER UN PIANO ENERGETICO REGIONALE

Risparmio, Efficienza, Rinnovabili

Padova – Sala Convegni Banca Etica

Via Tommaseo, 16 (100 metri da stazione FS)

ore 10 Apertura lavori, Saluti Comune Padova, Provincia Padova, Regione Coordina Michele Boato per le associazioni promotrici

Relazioni

10.15 Massimo Mazzer primo ricercatore CNR-IMEM – Parma

“Potenzialità attuali e a breve periodo delle rinnovabili in Italia”

10.45 Mario Agostinelli esperto Enea – Milano

“Per una uscita dolce dalle fonti energetiche fossili”

11.15 Gianni Tamino docente biologia Università di Padova

“Potenzialità e limiti delle biomasse energetiche”

12.00 Luca Fattambrini architetto coordinatore di ZeroEnergy

“Dati essenziali per un Piano energetico Veneto”

12.30 Michele Boato direttore Ecoistituto del Veneto

“Per un Piano basato su risparmio, efficienza e rinnovabili”

13.00 Gian Luca Pesce laurendo in Urbanistica a Venezia

“Sintesi dei Piani energetici di Lombardia, Emilia-Romagna e Friuli-V.G.”

13.30 – 15.00 Pausa pranzo

Interventi

15.00 Dirigente Banca Etica Come sostenere risparmio e rinnovabili

15.10 Giuseppe Rocco Il potenziale idroelettrico del Veneto

15.20 Gianluigi Salvador responsabile Energia WWF Veneto Altre rinnovabili 15.30 Maria Rosa Vittadini Università Venezia Mobilità ed energia

15.40 Andrea Grigoletto Fondazione Fenice, Padova

15.50 Carlo Cotogni amministratore del. X Group, Monselice

16.00 Nicola Baggio direttore Solon, Padova

16.10 Andrea Sacchetto Uff. Energia Provincia di Padova

16.20 Giampaolo Avrese Club Unesco

16.30 Dibattito

17.30 Conclusioni

Massimo Giorgetti Assessore all’Energia Regione Veneto

 

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Vento nuovo da acqua e sole

Da Il Manifesto, domenica 12 giugno 2011

A cura di Mario Agostinelli

Siamo al “batti-quorum” e la convinzione di quanti hanno impegnato le loro forze nella campagna per acqua e nucleare è rafforzata nelle ultime settimane dalla percezione di una crescita impetuosa di voglia di rappresentanza diretta e di segnali netti da mandare alla politica, ben al di là delle tradizionali appartenenze. Credo che il sequestro di informazione, l’insistenza ad esorcizzare il dibattito sui contenuti dei referendum e lo scellerato boicottaggio del voto da parte di tutto il Governo si vada a scontrare irreversibilmente con la percezione vasta dei cittadini di essere di fronte alla più costruttiva opzione sul futuro che l’agenda elettorale degli ultimi anni abbia loro riservato. Ritengo molto probabile un effetto boomerang, sotto cui un esecutivo arrogante e irresponsabile verrà ridicolizzato. Dopo quindici anni di rituali consultazioni popolari, prevalentemente su marchingegni elettorali o su questioni care all’ingegneria istituzionale, alla casta o alle corporazioni, questa volta siamo interpellati nientemeno che su privatizzazioni, compromissione dei beni comuni, qualità della politica energetica e uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Non solo assi strategici del governo in carica, ma cardini da sempre della politica economica e sociale che ha a che vedere, nell’immediato, con il superamento della crisi e delle disuguaglianze economiche e, nel medio termine, addirittura con la sopravvivenza e con la specificità della convivenza sociale. Ma, soprattutto in questa fase, prodotti di una riflessione e di una maturazione collettiva sullo spostamento dell’attenzione dall’economia alla vita. Uno spostamento che caratterizza quello che viene chiamato il “vento nuovo” e che la politica si ostina a non capire.

Non a caso sono proprio le nuove generazioni che non ci stanno a farsi monetizzare l’esistenza, ad ammonirci che decenni di amministrazione degli interessi dei più forti a danno del bene comune li priva dell’essenza della democrazia, che è la possibilità di creare una società in cui valga la pena di vivere, relazionarsi, studiare, lavorare, procreare. Io non credo che ci sarebbero stati i risultati emersi d’improvviso alle amministrative delle scorse settimane, i Pisapia, i De Magistris, gli Zedda, ma nemmeno la sconfitta pesantissima del leghismo nella sua patria di origine, senza dieci anni di penetrazione diffusa della riscoperta dei beni comuni, di faticosa ma convinta sottrazione dell’acqua alla sfera dell’economia, di spazi di rivendicazione dell’irriducibilità dei diritti e delle libertà nel lavoro, di pretesa risintonizzazione del sistema energetico con il sole e la natura. Insomma, senza movimenti, FIOM e CGIL e senza una nuova generazione che prende la ribalta, non saremmo già entrati in una stagione nuova. E se le nuove amministrazioni vogliono governare con il consenso devono certamente trovare risposte convincenti e partecipate alle domande poste dai referendum. Ci stiamo infatti tutti accorgendo – a destra come a sinistra – che siamo di fronte alla rarefazione delle risorse necessarie e indispensabili a vivere , alla mercificazione e monetizzazione di ogni forma di vita e salute, alla privatizzazione delle decisioni pubbliche relative alla valorizzazione e uso dei servizi comuni come l’energia, l’acqua, la scuola.

Da questa constatazione sono nati i quesiti di Giugno e la gente se ne è accorta, al punto da partecipare in questa campagna a migliaia di iniziative, darsi momenti di ritrovo, puntare sulla creatività e, potrei dire, sull’allegria dello stare insieme. Qualcosa che supera temporalmente i referendum e che dovrà produrre nel tempo che viene tutte la sue potenzialità, dato che non ci è stata data la possibilità di una discussione pubblica limpida e di una registrazione del cambiamento così inconfutabile da costringere il mondo politico e i manipolatori dei media a non sottovalutarlo. Perché di vera discriminante si tratta per l’appuntamento di fine settimana e i casi dell’energia e dell’acqua sono tra i più emblematici e di rilevanza strategica per il divenire delle società umane e della biosfera che caratterizza il pianeta.

In questa prospettiva mi sento di “forzare” i quesiti su acqua e nucleare dentro una dimensione comune, che fino ad ora la campagna referendaria ha mantenuto ancora disarticolata. La prendo volutamente da lontano. La questione dell’alternativa tra atomo e sole va impostata non solo sul piano della sfida tra tecnologia e sicurezza, o del conflitto tra interpretazione prometeica e precauzionale del ruolo della scienza, ma, utilizzando continue allusioni alla metafora dell’universo,va collegata alla sopravvivenza della specie, alla necessità di una condivisione dello spazio e del tempo tra uomo e natura, alla constatazione dell’incompatibilità tra giustizia sociale e spreco dei beni comuni, a cominciare dall’acqua. Niente cattura l’attenzione quanto l’accostamento delle parole vita e universo. Ci sono voluti miliardi di anni per formare i mattoni necessari a qualunque forma di complessità chimica come quella del fenomeno che chiamiamo «vita», così dipendente – come sappiamo – dall’acqua. Questi mattoni si sono formati in seguito a una lenta sequenza di reazioni nucleari all’interno delle stelle: dall’idrogeno diffusissimo fino all’uranio, relativamente instabile. Se l’universo non fosse così “vecchio” e espanso, sarebbe così denso di energia in tutti i suoi punti da non consentire pianeti raffreddati e stelle assai distanti che li irraggiano e li illuminano. E’ per questo che su un pianeta del sistema solare come la Terra è apparsa la vita, che si è evoluta e differenziata fino ai nostri giorni e che verrebbe meno senza acqua o con troppo consumo istantaneo di una energia accumulata nei millenni, quando l’uomo non abitava ancora la Terra, come è nel caso del petrolio o, ancor più, dell’uranio.

Cercare di non mandarci a votare per impedire una discussione pubblica sull’insostituibilità dei beni comuni o sull’alternativa tra atomo e sole, corrisponde a precluderci il confronto centrale di questa fase storica: come assicurare la sopravvivenza e un avanzamento civile quando le risorse naturali incominciano a scarseggiare. Tutti, dopo Chernobyl e Fukushima, hanno capito che un reattore a fissione funzionante come quelli ad altissima potenza che Berlusconi vorrebbe acquistare da Sarkozy, è in termini energetici un incidente latente “moderato e controllato”, fatale per la vita e divoratore fino al paradosso del “termometro” della salute: il liquido incolore che piove dal cielo e circola negli enormi condensatori delle centrali e che viene riversato degradato e contaminato nei fiumi e nei mari. Un incidente “scientificamente” predisposto, contenuto e tenuto a bada da barre, circuiti di raffreddamento, contenitori a tenuta stagna, complessi sistemi software, fintantoché non se ne scopre l’insostenibile effetto termico e radiante, a seguito di qualche incidente non eliminabile in principio, in quanto prodotto dall’ambiente naturale o dalla quotidianità di cui l’impianto è entrato a far parte. Una quotidianità, ai tempi del cambiamento climatico, sempre più sensibile alla siccità, all’aumento di temperatura e di contenuto energetico dell’atmosfera, all’evaporazione di mari, fiumi e laghi e allo scioglimento dei ghiacciai. La scelta di abbandono del nucleare, come quella di sottrarre alla privatizzazione l’acqua per consegnarla al governo territoriale dei cittadini, non è quindi roba da ingegneri, ma riflessione alla portata di qualsiasi persona responsabile che ha diritto di voto.

E come non collegare la proiezione vorace delle multinazionali verso l’”oro blu” alla volontà delle stesse di mantenere in vita un sistema elettrico centralizzato, concentratore di risorse finanziarie e dissipatore di risorse naturali, “sicuro” solo fintanto che se ne possano trarre profitti privati e scaricare costi sulla collettività?

Forse, dopo lo sconquasso dei decenni passati, siamo alla più importante svolta di politica economica e sociale del nuovo millennio, che prevede il ritorno nel campo dei beni comuni del sole e dell’acqua, due fonti di vita, di giustizia climatica e sociale, di lavoro qualificato e di occupazione dignitosa. Perché farcela sfuggire e non imprimergli invece quella torsione permanente che solo la democrazia praticata e la partecipazione consapevole e informata assicurano nel tempo?

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Per un nuovo approccio all’energia, al sole e all’acqua

Si è tentato in ogni modo di sequestrare l’informazione e di esorcizzare il dibattito sui referendum nello scellerato tentativo di sottrarre ai cittadini la più cogente e costruttiva opzione sul futuro che l’agenda politico-sociale abbia riservato negli ultimi anni agli elettori. Evitare il quorum è stato e rimane l’ossessivo obiettivo di cinque mesi di trucchi governativi, ma purtroppo il tempo sottratto alla discussione ci ha impoverito di una riflessione e di una maturazione collettiva sullo spostamento dell’attenzione dall’economia alla vita. Invece, partendo indipendentemente dal rifiuto della privatizzazione dell’acqua e dal rigetto definitivo del nucleare e utilizzando il confronto pubblico come un’esperienza civile insostituibile, sarebbe potuta crescere una lettura coerente sul saccheggio passato e futuro, che ha condotto alla rarefazione delle risorse necessarie e indispensabili a vivere , alla mercificazione e monetizzazione di ogni forma di vita e salute, alla privatizzazione delle decisioni pubbliche relative alla valorizzazione e uso dei beni e dei servizi comuni. Ma non ci è stata data la possibilità di una discussione limpida e si è così volutamente indebolita quella funzione di spartiacque discriminante tra due concezioni opposte che l’istituto del referendum sa svolgere positivamente nei passaggi storici, come è avvenuto ad esempio ai tempi del divorzio e dell’aborto. Perché di vera discriminante si tratta per l’appuntamento di giugno e i casi dell’energia e dell’acqua sono tra i più emblematici e di rilevanza strategica per il divenire delle società umane e della biosfera che caratterizza il pianeta. Spero di non disturbarvi, se provo qui di seguito a ragionare su un approccio all’energia, al sole e all’acqua beni comuni che dovremmo proiettare anche al di là della scadenza del fine settimana che si apre e che dovremmo fare nostro una volta raggiunto il quorum per quattro si al referendum. Un abbraccio. Mario

L’alternativa tra atomo e sole va risolta non solo sul piano della sfida tra tecnologia e sicurezza, o del conflitto tra interpretazione prometeica o precauzionale del ruolo della scienza, ma, utilizzando continue allusioni alla metafora dell’universo, va interpretata sotto il profilo della messa in discussione della sopravvivenza della specie, della necessità di una condivisione dello spazio e del tempo tra uomo e natura, della constatazione dell’incompatibilità tra giustizia sociale e spreco dei beni comuni. In tal modo si fanno confluire nucleare e acqua dentro un unico sguardo che riguarda passato, presente e futuro di una civiltà e non solo la produzione e il consumo delle merci che l’hanno caratterizzata.

Niente cattura l’attenzione quanto l’accostamento delle parole vita e universo. La grandezza dell’universo è legata alla sua età – circa 13 miliardi di anni – ma questa longevità non è affatto una coincidenza. Ci sono voluti miliardi di anni per formare i mattoni necessari a qualunque forma di complessità chimica come quella del fenomeno che chiamiamo «vita», così dipendente – come sappiamo – dall’acqua. Tali mattoni si sono formati in seguito a una lenta sequenza di reazioni nucleari all’interno delle stelle: dall’idrogeno all’elio e, su su per peso atomico, fino al carbonio, all’ossigeno, all’azoto (componenti essenziali per la vita), e ancor più su al ferro, fino all’uranio, relativamente instabile. Se l’universo non avesse tanto tempo sarebbe così denso di energia in tutti i suoi punti da non consentire pianeti raffreddati e stelle assai distanti che li irraggiano e li illuminano. Il fatto che ci siano esseri viventi e, quindi, osservatori come noi, risulta possibile perché l’universo, puntiforme ai tempi del big bang, ha raggiunto col trascorrere di un grande lasso di tempo dimensioni pari a miliardi di anni luce e si è raffreddato, a tal punto che è stato possibile che su un Pianeta del sistema solare sia apparsa la vita che si è evoluta e differenziata fino ai nostri giorni e che verrebbe meno senza acqua o con troppo consumo istantaneo di una energia accumulata nei millenni, quando l’uomo non abitava ancora la Terra.

La vita di cui facciamo parte prendendone coscienza, è un fenomeno recente, fragile, che si nutre quotidianamente di energia esterna che proviene dal sole per mantenersi e riprodursi. Un’energia diffusa, discontinua, decentrata, che viene intrappolata grazie alla fotosintesi e immagazzinata nelle molecole dei carboidrati prima che sfugga nello spazio sotto forma di calore. L’intera biosfera fa da accumulatore e trasduttore dell’energia solare, alimentando il sistema biologico e trasferendo il calore dalle zone calde alle più fredde e svolgendo la funzione di termoregolatore del clima. L’esistenza degli oceani e dei mari – l’acqua !- fa sì che una buona metà dell’energia solare incidente venga as­sorbita dai processi di evaporazione e sia trasportata dall’equatore ai poli sotto forma di “calore latente”, cioè di aria umida che si trasforma in pioggia o neve. Ad ingentilire il clima sulla terra concorre anche la biodiversità, dato che i differenti organismi si comportano come trasduttori specializzati nel degradare l’energia solare attraverso una catena di piccoli salti.

Perché questa lunga digressione? Perché ricorrere al sole e alle tecnologie energetiche associate alle fonti naturali corrisponde a sintonizzarsi temporalmente e spazialmente con i processi vitali sopra descritti. Mentre, invece, far ricorso alla combustione istantanea di composti fossili – carbone, gas, petrolio – immagazzinati nelle viscere della terra come frutto di milioni di anni di lavoro del sole sulle primitive forme di vita, significa tendere a riprodurre oggi le condizioni chimico-fisiche di un pianeta in cui l’uomo non era ancora apparso, perché non sarebbe sopravissuto per l’eccesso di anidride carbonica e per l’elevata temperatura. Ma c’è di più: dal secolo scorso l’uomo ha escogitato una ulteriore forma di conversione di energia per soddisfare il suo eccesso di produzione e consumo, che non ha nulla a che vedere né con la combustione né con la vita presente o passata. Si tratta della trasformazione di massa in energia, ottenuta in una macchina apposita, chiamata reattore nucleare. Una macchina che concentra in uno spazio contenuto una densità di energia spaventosa, incompatibile con la vita che la circonda. Una energia che, se esce dal controllo e si libera nella biosfera, produce effetti e lascia scorie che modificano gli equilibri naturali e ci allontanano dalle condizioni in cui è nata e si è riprodotta la specie umana. Non a caso le emissioni intorno ai reattori e le scorie atomiche intaccano nel profondo i tessuti cellulari e decadono con tempi di migliaia di anni.

Andando al cuore del problema, un reattore a fissione funzionante come quelli ad altissima potenza che Berlusconi vuole acquistare da Sarkozy, è in termini energetici un incidente latente “moderato e controllato”. Contenuto e tenuto a bada da barre, circuiti di raffreddamento, contenitori a tenuta stagna, complessi sistemi software, fintantoché non se ne scopre l’insostenibile contenuto termico e radiante, a seguito di qualche malfunzionamento non eliminabile in principio, in quanto dovuto all’ambiente reale di cui l’impianto è entrato a far parte. Un contesto vero e non sulla carta, come quello dell’incidente effettivamente accaduto di Fukushima, fatto di eventi e catastrofi naturali, di errori umani, di inaffidabilità gestionale e tecnica connaturati alla vita quotidiana. In realtà, la terrificante densità energetica delle trasformazioni atomiche controllate (la fissione di un grammo di uranio corrisponde alla combustione di 2 tonnellate di carbone), è incompatibile con la capacità e la velocità di smaltimento della biosfera che ci circonda e alimenta: al punto che quando la “macchina” si rompe, gli effetti si propagano nello spazio e nel tempo ben oltre i limiti della nostra esperienza.

La scelta di abbandono del nucleare non è quindi roba da ingegneri, ma riflessione alla portata di qualsiasi persona responsabile ed è per questo che il referendum, – non qualche emendamento dell’ultima ora! – diventa anche questa volta decisivo.

Scegliere tra sole e atomo comporta un cambio nella scala dei tempi, una riconquista di una dimensione non distruttiva del nostro rapporto con la natura, che favorisce la ricerca di produzioni socialmente desiderabili, la creazione di occupazione e lavoro stabili, in riequilibrio finalmente con l’eccesso di schiavi meccanici forniti dai fossili e dal nucleare ad un carissimo prezzo. Come potremmo allora riconquistare l’acqua pubblica, senza tener conto della cogenza della crisi climatica, del consumo dell’”oro blu” per tradurre il calore della combustione dei fossili e della fissione dell’uranio in consumi innaturali, senza chiarire che, se la sosteniamo col consenso popolare, siamo alla più grande svolta di politica economica dopo lo sconquasso liberista, che prevede il ritorno nel campo dei beni comuni del sole e dell’acqua, due fonti di vita, di giustizia climatica e sociale, di lavoro qualificato e di occupazione dignitosa?

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